UNA PITTURA GENEROSA: LILIANA CANO, L’ARTISTA SARDA DAI MILLE COLORI CHE HA GIRATO L’EUROPA

Liliana Cano

Liliana Cano è nata a Gorizia il 10 ottobre 1924 da genitori sardi, il padre era ingegnere e la madre maestra e pittrice.

Nipote dello scultore Attilio Nigra, ereditò dalla madre la passione per l’arte e studiò a Torino, all’Accademia Albertina.

Visse i primi anni di vita seguendo la famiglia in vari spostamenti in tutta l’Italia.

Giunge a Sassari a vent’anni, quando i suoi vi ritornarono alla fine della guerra.

Subito iniziò ad insegnare disegno ed entrò in contatto con alcuni dei più importanti artisti sardi, partecipando ad una mostra collettiva nel 1950.

Nello stesso anno nacque il figlio Igino Panzino, in seguito divenuto egli stesso un affermato artista.

Solo nel 1959 espose i suoi lavori in una mostra personale a Sassari e solo nei primi anni settanta lasciò la Sardegna per esporre in diverse città italiane e soprattutto a Roma. Cominciò allora a raccogliere premi e riconoscimenti in tutta Europa.

Nel 1978 andò a vivere in Catalogna a Barcellona, e poi, per diciotto anni, in Francia, stabilendosi, via via, in diverse città della Provenza.

Rientrata in Sardegna nel 1996, continua a lavorare con passione e a produrre le sue opere, spesso di grande formato, fino alla più tarda età.

Un’artista che appartiene a quella coraggiosa generazione di donne capaci di rompere le barriere dei generi che anche nel mondo, falsamente libero, dell’arte erano solide e protette da un maschilismo diffuso.

La pittrice ha percorso le strade dell’isola per portare un’arte sempre amata, la descrizione di un’isola mitica ma capace di ritrarre anche il suo volto più vero, fatto di donne e pastori, bambini e meravigliosi cavalli.

Si è spenta a 96 anni il 5 settembre scorso.

La diffusione della sua pittura è un ricordo continuo di Liliana Cano, una personalità e una produzione generosa come era la sua anima. Un’artista che andrebbe ricordata e onorata con la frase di Matisse: “Oggi ho scoperto la pittura e ho scoperto la felicità”.

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Un commento

  1. Cara, la mia insegnante, la ricordo con tanto affetto e stima

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