Tottus in Pari, 215: Quattro lettere

 

In anteprima su Tottus in Pari è stata pubblicata (a distanza di oltre 150 anni!)  l’unica lettera a noi pervenuta tra quelle scritte dal canonico  Giovanni Spano a Giorgio  Asproni, cioè quella datata "Cagliari, 19 agosto 1851" (inventariata da Manlio Brigaglia e Raimondo Turtas nel 1979: si veda il saggio Nuovi documenti per una biografia asproniana, contenuto nel volume  Atti del Convegno nazionale di studi su Giorgio Asproni; Nuoro, 3-4 novembre 1979). Nell’anno in cui ricorre il bicentenario della nascita del grande bittese, è giusto far seguire una trascrizione completa e corretta delle quattro missive inviate da Asproni a Spano, trascrizione basata su una mia lettura dei manoscritti che ha consentito di eliminare gli errori di decrittazione presenti in una precedente riproduzione a stampa del 1994. I testi manoscritti sono stati forniti in fotocopia dal prof. Tito Orrù e dalla dott.ssa Ester Gessa, direttore della Biblioteca Universitaria di Cagliari, ai quali va il mio ringraziamento. Come si sa, lo Spano ha accuratamente conservato le lettere a lui destinate dai numerosi intellettuali italiani e stranieri con cui intrattenne rapporti epistolari. Le moltissime missive ricevute nel quadro di questi fitti carteggi furono donate dallo Spano alla Biblioteca Universitaria di Cagliari (di cui fu per qualche tempo direttore) e lì sono custodite tuttora. Esse sono state inventariate qualche anno fa da Luciano Carta: il regesto è pubblicato alle pp. 241-257 del volume  Il tesoro del Canonico. Vita, opere e virtù di Giovanni Spano, 1803-1878, curato da chi scrive e da Salvatore Tola e pubblicato da Carlo Delfino di Sassari nel 2005. Nota. Come sappiamo, lo zio di Asproni era il canonico Melchiorre Dore (Bitti-Gorofai, 15 marzo 1776 – Nuoro, 21 luglio 1851,  come certifica don Pietro Orunesu nel sito http://www.cattedrale-nuoro.it/: si veda il link Gerusalemme Vittoriosa). Paolo Pulina

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Tottus in Pari 214: Testamento Soru

 

