Antonio Maria Masia e Francesco Madonna
di ANTONIO MARIA MASIA
All’Anfitrione Francesco è di casa da lungo tempo facente parte della Compagnia Plautina, diretta da quel grande attore e regista che è Sergio Ammirata, patron della struttura, messa gentilmente, per l’occasione, a disposizione del Gremio, ben rappresentato da un gruppo di soci e amici attenti e coinvolti. La Compagnia, a seguire, dopo un intervallo con brindisi augurale “in sardo”, ha completato la serata con lo spettacolo, profondo e divertente, liberamente tratto da alcune novelle di Pirandello: “La famiglia Malocchio”, interpretato, fra altri bravissimi attori, dallo stesso Francesco Madonna, in un ruolo da protagonista.
Ho così avuto il piacere e l’onere di tenere a battesimo la poesia del nostro autore. Versi belli e intensi, ricchi di significato, scorrevoli, musicali e privi di retorica o enfasi, che hanno stimolato emozione e riflessione. Per i suoi testi l’autore chiede, in copertina, di essere “folle”! Interessante e curioso questo desiderio. Come interpretarlo? Francesco, ho scherzosamente precisato: non è certamente matto e non è divenuto tale, come l’Orlando furioso a causa di profonde e “angeliche” delusioni d’amore.
No! Lui, come tanti artisti di ogni tempo, invoca, così mi pare, la “follia” di Erasmo per reagire, anche con ironia, agli schemi preconfezionati e immobilizzati da tempo di una società ripiegata su disvalori e su formule sociali, civili e di convivenza che vanno riviste, rivoltate alla ricerca di regole migliori, all’insegna dell’equità, della giustizia, della solidarietà e dell’inclusione. Una forza nuova alla ricerca di una luce nuova: “se la follia fa paura…la normalità fa morire… voglio essere folle… rivendica il poeta. Un desiderio folle di andare spiritualmente e intellettualmente verso nuovi orizzonti, come le foglie, le farfalle, le anime di carta che vanno di qua e di là, affidandosi al vento.
Da una decina di anni conosco Francesco, grazie alla nostra responsabile del settore Cinema, Franca Farina, che lo presentò al Gremio con un bel video scritto, prodotto e diretto da lui su temi riguardanti racconti, storie, costumi e paesaggi della Sardegna: “Contos de fochile” (Racconti del focolare), a testimonianza delle sue radici sarde. Francesco, nato a Cagliari e poi trasferitosi a Roma con la famiglia dove ha studiato e si è affermato nel teatro e nel cinema, ci tiene alle sue origini e lo dimostra spesso con le sue creazioni artistiche, come in questa circostanza.
Da allora è nata un’interessante collaborazione di reciproca soddisfazione. Ricordo, in particolare, la sua partecipazione ad alcuni eventi del Gremio e successiva realizzazione dei documentari video: “I Sentieri dell’identità” sul percorso di alcuni cammini laici e religiosi per le strade dell’Isola nel 2018 e “Efisio d’Elia” sulla grande festa e processione che Cagliari, in armonia con l’intera Sardegna, dedica da secoli al suo amato Santo martire Efisio.
Si comincia con la proiezione di una poesia d’apertura, ottimamente musicata e da lui recitata, che prova a spiegare al lettore il perché e il significato della sua poetica. Trattasi versi che lui definisce nel testo: “sconnessi”. Ma, assicuro, non sono sconnessi dalla realtà e da una rappresentazione dei problemi della società che lui vive e percepisce e che ben anticipano il contenuto stesso del libro. Versi che subito emozionano e coinvolgono, come quelli che seguiranno e che trasmettono anche quel pizzico di follia che Francesco vorrebbe e vuole.
Su alcune poesie, fra le più significative secondo me, mi soffermo per sottolinearne le caratteristiche tematiche e formali e per una riflessione alla luce della lettura, a volte recitazione, a volte video proiezione ed infine canto da parte dell’autore.
C’è l’imbarazzo della scelta! Una raccolta di testi non inquadrabili in una sola tematica ma variegati, tutti riconducibili però alla biografia, al carattere ed all’impegno ed espressione artistica dell’autore che salgono dal livello personale a quello generale, che si rivolgono all’umanità.
C’è la poesia d’amore, C’è la poesia esistenziale, antropologica. C’è la poesia del dolore. C’è la poesia civile, sociale, ecologica. C’è la poesia scritta con il suono e il ritmo della canzone, o in italiano come in “Sogno d’amore”, o anche in sardo come in “Migrantes” e “Drommi Pitzinna…” (dormi bambina).
