di LUCIA BECCHERE
“L’oncologia pediatrica è un argomento multidisciplinare che non riguarda soltanto il lato sanitario ma anche la sfera sociale e soprattutto familiare. Proprio per questo un ruolo molto importante è svolto dalla comunicazione in tutte le fasi della gestione del paziente affetto dal cancro che consente non solo la sua presa in carico ma anche delle loro famiglie spesso impreparate per assistere il proprio bambino”, ha detto la dott.ssa Francesca Ruggiu, lunedì 11 dicembre alla Biblioteca Satta, nell’introdurre il convegno Sfide e innovazioni nell’oncologia pediatrica: alla ricerca di cure all’avanguardia per i bambini promosso dalla Lions Nuoro Host, Presidente Prof. Nazario Porcu, presenti le massime autorità civili, militari, religiose e gli alunni del biomedico del Fermi.
“Nel contesto nazionale ma anche regionale – ha ricordato Antonio Porcheddu, dell’Ordine di Malta -, abbiamo intrapreso tante iniziative, raccolta fondi per l’Ospedale di Betlemme, iniziative di carattere epistolare con bambini in età pediatrica, attività ludiche e formative all’interno del contesto ospedaliero, affinché anche l’esperienza di un dramma venga vissuta nella dimensione di un gioco, aspetto di cui il bambino ha estremamente bisogno”.
“Ho affrontato questo tema molto importante da pediatra – ha dichiarato dottor Antonio Cualbu direttore del reparto di Pediatria del P.O. San Francesco di Nuoro -. Al mondo ogni 3 minuti muore un bambino e nella nostra provincia si presentano 4 tumori all’anno sotto i 14 anni. I più frequenti sono i tumori di leucemia, a seguire quelli del sistema nervoso centrale, poi i linfomi, i neuroblastoma e altri. Per fortuna l’aumento dell’incidenza dei tumori infantili registrati in Italia fino alla seconda metà degli anni 90 si è arrestato. L’unico in aumento è quello della tiroide ma, essendo un tumore che non ha una sintomatologia eclatante, oggi viene accertato prima, grazie alle più affinate possibilità diagnostiche, alla ricerca e al miglioramento delle cure, la mortalità è attualmente più bassa”.
Dottor Cualbu ha poi parlato dei problemi collaterali del tumore, degli effetti a lungo termine sulla crescita, sullo sviluppo, sulla maturazione ossea e sulla riproduzione. “Esiste oggi il passaporto del guarito – ha spiegato -, che contiene la storia dettagliata della malattia e degli esami da effettuare per monitorare e prevenire effetti a distanza e noi medici dobbiamo affrontare tante sfide: lo studio attento di ogni fascia di tumore pediatrico per dare una terapia adeguata, il percorso del dolore, della gestione delle procedure diagnostiche, la presa in consegna del bambino e il supporto attivo alla famiglia”. Ha ricordato anche l’importanza dell’alleanza globale delle associazioni dei genitori, medici, operatori sociali, volontari, ausiliari e specialisti, oggi più che mai importanti in un momento in cui tutti stiamo vivendo il dramma dell’impoverimento degli organici.
“Ho voluto chiamare la mia presentazione Oncologia pediatrica, un viaggio nel tempo – ha spiegato dottor Antonello Domenico Cabras, Direttore della Struttura di Anatomia Patologica del Mater Olbia -, perché tanto è cambiato nel tempo, sia la diagnostica delle patologie oncologiche pediatriche che le terapie. Il cancro oggi non esiste, esistono più di 200 malattie diverse che in comune hanno una quantità di cellule anomale, diventate maligne a causa delle mutazioni del DNA ma che sono appartenute al nostro organismo”.
“Quattro sono i diritti del malato – ha spiegato dottor Salvatore Salis Direttore dell’Hospice e della terapia antalgica -. Il diritto del paziente alla terapia del dolore e alle cure palliative; il diritto ad una adeguata comunicazione che non deve essere una sentenza e nemmeno una condanna a morte perché al paziente bisogna dire la verità che in quel momento è in grado di sopportare. Occorre stare molto attenti alle parole che a volte creano fratture incolmabili; il dirittoa non accanirsi con la terapia, soprattutto nella fase terminale dobbiamo fare in modo che la quantità di vita che resta sia qualitativamente accettabile e infine il diritto alla sedazione di un malato terminale. Non eseguirla è un reato di omissione scientifica umana o responsabilità etica culturale civile e sociale?
La sedazione palliativa non significa eutanasia o suicidio medicalmente assistito dove il risultato non può che essere la morte del paziente– ha concluso dottor Salis -, ma è il controllo dei sintomi refrattari e il risultato è il sollievo della sofferenza. Ben venga la tecnologia ma nella medicina deva partire un nuovo umanesimo che deve ricollocare l’uomo al centro come soggetto della storia”.