Francesco ‘Cicitu’ Masala
a cura di ORNELLA DEMURU
Grande intellettuale e testimone privilegiato della Sardegna, dagli anni del fascismo sino alla controversa contemporaneità, Cicitu Masala è stato poeta, scrittore e saggista tra i massimi esponenti della letteratura sarda del Novecento.
Come scriveva Paolo Pillonca, suo grande amico ed estimatore, nel 2012: “Cicito era scomodo anche da morto? Sono passati cinque anni dalla sua scomparsa e Francesco ‘Cicitu’ Màsala non gode ancora della simpatia dei potenti. Eppure le attuali vicende amarissime delle industrie in Sardegna, di anno in anno più drammatiche, era stato proprio lui a prevederle fin dai primi insediamenti, in netto anticipo sugli altri. “Profezia” difficoltosa: allora l’industria sembrava a molti il rimedio a ogni male, l’incenso era il profumo dominante e le voci fuori dal coro si contavano sulle dita di una mano. Oggi è diverso, ma la riconoscenza, come si diceva una volta, non è di questo mondo.
Cicito Masala è sempre stato un osservatore acuto degli errori di chi governava ai suoi tempi e di chi dava le notizie alla gente. Per questa ragione ha pagato di persona a caro prezzo le sue esternazioni ardite.”
Nato a Nughedu San Nicolò il 17 settembre 1916, dopo i primi studi nel paese natale, frequentò il ginnasio a Ozieri, il liceo classico a Sassari e completò la sua formazione laureandosi in lettere all’Università La Sapienza di Roma, con una tesi su Il teatro di Luigi Pirandello, con Natalino Sapegno come primo relatore.
Partecipò alla Seconda guerra mondiale, combattendo prima sul fronte jugoslavo e poi su quello russo dove, ferito a una gamba, si meritò una decorazione al valor militare e iniziò a scrivere un romanzo su quella tragica esperienza umana e militare.
“… Mette conto di dire che, la guerra, l’ho veramente fatta, sono stato decorato al valor militare, sono stato ferito in combattimento sul fronte russo, cioè, come comunemente si dice, ho versato il sangue per la patria. Ma mi è capitato ciò che già capitò a mio nonno, gambadilegno, che perdette la gamba destra nella Battaglia di Custoza, durante la Terza Guerra d’Indipendenza: anche la mia intrepida gamba destra si è beccata la sua eroica pallottola, russa, stavolta, là, fra il Dnieper e il Don. Voglio dire, insomma, che io e mio nonno, ambedue di nazionalità sarda, abbiamo fatto le guerre italiote: da leali sardi, s’intende, eroi buoni, in tempo di guerra, ma cattivi banditi, in tempo di pace: in guerra, nelle patrie trincee, in pace, nelle patrie galere… [Insomma] la guerra mi tolse, per così dire, dagli occhi, le bende di due retoriche ufficiali: da un lato, quella della “eroica piccola patria sarda” e, dall’altro lato, quella della “grande imperiale patria italiana.”
(Frantziscu Màsala, da “Il riso sardonico”, 1984)
Frantziscu Màsala a combattere sul fronte russo ci finì venticinquenne. Con lui altri 300.000 giovani, in gran parte convinti di andare a coprirsi di gloria, imboniti dalla retorica fascista. Ne morirono circa 115.000, dei quali 85.000 in poco meno di tre mesi, tra il dicembre 1942 e la primavera successiva, durante la seconda battaglia sul Don, lo sbando e la disastrosa ritirata che ne seguirono.
Dopo la guerra insegnò per trent’anni, prima a Sassari e poi a Cagliari, nella scuola media superiore.
Giornalista pubblicista (fu critico letterario e artistico a L’Unione sarda negli anni sessanta, ma collaborò anche con La Nuova Sardegna, Paese Sera, Il Messaggero Sardo) e soprattutto fu scrittore bilingue, in sardo e italiano, pubblicò numerosi articoli e libri di poesia e narrativa, di teatro, di saggistica e di critica letteraria.
Come poeta trasse ispirazione dalla grande tradizione in versi della sua terra, in particolare dalle opere di Peppino Mereu; nel 1951 vinse il Premio Grazia Deledda e nel 1956 il Premio Chianciano per la raccolta di poesie Pane nero.
Come romanziere fu scoperto da Giangiacomo Feltrinelli, che nel 1962 gli pubblicò “Quelli dalle labbra bianche”, epopea in chiave grottesca della gente di Arasolè sul fronte orientale e di un po’ tutti i “dimenticati dalla storia”.
Per il palcoscenico, oltre alla riduzione teatrale del suo romanzo (1972, con il regista Giacomo Colli), collaborò con la Cooperativa Teatro di Sardegna per i testi bilingui dei drammi popolari Su connottu (1976) e Carrasegare (1978), entrambi con il regista Gianfranco Mazzoni.
Per la RAI scrisse i radiodrammi Emilio Lussu, il capotribù nuragico (1979), Gramsci ovvero l’uomo nel fosso (1981) e Sigismondo Arquer, al rogo! (1987). Masala si accostò anche alla musica pop collaborando con la cantautrice Marisa Sannia.
Masala è stato anche militante nel PSI prima e nello PSIUP poi.
Nel 1981 pubblicò con Vanni Scheiwiller Poesias in duas limbas.
I suoi versi, tesi al pari dei romanzi a esaltare un popolo umiliato e offeso dalla storia come quello sardo, sono stati tradotti in spagnolo, croato, russo, ungherese, francese, polacco e portoghese.
Del 1984 è “Il riso sardonico”, raccolta di ricordi e brevi racconti di vita vissuta in cui riso e pianto sono legati indissolubilmente in una comicità paradossale, intrisa di satira pungente nei confronti della classe politica isolana. Vi compare inoltre uno dei temi più cari a Masala, la difesa della lingua sarda, da lui utilizzata in numerose poesie e nel romanzo autobiografico S’istoria (1989).
Cicìtu, com’era conosciuto e chiamato dagli amici, fu presidente della commissione del Premio letterario in lingua sarda Città di Ozieri e, nel 1978, del Comitadu pro sa limba, che si fece promotore della “Proposta di legge d’iniziativa popolare per il bilinguismo perfetto in Sardegna”, da cui sarebbe poi scaturita la Legge regionale n. 26 del 15 ottobre 1997 per la “Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna”.
Dalla sua opera più conosciuta, Quelli dalle labbra bianche, nel 1999 è stato tratto il film Sos Laribiancos – I dimenticati, sceneggiato e diretto da Piero Livi (menzione d’onore al Palm Springs International Film Festival), con gli attori Lucio Salis, Sandro Ghiani e Alessandro Partexano.
Del 2008 è invece il cortometraggio d’animazione Dopo trent’anni prima, che il fumettista Silvio Camboni ha realizzato ispirandosi al racconto “Apologo dell’uomo bue e dell’uomo cacciavite”, dove Masala contrappone la Sardegna contadina a quella industriale.
In suo ricordo è stato istituito nel 2008, dall’associazione culturale Arcipelago in collaborazione con la Provincia di Cagliari, il Premio Francesco Masala per il teatro.
Muore a Cagliari il 23 gennaio 2007
Grande Uomo che ha amato e ancora con i suoi scritti ama i sardi e la terra di Sardegna.
Che bello questo libro, letto e riletto.
Un caro amico che non c’è piu
Grande professore….
Unu. Che non ,le mandava a dire
Un grande !!!!
Unu professori e poeta mannu..su maistu miu