di Massimiliano Perlato
Incontriamo Stefania Mattana, classe 1984, nuorese di nascita, vive e lavora a Perugia. Laureata in Sociologia all’Università “La Sapienza” di Roma, si considera scrittrice, copywriter, critica, giornalista e blogger. Al suo attivo due pubblicazioni di cui con orgoglio e senza esitazioni ci parla.
Nella mia produzione letteraria sono stata fortunata: ho pensato che sarebbe stato un peccato lasciare le mie due tesi di laurea in sociologia in un cassetto; e così con l’aiuto del fato – che ci ha messo lo zampino – ho trovato due case editrici, Zènìa Editrice e Altromondo. Con Zènìa ho pubblicato “Ritualità della Morte in Barbagia”, un saggio socioantropologico dove analizzo il rito funebre barbaricino nella sua evoluzione temporale. Con Altromondo invece ho reso omaggio al mio amore per il rock, studiando tutta la tematica dei concerti dal vivo e osservando queste dinamiche sempre dal punto di vista dello scienziato sociale: “The Live Side of Rock” è un inno al sacro e al profano che c’è in ognuno di noi, specialmente quando si tratta di musica. Il fatto che entrambi i libri si concentrino sull’aspetto rituale non è un caso: la ritualità gioca un ruolo fondamentale nelle nostre vite.
E’ un fiume in piena Stefania e lo si percepisce non solo da questo nostro dialogo, ma da una forma di energia sublimale che trasmette: Mi piace raccontare storie. E tanto adoro le storie che la mia produzione di narrazioni è sempre in ebollizione, come i calderoni delle streghe. Quando scrivo uso spesso il mio pseudonimo, Erania Pinnera, una specie di alterego che ormai mi accompagna pure nella vita reale… anche i genitori e gli amici mi chiamano Pinnera! Ogni tanto prendo coraggio e spedisco i racconti a qualche concorso letterario, e ogni tanto capita anche di vincere!
Parlaci di te… Sono cresciuta a Nuoro, a quattro passi dalla casa di Grazia Deledda e a qualche minuto dalle vie senza tempo che racconta Salvatore Satta ne Il Giorno del Giudizio, uno dei miei libri preferiti in assoluto. Io e mia sorella viviamo insieme a Perugia. Con i miei genitori ci vediamo spesso e il clima che si respira a casa è sempre allegro e sereno. La famiglia – anche quella più “allargata” – sono i miei primi sostenitori: ho zie, cugine e nonni sempre entusiasti dei miei traguardi, ma senza i miei genitori, mia sorella e il mio fidanzato non sarei mai riuscita ad essere quello che sono adesso. Loro hanno sempre creduto in me, e mi piace sapere che i miei si ringalluzziscono quando leggono ciò che pubblico.
Cosa ti piace evidenziare della tua adolescenza trascorsa in Sardegna? Per lo più gravitano attorno a quattro elementi: la musica, lo sport, i libri e la penna. Che poi sono ancora i fili che mi muovono! Mi ritengo una privilegiata perché il mio lavoro mi permette di sposare gli hobby con quello che ti fa portare a casa la pagnotta con la mortadella. La musica è la migliore amica dell’uomo. Senza di lei il mondo sarebbe un posto più triste. Lo sport invece è la mia macchina del tempo, lo strumento che mi porta lontano dai problemi o dai malumori. Scrivere è poi una sorta di bisogno primario, per dirla alla Maslow. Ho passato un breve periodo della mia vita in cui avevo smesso totalmente di scrivere, ma poi l’istinto ha ripreso il sopravvento. La mia professoressa del liceo mi denigrava dicendo che ero “innamorata delle parole”, ma proprio questo difetto è diventato la mia forza. Ho tanti altri interessi, dalla chitarra elettrica ai videogiochi, passando per la fotografia. Mio padre aveva una vecchia Petri che portava spesso con sè, e con quella mi ha insegnato a scattare. E meno male: senza la macchina fotografica che reporter sarei?
