di TONINO OPPES
Cagliari rende omaggio ad Antonio Corriga nel centenario della nascita con una grande mostra allestita nelle sale dell’Exmà, dal 3 fino al 31 dicembre: è un’esplosione cromatica quella che si può ammirare nelle cinquanta tele (molte esposte al pubblico per la prima volta) firmate da uno dei protagonisti dell’arte sarda del secondo Novecento.
Curata dalla figlia Sabina e dal regista Antonello Carboni (con il contributo della Fondazione di Sardegna, in coproduzione con la società cooperativa Sémata), “Luce di colori” si trasforma in una galleria “di ricordi, di storie intime perché riservate agli affetti più personali, alle donne e uomini che lo hanno accompagnato nel viaggio della sua vita” sempre intensamente vissuta all’insegna della sardità.
Ecco perché osservare i suoi quadri è come ammirare affreschi di una Sardegna capace di custodire gelosamente la propria storia, le tradizioni, la memoria come bene identitario: sagre, processioni, paesaggi, il lavoro, la festa condivisa, ma soprattutto ritratti ricordano storie di donne e di uomini che vivevano in paesi poveri ma ricchi di umanità. Tutte le opere hanno la stessa matrice: sono frutto del desiderio dell’artista di descrivere la Sardegna più autentica, con pennellate possenti e con la forza dei colori che sapeva accostare con straordinaria efficacia, esaltando le diverse sfumature.
Atzara, dove era nato, è stato il luogo in cui è esplosa la sua vena artistica. Era poco più che bambino quando nel piccolo centro del Mandrolisai arrivarono giovani artisti dalla Spagna: erano i costumbristi che nelle strade del centro, nelle colline colorate dai vigneti dai quali si produceva un ottimo vino “tinto” trovarono il luogo d’incanto per la loro ispirazione.
Erano arrivati ad Atzara sulle tracce dei grandi viaggiatori del passato: cercavano la Sardegna più austera e custode del proprio passato, capace di regalare sensazioni forti, luci e soprattutto i colori dei costumbres.
La trovarono lì l’ispirazione, lontano dalle linee di comunicazione, in un fazzoletto di terra accarezzato dal sole, a volte sferzato dal vento, di sicuro dominato dai grandi silenzi. Tutto quel mondo veniva racchiuso negli abiti della tradizione, negli sguardi dei vecchi, nei volti severi delle donne, in quelli pieni di speranze dei giovani, nelle vie Crucis, nel lavoro nei campi, nel folklore, nel centro storico di impronta medievale.
Fino ai primi decenni del Novecento, il borgo del Mandrolisai diventa così il cuore dell’arte in Sardegna. A osservare i costumbristi arrivano i più grandi artisti sardi del periodo: Biasi, Figari, Melis, Ciusa, Floris, Ballero, Dessy.
Antonio Corriga è un bambino curioso, osserva…, e – come è giusto che sia per ogni bambino- si nutre di sogni ma soprattutto di arte. È ancora alle Elementari quando un suo dipinto viene notato da Filippo Figari. A quattordici anni è già alla Scuola d’arte di Sassari dove frequenta Salvatore Fara, Costantino Spada e Antonio Atza. Poi gli studi a Firenze e il ritorno in Sardegna. Insegna alla scuola professionale di Oristano dove si batte per la nascita dell’Istituto d’arte.
Si cimenta, e anche in quel campo raggiunge ottimi risultati, con la ceramica; sempre vicino agli artigiani, Antonio Corriga guida per anni l’istituto sardo per il lavoro artigianale senza mai smettere di dipingere. Sono anni di grande fermento per l’artista. Partecipa a centinaia di mostre, espone in moltissime città proponendo sempre la sua amata Sardegna, quella dell’interno con i suoi campi, quella delle coste ma qui non è il paesaggio l’elemento dominante della sua scelta pittorica: le pennellate sono dedicate alle attività, la pesca prima di tutto. E poi ecco il sacro e il profano, il folklore e le tradizioni che sono un prodotto della storia; infine i ritratti.
Ha dipinto per oltre sessant’ anni fino agli ultimi giorni della sua vita (è scomparso nel dicembre del 2011) lasciando un’enorme quantità di opere custodite in musei, banche, collezioni private e nelle chiese: di particolare rilievo le opere sacre custodite a Fonni, Gavoi, Nuoro, le pale d’altare realizzate per San Sebastiano a Oristano e per il santuario di Bonaria a Cagliari.
La pittura e i sogni, che spesso si traducevano in battaglie hanno tracciato la sua esistenza. Proprio un grande sogno, custodito da quando era bambino, è stato realizzato negli ultimi anni della sua vita: la pinacoteca di Atzara dedicata al pittore costrumbista spagnolo Antonio Ortiz dove si possono ammirare anche alcune sue tele donate al paese che lo ha visto nascere e crescere; dove tornava sempre più spesso quasi volesse riannodare i fili della sua infanzia. Un altro segno tangibile dell’uomo generoso e del suo grande amore per il luogo in cui era nato.
Bellissima mostra davvero
Dove per favore?