SU MUNDU TUNDU: LA POESIA DI ROBERTO PIREDDU CHE RACCONTA LA SARDEGNA

Roberto Pireddu

Presentato a Capoterra, presso i locali di Casa Melis, Su Mundu Tundu – Edizioni Amicolibro, una raccolta di poesie in lingua che attraversa il tempo mantenendo vive le tradizioni di una terra antica come la Sardegna.

Roberto, la poesia come narrazione di un presente che mantiene vivido anche il passato? Chi scrive poesie si fa portatore e veicola temi legati ai vari luoghi, io con questo lavoro lo faccio dalla comunità dove sono nato e oggi vivo, fino ai confini regionali e oltre, perché la poesia io la intendo universale, la creo per poi dar vita un trasposizione delle composizioni, dei racconti, anche linguistica, all’interno del territorio della Sardegna così unico ed eccezionale, Infatti esso contiene nei racconti popolari, nelle leggende, nelle improvvisazioni dialettali, nei canti religiosi, ecc… un patrimonio culturale immenso, e i continui confronti creano momenti di crescita culturale.Chi scrive poesia annulla il tempo tra il passato e il presente che si sovrappongono continuamente in un susseguirsi e in un rincorrersi, questa però non perde mai il grande potere anestetico di guarire le ferite dell’anima o di urlare l’inno alla vita. Io con la mia poesia all’interno de su Mundu Tundu “gioco” continuamente tra passato, presente e futuro, e lo faccio con questa lingua che con la sua musicalità smussa e armonizza, lo faccio con i suoi vocaboli e con il suo lessico originale sempre carico di significato che danno immediatezza e rigore, tanto che molte volte con una sola parola si possono esprimere interi concetti, comprese di sensazioni e stati d’animo, senza mai perdere di vista il messaggio. Perché la lingua sarda contiene già nei suoi geni la poesia e il tempo è sempre attuale, per questo io molte volte attingo dal passato per attualizzare il presente.

L’uso della lingua sarda è stato una necessità? L’uso della lingua sarda è il mezzo necessario per arrivare in modo molte volte esplicito, altre volte sottinteso, perché amplifica o sintetizza il concetto a seconda dell’uso che se ne fa, quindi io direi che è necessaria nell’ambito della costruzione del lavoro, poi personalmente è diventata parte integrante del mio vivere quotidiano, e per me è naturale, perciò senza nessuno sforzo i concetti o i lavori, si concretizzano sempre prima in lingua che in italiano, anzi è bello scoprire che i concetti non perdono efficacia e sostanza neanche dopo la traduzione del testo. Direi che spesse volte il testo tradotto diventa ancora più significativo, insomma questa lingua con i suoi vocaboli unici, la sua metrica, le sue rime, non fa che aggiungere sempre qualcosa e non toglie mai alla lingua italiana.

Capoterra ha visto, come molti paesi della Sardegna, le trasformazioni dovute all’evoluzione: in tutto questo la lingua sarda che realtà si trova a vivere? Le trasformazioni e le evoluzioni non sono mai isolate, appartengono alle nostre società moderne, e in genere coinvolgono luoghi e comunità che cercano di “resistere” all’incessante procedere, ma l’uomo ha la capacità di discernimento, solo noi abbiamo questa capacità nel mondo animale, e questo dovrebbe far riflettere. Capoterra con i suoi abitanti e con le sue scelte non viene meno, ma è proprio questa capacità “umana” che può dare una direzione o meno valorizzando in un continuo divenire le sue tradizioni, identità, storia e cultura anche linguistica, mettendo in pratica un percorso già iniziato nel 2003. Oggi si parla di luoghi, ma questi luoghi non possono esistere senza una lingua propria, altrimenti viene meno il concetto di luogo.I tempi moderni e le trasformazioni sono molto più veloci dell’orologio umano, perciò è impensabile stare al passo, per la prima volta l’uomo da quando esiste sulla terra si trova a rincorrere, i suoi tempi biologici e genetici non sono adatti a immagazzinare miliardi di dati e lingue cibernetiche così come fa una macchina, ma non per questo le persone devono perdere la capacità di trasferire le informazioni con la parola o con la lingua del luogo, che è genesi della creazione di quella comunità. La parola è un suono che emettiamo con la bocca che a seconda delle frequenze e dei toni utilizzati seleziona ancora le appartenenze ai gruppi umani e ne determina l’esclusione o l’accettazione. Continua a rimane insostituibile, comoda, immediata, efficace e anche selettiva ora più che mai in tempi di intelligenza artificiale. D’altronde la globalizzazione ha già dei linguaggi consoni e utili alle finalità per la quale è utilizzata, quindi difendere la nostra lingua vuol dire difendere noi stessi, il nostro insostituibile modo di comunicare, la nostra appartenenza, come dire: “noi esistiamo”.  Per questo dobbiamo ricordare che noi un percorso l’abbiamo già iniziato, e l’ha iniziato anche la comunità di Capoterra, non dobbiamo dimenticare che il nostro paese è diventato un territorio bilingue Sardo Italiano dal 28 Febbraio del 2003, in applicazione a una legge dello stato la n. 482/99 e in attuazione dell’art 5, pertanto il cammino verso la lingua sarda deve sicuramente continuare attraverso progetti di valorizzazione delle nostre tradizioni. In questo mio lavoro intendo dare un piccolo contributo che si finalizza a segnare dei confini linguistici, culturali, storici, ben precisi, per tenere ben saldo ciò che ci appartiene, e ci distingue in una terra millenaria come la Sardegna.

