Ferdinando Buffoni
di LUCIA BECCHERE
“Medico dei poveri” recita l’epigrafe apposta sulla tomba di Ferdinando Buffoni (1887-1965) al cimitero di Bitti. Primogenito di una famiglia numerosa, i genitori, i cui capostipiti provenivano da Carenno (Bergamo), erano dediti al commercio. Liceo classico all’Azuni di Sassari e Università a Napoli, aveva sposato Laura Tola, nobile e agiata, per tutti i bittesi era “dottor Buffoni mannu” per distinguerlo dai tanti omonimi giovani dottori.
“Ho un ricordo straordinario di mio nonno – dice la nipote Laura ex insegnante di storia delle religioni, nata a Sassari ma residente a Genova -. Una figura per me mitica, una delle persone più grandi che io abbia mai conosciuto per il suo modo di vivere la vita in maniera libera e originale. Carattere schivo – prosegue -, in apparenza burbero, rifuggiva dalle smancerie, per noi nipoti nutriva un affetto immenso. A Sassari, quando veniva a trovarci, si tratteneva poco perché abituato a vivere in libertà a Bitti. Spesso ci accompagnava al cinema e quando lo costringevamo a guardare il film due volte, non si sottraeva nonostante presentasse un deficit uditivo a causa dell’età avanzata. Più volte aveva espresso il desiderio di assistere al mio matrimonio, purtroppo è venuto a mancare tre mesi prima”.
La perdita del secondogenito Vito Peppe a soli 14 anni per una meningite tubercolare l’aveva segnato in maniera indelebile. In quanto medico, sentiva su di sé il peso di non essere riuscito a salvarlo. Di questo lutto che aveva devastato la famiglia a casa se ne parlava poco. Il ragazzo studiava in convitto a Sassari, il padre era andato a trovarlo e accortosi della gravità del suo stato lo ricondusse a casa. Una disgrazia terribile. Un vuoto mai colmato nonostante il primogenito Salvatore, consigliere di Cassazione a Roma e primo presidente di Cassazione a Cagliari, gli avesse regalato 4 nipoti e molte soddisfazioni.
Viveva la professione come una missione. Era un medico d’altri tempi. Raggiungeva i pazienti di Lula e Onanì a cavallo. Se necessario interveniva senza remore anche in disaccordo col paziente, di fronte a qualsiasi necessità esercitava con coscienza il suo dovere di medico.
Lo raccontano alto, snello, bruno e capelli brizzolati. Portamento distinto. Amava leggere. Si accompagnava col bastone non per necessità ma per abitudine.
Ogni giorno si recava a su ‘e leone, un grosso appezzamento di terreno nelle vicinanze del paese dove si coltivava di tutto, un vero giardino che oggi ospita il Bittirex, il parco dei dinosauri, che ogni anno annovera un gran numero di visitatori provenienti da tutta la Sardegna.
Figura di grande cuore, ha amato molto la sua terra e la sua gente, ma soprattutto la sua famiglia. Ha contribuito tantissimo affinché i fratelli si affermassero negli studi. I suoi anziani pazienti ricordano ancora la sua generosità e la sua integrità morale e benché di poche parole, tutto il paese lo conosceva, aveva molti amici e volentieri si intratteneva con loro a bere un buon bicchiere di vino. Un giorno, durante una delle sue consuete visite al cimitero, così salutò il becchino che spalava la terra: “Oje ite ses fachenne”?
“Carraglianne sas mancantzias de sos dottores” rispose l’uomo con scherzosa allusione ai medici che non li avevano salvati.
“As rejone tue puru, custa puru cheriat nata”. Rispose con sofferta constatazione su dottore.
“Con me era particolarmente affettuoso – racconta ancora Laura -. Poiché il mio compleanno ricadeva il 5 di gennaio, mia madre non riteneva necessario farmi regali perché erano più che sufficienti quelli ricevuti per le festività natalizie, lui non era d’accordo e mi dava la busta con una bella cifretta.
Tutti gli anni a settembre, prima di riprendere la scuola, andavamo a Bitti a trovare i nonni e immancabilmente a sa ‘e leone. Lungo la strada del ritorno, sollevando il bastone nonno fermava i carrulantes che transitavano lungo la strada per farci ricondurre in paese a carru. Un divertimento pazzesco”.
Ferdinando Buffoni ha dato tanto al paese, soprattutto ai poveri. Tutti avevano rispetto e ammirazione pro su dottore. Dopo il suo pensionamento, accompagnandosi con Floch, il suo setter bianco, visitava i vecchi pazienti che non riuscivano ad accettare il nuovo medico. Quando è mancato, il povero cane per tanto tempo ha continuato a fare il giro di tutte le case dove era solito recarsi col padrone.
Morì d’infarto nel 1965 precedendo di qualche anno l’amata moglie. Al suo funerale, presenti molti giovani venuti a porgere le condoglianze ai familiari di su dottore per conto dei genitori troppo anziani.
Già insignito dal Sindaco Giovanni Azara della medaglia d’oro al valore, negli anni settanta il comune di Bitti gli ha intitolato la strada che dal corso porta alla casa che gli era appartenuta, oggi Via Ferdinando Buffoni.
Commossa. Bellissimo ricordo!💕