Renato Soru parla volentieri di ciò che ha fatto e intende fare per la Sardegna. Ha fama di capatosta; è uno che è abituato a tirar dritto e sostenere le sue idee, a costo di esser brusco. Alle domande che non gli piacciono evita di rispondere. Non con sgradevolezza: sposta semplicemente la risposta dove vede la possibilità di una vittoria dialettica. Una dote da "politico" che deve aver acquisito nel tempo. Dopo aver fondato l’azienda privata più grande della Sardegna (oltre mille dipendenti), mister Tiscali si è buttato in politica. Da quando ha vinto le elezioni nel 2004, non ha mai più messo piede nella sua creatura. Ora ne sta perfezionando la cessione. La sinistra sarda ha vissuto spesso con fastidio il suo decisionismo ed ora è tormentata dal dubbio della sua ricandidatura nel 2009. Soru ha deciso di riprovarci. Si era ripromesso di non candidarsi, ma si è reso conto che lascerebbe le cose a metà. La sua discesa in campo è stata un segnale netto di discontinuità politica nella storia della Sardegna autonoma. A pochi mesi dalla fine di una legislatura che ha avuto momenti di grande sofferenza e di grande soddisfazione, con nemici interni e esterni, forse oggi Soru ha imparato a convivere con le critiche. E mantiene uno sguardo dalla lunga gittata, quando parla della sua isola. Ci tiene a spiegare la sua visione di sviluppo per la Sardegna con la passione di chi crede fermamente in ciò che sta facendo. Su quale strada continuare il cammino? Sulla scuola, sui giovani. Abbiamo investito tutto sulla scuola, dobbiamo investire tutto quello che possiamo sul capitale umano. Abbiamo migliorato l’offerta scolastica e rafforzato il diritto allo studio in una Regione che ha forti percentuali di abbandono scolastico. Abbiamo cercato di ammodernare le università sarde, raddoppiato i posti letto per gli studenti a Cagliari, investito risorse regionali sulle autonomie scolastiche, aumentano borse e assegni di studio. Sono fiero del programma "master and back" che sta funzionando benissimo e rappresenta uno sforzo di cambiamento di mentalità per noi notevole. I nostri giovani vanno all’estero, si specializzano, si confrontano con altre realtà e poi tornano per aiutare lo sviluppo della loro terra. I problemi della Sardegna sono i soliti: il lavoro che manca, le industrie in crisi, l’agricoltura in sofferenza, il disagio dell’insularità, l’emigrazione giovanile. Soru prova a ribaltare questa visione. E’ fiducioso sulla capacità dell’isola di trovare altri percorsi. La mia sfida è quella di aumentare ai giovani le loro competenze, facendo fare esperienze. Far crescere una sana voglia di imprenditorialità che spesso è mancata in Sardegna e, insieme, una forte cultura del lavoro, abbandonando l’assistenzialismo che per troppi anni è stato presente nella nostra terra. La giunta Soru sarà ricordata soprattutto per due provvedimenti. La cosiddetta legge "salva-coste" e la "tassa sul lusso", due contestati decreti che hanno fatto versare fiumi di inchiostro, quasi sempre nerissimo. La mia giunta ha cercato di puntare sull’ambiente come la prima risorsa della nostra isola. Forse le nostre azioni non sono state capite in profondità, ma in pochi anni siamo passati da un modello di sviluppo basato sull’edificabilità delle coste a una tutela consapevole del nostro paesaggio. Fino ad oggi c’era la tendenza a sviluppare una specie di città lineare lungo le coste, una sorta di ciambella con l’interno sempre più vuoto. Ma noi non dobbiamo consumare tutto l’ambiente costiero e, allo stesso tempo, dobbiamo valorizzare i saperi tradizionali, rendere viva un’isola che è dappertutto. Quanto alla tassa sul lusso, abbiamo sbagliato la comunicazione, lo ammetto. Non era una tassa per "far piangere i ricchi". Per me era un’iniziativa sacrosanta. Penso che in futuro potremmo anche tornarci, in qualche modo. Si, la Corte