IL CARCERE DI SANT’EFISIO A CAGLIARI. FRA I CULTI PIU’ RADICATI IN TUTTA LA SARDEGNA OLTRE LA SEMPLICE DEVOZIONE RELIGIOSA

Quello verso Sant’Efisio è senz’altro uno tra i culti più radicati in tutta la Sardegna, portando avanti una tradizione che dura oltre tre secoli e trascende la semplice devozione religiosa.

Lo dimostra il fatto che Sant’Efisio fu invocato molte volte nella storia di Cagliari: dalla “peste barocca” che funestò la Sardegna nel quinquennio 1652-1657 al tentativo di sbarco dei francesi nel 1793 al pericolo di avvelenamento delle acque di Cagliari. 

In tempi recenti, anche l’emergenza Covid ha visto invocare il santo guerriero! Insomma, la devozione verso Sant’Efisio continua ad essere un dato di fatto che sembra andare oltre la semplice leggenda.

Tra i luoghi più importanti legati alla figura di Sant’Efisio, oltre alla chiesa omonima, punto di avvio di tutte le processioni cittadine che coinvolgono il simulacro del Santo, è il cosiddetto carcere nel quale, secondo la tradizione, egli fu imprigionato e torturato.

Si tratta di un ipogeo interamente scavato nella roccia, individuato dalla tradizione popolare come il luogo di detenzione del martire, sulla base di quanto riportato nella “Passio Sancti Ephisii”.

Secondo il documento, infatti, il santo fu imprigionato a Cagliari all’interno di una grotta ipogeica, a causa della sua conversione al cristianesimo: qui fu torturato per poi essere trasferito a Nora, dove fu decapitato il 15 Gennaio del 303 d.C. 

Il carcere di Sant’Efisio tra storia e leggenda. Situato a 9 metri sotto il livello stradale, scavato nella profondità della roccia calcarea e accessibile attraverso una ripida scalinata che ha il suo ingresso dal civico 34 di via Sant’Efisio, il carcere è in realtà un luogo ricco di misteri.

Recentemente restaurato, presenta una pianta quadrangolare e dimensioni irregolari. Al suo interno lo spazio è articolato attorno a due pilastri risparmiati in fase di scavo, il primo dei quali ospita una targa dedicatoria che fa riferimento al restauro dell’altare. Quest’ultimo si trova nella parete orientale, addossato ad una piccola abside circondata da “azulejos” risalenti al XVII secolo, ancora in ottimo stato di conservazione. 
I primi restauri furono condotti dall’archeologo Antonio Taramelli, con l’obiettivo principale di stabilire l’epoca storica e la continuità d’uso del luogo.

Purtroppo, lo stato di conservazione dell’area, unito ai pochissimi ritrovamenti materiali, resero impossibile stabilire con certezza una datazione, permettendo soltanto di formulare delle ipotesi.

Tra queste l’idea che l’ipogeo fosse utilizzato già in epoca tardo-punica come tempio dedicato al culto di Iside, stante l’individuazione di un pozzo scavato nel pavimento, che avrebbe contenuto le acque mistiche, propiziatorie ai riti di iniziazione.

L’effettiva antichità del luogo fu inoltre confermata dal ritrovamento di alcune monete datate tra l’epoca tardo-punica e il I secolo d.C.

Altri studiosi sostengono un utilizzo come deposito per la conservazione di materiale di cava, successivo, forse, a quello cultuale. Difficile poter dire se quelle pareti abbiano in qualche modo ospitato una prima comunità cristiana, divenendo in seguito prigione per i fedeli e quindi anche per Sant’Efisio.

La ricerca dei corpi santi. Nel corso del XVII secolo, in pieno clima di Controriforma, si accese l’interesse per la ricerca delle reliquie di santi e martiri locali. Molti luoghi in tutt’Europa furono coinvolti in un processo di riscoperta della fede che stimolò numerose campagne di scavo atte a ritrovare i resti ossei di presunti martiri della cristianità.

Alcuni membri dell’Arciconfraternita del Gonfalone chiesero, quindi, alle autorità religiose di poter indagare l’ipogeo. I confratelli non cercavano le reliquie di Sant’Efisio, sepolto nel luogo del martirio a Nora e successivamente trasportato a Pisa, ma quelle di altri martiri, possibili seguaci del Santo guerriero.
Nel 1616 fu rinvenuta una sepoltura scavata nel pavimento di terra battuta appartenente al martire Edizio, soldato al seguito di Sant’Efisio. 

Ancora oggi, a distanza di oltre quattrocento anni, il carcere di Sant’Efisio rimane uno tra i luoghi più affascinanti e misteriosi di Cagliari, capace di raccontare una storia di fede nonché un legame profondo tra un martire e la sua città.

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