di FRANCESCA BIANCHI
Qualche mese fa è uscito Indaco in prosa e in versi (AG Book Publishing), il nuovo libro della giornalista, poetessa, fotografa e scrittrice Marella Giovannelli. Indaco continua il discorso iniziato lo scorso anno con Oltremare fra incontri e poesie, edito sempre da AG Book Publishing. Entrambi sono un inno d’amore a Porto Rotondo, località turistica di fama internazionale fondata dai conti Nicolò e Luigi Donà dalle Rose, che festeggerà i suoi primi sessant’anni. Nel libro Indaco in prosa e in versi, Marella ha lasciato parlare non solo le celebrità che a Porto Rotondo hanno trascorso estati indimenticabili, ma anche la gente del posto, i tanti operatori che lì hanno lavorato e oggi custodiscono un patrimonio prezioso di ricordi, aneddoti, curiosità.
La giornalista olbiese ha ribadito più volte che Porto Rotondo è nata all’insegna dell’arte e della cultura, di tanti valori che, nel corso degli anni, l’hanno preservata dalla volgarità, esaltandone la raffinatezza e il clima amichevole e familiare che vi si respira ancora oggi.
Marella, qualche mese fa è uscito il suo ultimo libro, Indaco in prosa e in versi, pubblicato dall’editore AG Book Publishing. Ci presenti pure questo ennesimo atto d’amore per la sua Porto Rotondo. Come è strutturato e con quali finalità è nato il libro? Indaco in prosa e in versi è arrivato dopo Oltremare fra incontri e poesie, di cui è il naturale proseguimento. Indaco è il colore dell’introspezione, della riflessione, dell’anima. Indaco è anche il colore della copertina curata da Lino Pes, già autore di quella di Oltremare. In Indaco sono confluiti più di trenta racconti in cui viene narrata l’epopea della creazione di Porto Rotondo attraverso la voce dei protagonisti e delle persone che l’hanno vissuta. Con questo libro ho voluto dare voce alle vecchie generazioni e alle attuali, infatti ci sono interviste a chi ha continuato le tradizioni di famiglie che qui hanno trascorso stagioni indimenticabili. Alle testimonianze dei pionieri si sono aggiunte quelle degli operatori del posto e della gente locale. Queste persone mi hanno raccontato aneddoti meravigliosi, come quello della governante di casa Bormioli, che accolse Diana d’Inghilterra in visita ufficiale con il principe Carlo. Ho avuto la fortuna di conoscere a Porto Rotondo Aga Hruska, il dentista dei papi, degli zar, dei Savoia, di tanti attori di Hollywood. Aga Hruska è stato il primo ad avere una villa a Porto Rotondo. Importanti decisioni storiche furono prese nel suo studio. Ci sono tanti racconti, ognuno ricco di aneddoti e curiosità. Ritengo questo libro un affresco corale: ognuno racconta la Porto Rotondo dei suoi tempi. Molti protagonisti delle mie pagine non sono più tra noi, ma io, fortunatamente, avevo conservato le loro interviste e ne ho parlato nel libro perché il loro ricordo non si perda. I miei racconti lasciano emergere il carattere, l’estrema umanità delle persone, l’amore sincero che avevano per la Sardegna, il loro rispetto per la natura.
Indaco accoglie anche una sezione poetica… Sì, nel libro ci sono alcune mie nuove poesie, tutte inedite. Sono nate così, come folgorazioni, sono brevi e iniziano tutte con l’avverbio ‘forse’. L’ultima sezione del libro, intitolata Omaggi, contiene delle sperimentazioni sulle mie poesie: una trasposizione Zen di Lino Pes di alcuni miei versi tratti da Oltremare fra incontri e poesie; alcune mie poesie tradotte in logudorese da Maria Antonietta Seu Deiana; alcuni versi, sempre tratti da Oltremare fra incontri e poesie, tradotti in gallurese da Piero Bardanzellu.