Costituzionale ci ha bocciati, ma se non altro ha riconosciuto quali sono le modalità della capacità impositiva delle Regioni. L’altra bocciatura è arrivata sul bilancio regionale, ma anche qui Soru passa al contrattacco: La Corte si è soffermata sull’aspetto formale, più che sui nostri sforzi di diminuire il debito pubblico. L’industria in Sardegna soffre ancora parecchio… Il nostro sforzo è quello di salvaguardare l’industria esistente. Oggi il comparto contribuisce solo per il 14% alla formazione del prodotto interno. Una delle percentuali più basse tra le regioni del sud. L’obiettivo è quello di sostenere un’integrazione della filiera produttiva e di cercare di ottenere tariffe energetiche agevolate per le nostre industrie. Ci stiamo muovendo per questo. Ci sono vincoli più stringenti che nel passato: oggi non accetteremmo che si aprisse una nuova raffineria sulle coste, ma sappiamo che si possono aprire scenari nuovi per comparti industriali alternativi. Che cosa non è riuscito nella sua azione di governo? Forse non è visibile, ma ci siamo sforzati di proporre un’agricoltura nuova e possibile. Non ci può essere e non ci sarà una Sardegna senza agricoltura. Abbiamo la cattiva abitudine di consumare prodotti che arrivano dall’estero ma ci accorgeremo presto, e non solo noi, che nel futuro il costo per spostare merci da una parte all’altra del mondo non sarà più sostenibile. E allora, torniamo ad investire nell’agricoltura, cercando di razionalizzare il settore, riformando il sistema degli enti, i consorzi di bonifica, creando una struttura per avere una migliore distribuzione dell’acqua al minore dei costi possibili. Stiamo varando una politica di difesa dei prodotti, con un sistema di tutele che garantisca la qualità dei prodotti tipici della nostra terra. Anche per questo, uno degli slogan che adotteremo per il G8 sarà quello di un G8 dove si mangerà a km zero. Quello che verrà offerto ai nostri ospiti sarà stato prodotto per lo più in Sardegna. Ecco, il G8, il summit che riunirà a La Maddalena i grandi della Terra, che cosa rappresenterà per la Sardegna? Un’occasione storica. Saremo in vetrina mondiale e, se saremo capaci di proporci bene, potrebbe essere un grande successo. In un anno verranno
investiti nel nord della Sardegna circa 800 milioni di euro, tra i fondi dedicati al G8 e quelli già previsti. Per la prima volta anche gli imprenditori sardi hanno capito l’importanza di aggregarsi e di partecipare agli appalti. Concorreranno con gruppi nazionali e internazionali e avranno la possibilità di vincere.
E dopo il G8 si parla di Coppa America di vela.
Si, ma lì credo che la sede giusta sia Cagliari. Ha tutto per essere scelta: campi di regata bellissimi, una città preparata e vicina, strutture adeguate per l’ospitalità. Soru molto amato e anche contestato. Che cosa ha imparato in questi anni da governatore? Quando mi vede la gente continua a dirmi "resisti presidente". Io non ha ambizioni di fare politica oltre
la Sardegna e credo di non aver molto assorbito il mondo della politica nel mio modo di essere. Guardo con fiducia al futuro e penso che la Sardegna debba finirla di vedersi sotto i colori del lutto e della tragedia. A noi sardi, spesso, piace dipingerci così: sconfitti, a disagio, con complessi di inferiorità. Isolati. Ma essere un’isola è una ricchezza. La nostra identità non è né migliore né peggiore delle altre, ma abbiamo la ricchezza di essere unici, possiamo essere un popolo che si apre, che accetta le differenze. Possiamo iniziare a pensarci in modo più leggereo, più allegro, più fiducioso in noi stessi. Possiamo non veder sempre nero, ma anche dipingerci con molti colori. Questo è il logo che Renato Soru, presidente ostinato, ha scelto per rappresentare la sua "isola dei tesori", è la parola "Sardegna" realizzata con tasselli di diversi squillanti colori.