Quando ho rivolto a Francesco la domanda classica che si fa a tutti i poeti, grandi o piccini: Cosa è per te la Poesia? È forse il sogno che il tuo editore Neria De Giovanni, scrittrice, presidente dell’AICL- Associazione internazionale dei critici letterari sottolinea con la sua postfazione nel tuo libro: parola che appare presente in tante tue liriche? O è forse l’amore assoluto che si dona a prescindere da quanto si riceve di cui parla il prefatore Prof. Ferdinando Cortesani? O è l’essere anarchico, libero, un po’ folle di cui parla nella sua nota nel libro il Prof. Paolo Memmo? O ancora, è la sensibilità verso una società dolente che spinge l’attore a far suoi i sogni e le visioni di altri, come descrive in un’altra postfazione, non presente nel libro, la critica d’arte e scrittrice Maria Elvira Ciusa?
La sua risposta è stata la lettura di Poesia è: condividere un silenzio… lottare per un sogno…accendere il coraggio… stringere la mano…
Le poesie d’amore. Sono tante, e sono versi potenti, appassionati, venati a volte di rimpianti, di ricordi, di entusiasmo e malinconia: “A te”, “Frammenti”, “Donna”, “Lasciati amare”, “Notte d’amore”, “Profumo di te”, “Resto in silenzio” …
Gliene ho sollecitato tre da recitare che hanno riscosso, come durante tutto l’evento l’applauso caloroso e convinto del pubblico: “A te”, “lasciati amare”, “resto in silenzio”
E di seguito il video con una dolcissima poesia, delicatissima: “A Stefania che ha saputo condurmi alla follia di scrivere questi versi. Con dolcezza e passione ha saputo liberare la mia timidezza”. Stefania che ha arricchito il libro con ritratti, foto, disegni a carboncino e acquarelli, insieme a Rosa Madonna e Manuela Alessandrini.
Abbiamo dato uno sguardo alla poesia esistenziale, antropologica, quella che richiama il perché del vivere, i dubbi spirituali e intellettuali presenti in lui e ed in ognuno di noi, purché sensibili, il grande impegno dell’attore a “rubare” e far suoi i sogni e le fantasie degli altri: “A volte”, “Esistere”, “Mi domando”, “Prestami le tue scarpe”, “Un altro giorno”, ”Anime di carta”, “L’Attore”…Queste ultime due, molto belle e significative che Francesco ha interpretato trasmettendo emozione.
Il dolore, grande fonte d’ispirazione per ogni poeta e artista, in Francesco è contenuto e sobrio, quasi addomesticato per renderlo tollerabile per un figlio al quale il destino, la natura, il caso, il buon Dio ha negato la normalità di un cromosoma che lo colloca nella disabilità. Ma che fa di questa una forza di vivere, di esserci, di produrre arte, di contare per entrambi: padre e figlio! A questo punto la proiezione della video poesia: “Il mio nome è Jason” recitata da Francesco e il suo successivo intervento hanno creato in sala tanta emozione da coinvolgere in un motto non trattenuto di commozione lo stesso Francesco, che a malapena ha trattenuto le lacrime.
Lì, in particolare in quel momento, l’attore “recitava” se stesso e non “rubava” alcunché a nessuno!
Ancora uno sguardo alla poesia civile e sociale ecologica, per comunicare e farci riflettere su una società malvagia, iniqua, ingiusta, intollerante, egoista, inospitale. Per richiamarci all’attenzione e rispetto per l’ambiente, per la natura di questo fragile pianeta, unica nostra dimora. Unica! “Nelson Mandela”, “Orme”, “Scarti di vita”, “Un caffè”, “Migrantes”, “Madre Terra”, “Pioggia”, “Umanità” …
C’è anche, nel repertorio del poeta-attore-musicista-cantante la poesia che diventa canzone, predisposta ai suoni e ai ritmi. In alcune c’è la sua Sardegna delle tradizioni, dei costumi, dei paesaggi, della religione, la Sardegna delle sue origini che non smette di riscoprire e valorizzare.
E così ci lasciamo cullare dalla chitarra e dal canto di una splendida canzone in italiano: “Sogno d’amore” e di una carezzevole dolcissima ninna nanna in sardo: “Drommi Pitzinna… drommi serena, ca deo t’amo cun tottu su coro, e in custas nottes de luna piena, sos bisos tuos los tingo de oro”.
Lascio il palco, a conclusione, mentre Francesco recita con intensità: Voglio essere folle”, sottolineata da meritatissimi scroscianti applausi: “Se la follia mi fa aprire la porta di notte ad uno sconosciuto che chiede aiuto, voglio essere folle…
Antonio e Francesco sono stati bravissimi.