C’è una sezione a cui tiene particolarmente? Una sezione a cui tengo molto è quella storica, intitolata Reperti in spiaggia, dove racconto la storia di Dragut, un terribile corsaro che devastò tutte le coste della Sardegna, specialmente Olbia, che allora si chiamava Terranova. Racconto anche la storia di Mortorio, meravigliosa isoletta che d’estate viene presa d’assalto dai turisti. Spiego il motivo per cui si chiama Mortorio. Da ricerche d’archivio si apprende che il nome Mortorio ha un’origine araba. Giazirat Ash Shuhada significa ‘Isola dei Martiri’: questo è il nome dato dagli arabi a Mortorio. Nel corso di un assalto sferrato dal pirata saraceno Mugiahid contro alcune località e isolotti della Sardegna, ci fu un terribile naufragio. Molti musulmani persero la vita. Da questo episodio l’isola prese il nome di ‘Isola dei Martiri’. Tengo molto, poi, al capitolo dedicato alla storia di Porto Rafael e al suo fondatore Rafael Neville, conte di Berlanga. Il 21 agosto era una data blindata per molti amici di Porto Rotondo che, in gruppo, si spostavano a Porto Rafael per la tradizionale festa di compleanno del nobile spagnolo. Lì ho conosciuto Rafael, con cui è nata subito una bella amicizia. Sono stata l’ultima a intervistarlo prima della morte, avvenuta nel 1996. In quell’intervista mi disse di aver trascorso a Porto Rafael i suoi anni più belli. Malgrado fosse tanto malato, sapeva ancora inventarsi la vita. Ho dedicato questo libro all’innocenza dei sognatori, mai del tutto perduta: Rafael è stato un grande sognatore, un visionario.
Il libro è arricchito da un inserto fotografico. Le foto sono tutte sue? Molte sono mie, ad esempio quella fatta a Krizia, immortalata in uno scatto insieme ad Alba Parietti, o quella a Woody Allen. Altre mi sono state donate dai familiari dei protagonisti. La foto di Aga Hruska mi è stata data dalla figlia Mania.
Nel libro c’è un aneddoto divertente su Ira Fürstenberg. Ce lo racconti… Ira Fürstenberg fu una delle prime a costruirsi la villa a Porto Rotondo. Raccontavano tutti che lei amasse prendere il sole integrale e per l’aneddoto che la riguarda vi rimando alla lettura del libro. Vi dico solo che l’epoca del topless a Porto Rotondo era arrivata in anticipo rispetto al resto d’Italia e qui a quei tempi circolavano le donne più belle del mondo. Gli operai impegnati nella costruzione del villaggio erano comprensibilmente distratti, tanto che il direttore dei lavori diffuse una circolare in cui le signore erano pregate di non girare troppo discinte in mezzo ai cantieri.
Porto Rotondo è per lei una fonte d’ispirazione privilegiata, il centro del suo mondo letterario, un luogo dell’anima… Sì. Mi sembrava di essere in debito con Porto Rotondo: a me ha dato tanto, ma trovo di non averle restituito altrettanto. Recentemente, in una trasmissione molto seguita, un noto giornalista ha affermato che Porto Rotondo è stata conosciuta nel mondo grazie a Berlusconi. Non è così: Porto Rotondo era famosa addirittura prima della sua nascita. Quella di Porto Rotondo è una storia unica nel suo genere; la sua invenzione è stata venduta su carta ed è diventata subito famosa a Cortina, dove fu organizzata una festa per inaugurare un progetto, un’idea, un sogno: il sogno dei fratelli Donà dalle Rose. Lo spiegano molto bene i protagonisti dei vari capitoli dove s’intrecciano storie, spesso curiose e divertenti, tutte rigorosamente vere.