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Tottus in Pari 210: La Brianza rende omaggio alla poesia di Remundu Piras

 

Tre decenni sono volati via al ritmo inesorabile del tempo dalle ali fredde, ma il ricordo dei poeti amati dal popolo non mostra segni visibili di invecchiamento: il trentennale della morte del mitico improvvisatore di Villanova Monteleone diventa uno spunto ideale per collegare le manifestazioni commemorative a una serie di incontri adatti a rinsaldare il vincolo tra la Sardegna e questa parte della Lombardia che si squaderna tra la Brianza e la Bassa Pavese. Dal patrimonio culturale al turismo seriamente rispettoso dei beni ambientali e insieme alla promozione dei prodotti alimentari della nostra isola: su questa direttrice di ordine generale i circoli sardi della zona hanno articolato un programma polivalente. A lanciare l’idea è stato – né poteva essere altrimenti – il circolo di Carnate, che di Remundu Piras porta da sempre il nome. "Ma abbiamo dovuto chiedere ospitalità al comune di Melzo perché la nostra sede è in restauro", dice Gianni Casu, presidente di Carnate e villanovese doc. "Non volevamo far passare sotto silenzio la ricorrenza perché le abbiamo onorate tutte, a partire dal primo decennale, quello del 1988 a cui partecipò come ospite graditissimo il Presidente della Regione Sardegna Mario Melis". Stavolta sarebbero venuti anche il suo successore Renato Soru e l’assessore Gian Valerio Sanna, se problemi politici non li avessero trattenuti in Sardegna. Gianni Casu ha chiesto aiuto a un personaggio di grandi risorse: Dionigio Falferi di Orune, che vive a Melzo da quasi mezzo secolo ("Sono nato nel 1943 e mi trovo qui da quando avevo 17 anni"). Falferi, socio del circolo di Carnate, si è caricato sulle sue spalle ancora robuste a dispetto dell’età il peso di una parte considerevole dell’organizzazione, non soltanto come regista. Il prologo è andato in scena in modo impeccabile, proprio grazie alla passione di Dionigio, con l’apertura della mostra di maschere e costumi, la degustazione di vini e prodotti alimentari e uno spettacolo di balli e canti che visto protagonista il gruppo folk di Bono dedicato a Giovanni Maria Angioy e il coro a tenore omonimo nato nel piccolo centro del Goceano. Nella giornata centrale, quasi tutte le manifestazioni hanno avuto come teatro la Sala Banfi dell’oratorio Sant’Alessandro, una struttura incastonata in un parco verdissimo alla periferia della cittadina lombarda. In mattinata una tavola rotonda sull’attualità del messaggio poetico di Remundu Piras ha visto tra i relatori il sindaco di Villanova Monteleone Sebastiano Monti e gli studiosi Paolo Pulina, responsabile del settore informazione della FASI, e Giuseppe Corongiu, ricercatore attento delle minoranze linguistiche europee e neo direttore del servizio sulla lingua sarda dell’assessorato regionale alla Cultura (nomina voluta da Renato Soru che avrà una durata triennale). Un graditissimo sulcis in fundo della mattinata è stata l’esibizione di tre musicisti adolescenti: Carlotta Gessa, Lorenzo Rizzo e Matteo Spinelli che hanno proposto alcuni brani classici e due pezzi creati da loro stessi. Molti i messaggi augurali giunti dalla Sardegna, particolarmente gradito quello via sms della Prima Bandiera dell’Ardia Antonio Mula in memoria di Remundu Piras. Nel pomeriggio si è svolto il convegno dal titolo "Sistema turistico di Villanova Monteleone: se non ora quando?". Si tratta della presentazione del progetto pilota per il riuso del centro storico del paese natale di Remundu Piras, che la Giunta regionale ha fatto suo e finanziato insieme con quello del comune di Tresnuraghes, ritenendoli modelli alti. Coordinati da Gianni Casu ne hanno discusso il presidente onorario della FASI Filippo Soggiu e i sindaci di Villanova Monteleone Sebastiano Monti e di Melzo Paolo Sabbioni. Molto apprezzata in particolare da quest’ultimo – che insegna diritto all’Università di Piacenza – la scelta coraggiosa di preservare integralmente dal cemento i 14 chilometri di costa incontaminata che Villanova possiede fra i territori di Alghero e Bosa. In notturna sono andati in scena i poeti estemporanei. Sul palco della gara, sempre nella Sala Banfi dell’oratorio Sant’Alessandro di Melzo, accompagnati dal coro a tenore di Bono, si sono fronteggiati brillantemente Mario Masala di Silanus, classe 1935, allievo prediletto di Remundu Piras e Salvatore Scanu di Ozieri, classe 1964, che non ha conosciuto direttamente il famoso cantore. Scanu è il rappresentante dei giovani improvvisatori che per motivi anagrafici non hanno avuto la fortuna di misurarsi con i grandi delle generazioni precedenti, quelli nati tra la fine dell’800 e gli inizi del secolo scorso. La disputa, dopo una parte iniziale senza tema com’è nelle regole del gioco della poesia orale, ha riguardato una disputa tra il serio e il faceto sui temi dell’elemosina da un lato (Scanu) e del furto dall’altro (Masala). Alla gara scintillante hanno assistito come ospiti d’onore il figlio minore di Remundu Piras, Francesco, e un artista sardo molto noto e quotato che vive da più di 30 anni in Lombardia, a Santo Stefano Lodigiano: Giuseppe Meloni, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Meloniski da Villacidro la cui pittura in cantata somiglia a una fiaba senza tempo. La maxi adunata di Melzo è risultata un altro punto fermo non solo come verifica periodica della coesione dei circoli sardi in Lombardia ma anche come momento organizzativo in vista della stagione turistica imminente. Gianni Casu fornisce un dato eloquente: "L’anno scorso da questo angolo di Lombardia siamo riusciti a indirizzare verso Alghero-Villanova un movimento turistico per circa 200mila euro", rivela. "Quando parliamo di emigrati sardi come ambasciatori della terra d’origine nella loro seconda patria non ricorriamo affatto a un’espressione retorica". La giornata conclusiva della "Melzo incontra la Sardegna" è stata interamente dedicata alla presentazione dei prodotti artigianali e agro-alimentari sardi e dei canti e balli popolari. Ha fatto da prologo all’altezza dell’iniziativa, in mattinata nel Palazzo Trivulzio, il gemellaggio fra la comunità dei sardi e l’Associazione italiana donatori di organi. Dopo la messa nella chiesa dedicata ai santi Alessandro e Margherita, con canti liturgici in lingua sarda eseguiti dal coro a tenore di Bono e conclusa con un ballo di ringraziamento sul sagrato, ha preso il via la degustazione dei prodotti sardi. Gli assaggi di carne di maialetto arrosto, preparata in piazza da arrostitori specialisti come continuano ad essere i nostri emigranti ex pastori, sono stati distribuiti a prezzo turistico-politico in diversi ristoranti convenzionati. Nel pomeriggio e in serata il gruppo folk di Bono ha sfilato a lungo nel centro storico, eseguendo balli e canti a tenore. Paolo Pillonca

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tottus in pari 209: il mondo deve sapere

 