E oggi che vivi in Umbria, qual è il tuo rapporto con la Sardegna? Posso andare anche in capo al mondo e starci bene, ma quando penso al concetto di casa penso al profumo del ginepro che il vento trasporta in Sardegna. É lapalissiano dire che è la terra più bella del mondo, non dico nulla di nuovo; la nostra isola è come un piccolo continente. Tutta la gente che passa per la Sardegna rimane colpita dalle nostre acque trasparenti, così come dalle meraviglie paesaggistiche che la nostra terra offre al visitatore. Ma solo pochi rimangono colpiti dal cielo: riconoscerei il cielo della Sardegna tra mille cieli. Durante gli anni dell’università tornavo a casa più spesso, mentre adesso le visite sono meno frequenti; “scendo” in Sardegna sempre molto volentieri, e quando riparto per il continente mi prende sempre la malinconia, come se ogni volta lasciassi una parte di me sull’isola. Chi non vive fuori forse non riesce a immaginare la nostalgia che si prova stando lontani da casa: forse è proprio la condizione psicologica di avere il mare di mezzo (e quindi si essere fisicamente “isolati”) che amplifica la nostalgia, come se l’acqua fosse un ostacolo più grande di un’autostrada. Mi sento molto legata sia alla mia terra che all’identità di sarda, impressa indelebile sulla mia pelle. I sardi sono gente ospitale, generosa, orgogliosa e gelosa delle proprie tradizioni: un insieme di virtù che possono rivelarsi un’arma a doppio taglio, e credo che questo sia il più grande limite della nostra terra.
Stefania, la tua capacità descrittiva del “mondo” Sardegna lascia senza fiato. Invece cosa conosci dell’altra Sardegna, quella degli emigrati? Devo dire che quando ho accarezzato per la prima volta l’eventualità di emigrare, cercare un circolo di sardi su internet è stata una delle primissime cose a cui ho pensato. Mi piacerebbe moltissimo portare un po’ di tradizione barbaricina nei circoli sparsi in Italia, perché è sempre bello sentirsi più vicini a casa, anche con un incontro a tema o con un libro.
Chiudiamo dando uno sguardo al futuro: ci sono le prospettive di un rientro a casa? Il sogno è quello di tornare, ma essendo un sogno non è semplice da realizzare. Se è vero che il lavoro mi permette una relativa libertà di azione, perché spesso mi basta un computer e una connessione, c’è anche da dire che sto costruendo il mio futuro con un’altra persona, e la Sardegna non è un terreno facile dal punto di vista lavorativo. L’obiettivo da raggiungere è una stabilità economica tale da poter costruire una famiglia; la strada è tortuosa, ma a noi piace anche l’arrampicata in salita! Spero nel futuro di continuare a scrivere di sport, di ritualità e di detective, magari ampliando anche i miei network. Non escludo ancora la possibilità di andare via dall’Italia e tentare la fortuna in un’altra nazione, ma ovunque andrò la Sardegna sarà sempre il mio rifugio preferito: come scrive Richard Bach nel suo piccolo libro, nessun luogo è lontano.
Bella intervista! Stefania appassionata e appassionante nelle risposte ! Forse se riesco ad andarci, con Stefania ci incontriamo personalmente domenica a Nuoro
Salutami tutti!!!
Ciao Max,
scusa il ritardo ma ieri e oggi è stato un delirio!
Bello, grazie grazie grazie!
Ho linkato un po’ ovunque, te ne sei accorto dai click? 😉
Figo anche il commento su La Nuova, devo dire che anche il mio WordPress ha visto tanti click in più!
Il 17 è andato tutto bene, a Oschiri sono proprio dei signori e mi hanno trattata benissimo. Se ti capita, facci un salto, anche a livello culturale sono molto attivi.
Ho già letto e sfogliato l’ultimo numero della rivista, certo che davvero questa cosa dei trasporti è uno scandalo. Credo che i miei lo stamperanno e lo appenderanno in salotto, eheheh!
Divertiti a Cagliari, è una città fantastica, ma già lo sai 😉