Ecco, come è nata e come si presentava all’inizio Porto Rotondo? Dove sorgeva il centro abitato? Le prime case sorsero al centro del villaggio, nella zona del porto. Tutti i personaggi di spicco avevano una casa nel centro storico; le ville sono state costruite subito dopo e, come racconta l’architetto Gianni Gamondi, al posto della piazza c’era un buco. Lì lavoravano i bergamaschi, giganti biondi che sembravano vichinghi. C’era una mensa di cantiere dove andavano a mangiare tutti insieme: le maestranze, i conti, i primi clienti e questi operai bergamaschi iniziavano a ballare tra loro, in un ambiente davvero informale. Così è nata Porto Rotondo, che iniziò subito ad attirare grandi nomi dell’aristocrazia, dell’imprenditoria, della cultura, dello spettacolo: i fratelli Donà dalle Rose conoscevano mezzo mondo. Quasi tutti i personaggi che hanno acquistato una casa a Porto Rotondo erano venuti qui per andare in Costa Smeralda; avevano ricevuto inviti per comprare lì dei terreni, ma poi c’è stato un passaparola: hanno saputo che stava nascendo questo posto, così molti, incuriositi, sono venuti a vedere di persona e hanno rinunciato alla Costa per Porto Rotondo. Questo è successo a Krizia, a Hruska, a Lina Wertmuller, a Gianni e Nicole Bulgari. Gli hanno parlato di Porto Rotondo, che allora stava nascendo, sono venuti a vedere e ne sono rimasti conquistati al punto da non lasciarla più. Hanno apprezzato la dimensione informale, raccolta e non dispersiva, che vi si respira ancora oggi. Inoltre, è un posto nato nel segno dell’arte e della cultura. Porto Rotondo è davvero un sogno realizzato.
Un racconto del libro è dedicato alla signora Vannina. Di chi si tratta? Sì, nel libro c’è anche l’intervista a Vannina, titolare da quarant’anni di uno storico negozio a Porto Rotondo, che ormai serve la quarta generazione di portorotondini. Vannina racconta un episodio divertente legato a Pietro Barilla, fondatore dell’omonima, celebre azienda. L’imprenditore era un suo affezionato cliente. Andava subito ad esaminare attentamente la disposizione dei suoi prodotti, poi faceva tutto il giro della concorrenza. Le parole di Vannina delineano un ritratto umano dell’imprenditore. Si dice fosse di una generosità, di una gentilezza e di un’amabilità uniche, anche con i dipendenti. Tutte queste caratteristiche lei ora le riscontra nel figlio, anche lui assiduo cliente del supermercato portorotondino.
Attualmente sta lavorando a qualche altra pubblicazione? Da qualche tempo hanno ripreso a galopparmi in testa le poesie. Quando loro arrivano, lo fanno con prepotenza ed esigono spazio; non escludo, quindi, la pubblicazione di una raccolta di versi inediti nella quale però non mancheranno le sorprese, sempre in sintonia con l’ispirazione che sento in questo periodo.
Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori di Indaco in prosa e in versi? Il messaggio coincide con le linee guida che i fondatori e i pionieri hanno voluto dare, un messaggio recepito dalla comunità, che non deve essere tradito mai. Il borgo di Porto Rotondo si è sempre salvato, anche quando è stato al centro di interessi non proprio nobili. È sopravvissuto perché è nato con una nobiltà d’intenti e con un grande rispetto dei valori che ha consentito di arginare le forze negative. Non ci sono più le feste di una volta, è vero, ma c’è una dimensione umana e familiare che, ancora oggi, attira artisti, personaggi illustri italiani e stranieri, imprenditori locali e villeggianti innamorati del posto. In tanti sono impegnati affinché questo progetto non muoia, grazie anche all’impegno continuo del Consorzio e degli amici coinvolti nella Fondazione, con Luigi Donà dalle Rose ancora e sempre in prima linea, sostenuto dai figli Leonardo e Una.
Quanto al mio Indaco, mi auguro che possa contribuire a far conoscere la storia affascinante di Porto Rotondo, un borgo che, per la sua unicità e le sue caratteristiche, è diventato famoso in tutto il mondo.
Grazie alla testata Tottus in PARI e a Francesca Bianchi per l’attenzione rivolta al mio “Indaco in prosa e in versi”.