Ho 36 anni e non mi piace essere chiamata giovane. Sono stata fortunata nella vita, perchè ho potuto studiare quello che volevo e fare quello per cui avevo studiato. Tecnica aziendale, Scienze Religiose e una lunga avventura nell’Azione Cattolica mi hanno dato strumenti per fare tante cose: ho insegnato, organizzato, vegliato e misurato. Ho venduto. Ho accolto, rifiutato e telefonato. Soprattutto, ogni volta che ho voluto, ho potuto anche scegliere di andarmene e fare altro. Attraverso ogni esperienza ho appreso e ho raccontato. Le ultime due cose continuo a farle e mi piace molto, ma non credo siano un lavoro, anche se mi mantiene: testimoniare non è una professione, è un modo di guardare il mondo, per me il solo possibile, anche quando le bollette le pagavo in altri modi. Sono vegetariana, non mi sono mai rotta un osso, vorrei imparare a ballare il tango e un giorno vorrei poter raccontare a mio figlio chi era Danilo Dolci. C’è tempo. Vivo in Sardegna, ma vado continuamente in quel che faccio, come dice Filippo. E c’è di buono che anche lontano dalla Sardegna riesco a sentirmi a casa, perchè ha ragione Fiorella: questa terra è la mia terra sempre, la gente è la mia gente, ovunque. Nel 2006 ho pubblicato per la ISBN edizioni Il Mondo deve sapere, il diario tragicomico di un mese di lavoro alla Kirby. Nel 2007 ho collaborato alla stesura del soggetto e della sceneggiatura cinematografica del film Tutta la vita davanti, ispirato al libro. Nell’arco degli ultimi due anni ho scritto per Marie Claire, Diario, L’Espressoil Manifesto, Formiche, PeaceReporter, Argo. Ho una rubrica fissa sulle riviste Epolis e L’Arborense, e collaboro con JobTalk, il blog sul lavoro del Sole24Ore. Ho partecipato all’antologia sull’identintà sarda Cartas de Logu, curata da Giulio Angioni e edita dalla CUEC. A maggio è uscita per i Tascabili Einaudi Viaggio in Sardegna – undici percorsi nell’isola che non si vede, una guida narrativa per perdersi in Sardegna inserito nella collana Geografie. Sono al lavoro su un nuovo romanzo per ISBN che uscirà alla fine dell’anno in corso. Tornando al libro "Il mondo deve sapere" – edizioni ISBN Milano, non è un libro di denuncia. Non è un libro di sinistra. Non è un libro di protesta sul precariato. Non è una sit com sui call center. Non è un libro per dare addosso alla Kirby. Non era neanche un libro, in origine. Era il mio blog tematico sul lavoro che facevo. Certo, se un blog può diventare un libro, può darsi anche che il libro – che non era nessuna di quelle cose elencate – possa poi diventarle tutte. Affidare un testo al lettore è dargli insindacabile diritto di interpretarlo come gli pare e piace. Per me Il Mondo deve sapere è sempre stato una lettera a Silvia, scritta come gliela avrei raccontata se l’avessi avuta davanti, su quali siano i frutti di un certo modo di pensare la persona, al lavoro o altrove. Alimentare l’equivoco che si tratti di un libro "di sinistra" serve solo ad illudere il 50% degli italiani sul fatto che i libri che parlano di lavoro precario riguardino l’altro 50% della gente. C’è la denuncia? No, le denunce si fanno ai magistrati con nomi e cognomi, non alle amiche o agli editori. C’è invece il racconto di un mondo che si critica da solo semplicemente esistendo. Se raccontarlo ne mette in luce le assurdità, allora il mio libro è una critica. Se poi c’è la risata, è perchè io amo ridere mentre penso. Pensare a muso duro genera brutte idee, brutte azioni e probabilmente anche brutti libri. Scegliere di pubblicarlo è stata una delle cose più difficili che ho mai dovuto decidere, perchè scrivere di lavoro dove lavoro non ce n’è non è come scrivere di qualunque altra cosa. E’ una scelta che si paga, tanto più cara quanto più sei vicino alla realtà che racconti. Raccontare quello che ho vissuto in modo sferzante, brutale perchè reale, ha messo in gioco una serie di dinamiche che non ha portato all’aumento del numero dei miei amici. Meno male che quelli che avevo mi sono rimasti. I miei editori hanno certamente compreso questa tensione quando mi hanno offerto la scelta di pubblicare anonima, ma io non ho accettato, perchè non voglio vergognarmi di raccontare quello che tanti altri non si vergognano di fare. La vera vergogna è che non ci sia abbastanza gente a raccontarla, questa storia silenziosa. Il popolo che parla al telefono per mestiere, fuori dai call center non ha voce alcuna. Dal libro è stato tratto uno spettacolo teatrale e un film, Tutta la vita davanti, diretto da Paolo Virzì. Michela Murgia

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