Come nasce la tua poesia? Scrivere una poesia per me è un po’ come sognare, molte volte è necessario e bello allo stesso tempo, per poter diventare magari un elemento della natura, un fiore, l’aria, l’acqua, una roccia il cielo. Altre volte è un lavoro introspettivo e interiore dove gli stati d’animo si mescolano e  poi essendo rinchiusi esplodono e mostrano tutta la loro essenza e allora si misurano con il mondo esterno. Nasce la poesia, ma noi siamo figli di quel mondo e da quel mondo dipendiamo. Condizionamenti a volte indotti, altre volte inconsci, è qui che opero con la mia capacità interiore che diventa molte volte impermeabile a quel mondo, e con la capacità di scindere, di attingere da quel profondo celato e nascosto che c’è dentro e che mi consente di donare la poesia a tutti. Io cerco di sognare per me e per gli altri, di vivere e vedere emozioni e sensazioni stati d’animo che gli altri magari provano ma non vedono, mi presto a sperimentare e analizzare e far diventare tutto ciò alimento di vita per la poesia. Ridare vita attraverso la poesia alle cose dopo aver separato, filtrato, altre volte mischiato e miscelato, per vederne l’effetto, coglierne l’essenza dopo esserne attraversato e farne dono agli altri.

Un poeta “canta” solo le sue emozioni? Un poeta è libero, un poeta può “cantare” le emozioni che sente in un determinato momento, oppure no, la poesia non si presta a calcoli o strategie, non preferisce e non toglie, per questo molte volte io manifesto le mie emozioni attraverso la poesia, altre volte impersono quelle degli altri, ma ho anche la capacità di divertire quando il mio stato d’animo è triste, o viceversa perché so scindere le due cose cercando di mantenere alto il valore poetico, offrendo sempre il meglio, senza che i lettore si accorga di questo personale stato d’animo, che deve rimanere dentro l’autore, la poesia non è autobiografia.

Il disegno, tua altra passione, rafforza il significato delle parole? Il disegno è la mia più grande passione, quando disegno mi immergo in un mondo tutto mio, mi dedico a me, mi coccolo, mi compiaccio, mi giudico, mi esalto, entro in una dimensione diversa da ciò che mi circonda, più interiore e personale. Immagino di essere ciò che faccio, ciò che rappresento, d’altronde il disegno è il primo veicolo comunicativo ancora prima della parola, ogni bambino appena nato inizia a vedere tutta una serie di immagini che scorrono continuamente davanti ai suoi occhi, e noi incominciamo a immagazzinare quella prima esperienza, che è la nostra prima forma d’arte. Io la utilizzo in Su Mundu Tundu per completare, amplificare e riportare a quella “prima forma d’arte” inconscia nel mio lavoro, creando il luogo, l’oggetto, l’espressione, lo spazio, il colore, e cerco di creare una connessione con il lettore che entra a far parte in modo attivo del mio mondo. Così creando ulteriore perfezione al messaggio, le parole prendono dal disegno e il disegno prende dalle parole, ciò che è necessario a finalizzarlo, e a rendere il più possibile lo stesso lettore parte integrante del racconto, della poesia, all’interno del libro.

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10 commenti

  1. Nicoletta Dessì

    Bravo roby

  2. Gabriella Macis

    Bravissimo Roberto ☺️

  3. E Bravo Roberto……🙂

  4. Grande Roberto

  5. Bellissima cosa!!!

  6. Bellissimo libro

  7. Sandra Piroddi

    Complimenti a mio compare Roby ❤️

  8. Giovanni Aramu

    Bravo Robi ,l’ho sempre detto che avevi mille risorse ,grande Robi 👍

  9. Andelmo Desogus

    Bravo Roberto. Unu bellu traballu de poesias in Cabuderresu. 👏

  10. Ciao Roby me devi autografare il libro .mi farebbe piacere.

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