di DANIELA DALIA
La Sardegna, si sa, non è solo mare. È una meraviglia che conduce a nuove scoperte ogni volta che si cerca di carpirne i segreti. È terra millenaria e misteriosa, racchiusa dentro immagini di nuraghi, fortezze inespugnabili, che racchiudono ancora il fascino di tesori impenetrabili.
Ichnusa, orma di piede: così l’avevano denominata i fenici intorno al X secolo, proprio per la conformazione dei suoi confini territoriali che riconducevano a una somiglianza con l’impronta di un piede.
La Sardegna racchiude tradizioni e riti a volte ancestrali, che catturano e affascinano. In ogni paese e città si svolgono le feste tradizionali, in occasione soprattutto del santo Patrono, che veicolano sapori, profumi e colori. Infatti, sono opportunità per riappropriarsi delle usanze antiche, sia nell’indossare i costumi tradizionali sardi, sia nella musica e nel cibo. L’arte la fa da padrona con il tessile, la ceramica e la scultura. Una vocazione millenaria, come testimoniano le statue dei Giganti del XIII-IX sec. A.C. e i bronzetti risalenti all’incirca allo stesso periodo. Sculture di diversa foggia, materiale e dimensione.
L’antica arte che testimonia la fervida creatività e il sapiente lavoro della gente sarda. In occasione delle feste popolari si allestiscono mostre che inducono il visitatore alla scoperta delle antiche botteghe artigiane sin dalle origini e delle tradizioni a esse legate. In questo periodo dell’anno le feste si susseguono in un carosello frenetico capace di catturare la curiosità, l’attenzione e richiamare il senso di identità. Si riscopre in modo festoso l’orgoglio di appartenere a una terra indomita che, anche nei suoi silenzi, riesce a testimoniare la sua forza, muta e perenne come quella delle antiche pietre dei Dolmen.
Le feste rappresentano, quindi, l’occasione per divertirsi certo, ma anche per compiere quel cammino di riscoperta delle proprie radici e recuperare il senso di appartenenza. La memoria riaffiora così grazie alle rievocazioni storiche, sociali e culturali. Allora ogni viandante si trova sospeso nel provare meraviglia in un turbinio di sensazioni, quando ignaro si trova a essere spettatore di processioni festose i cui colori sono un gioco di contrasti negli abiti dei figuranti o nella bardatura del giogo dei buoi che, faticosamente, vengono guidati nelle vie del paese. Le sagre si alternano alle feste più tradizionali per poi presentarsi come rievocazioni storiche di avvenimenti che hanno visto il popolo sardo combattere per la propria libertà.
Ogni piccolo paese e ogni grande città ha da offrire la propria testimonianza e sempre più frequentemente essa diventa momento atteso, progettato e realizzato con sentimento e grande volontà. Si recupera la consapevolezza di appartenere a un territorio che ha molteplici aspetti e che non è solo mare: è terra brulla e arida, è ora verde e poi gialla, come i campi coltivati a grano; è solitaria nelle greggi che pascolano lente; è dinamica negli ingranaggi delle fabbriche; è fiera nel suo ardore quando le barche dei pescatori prendono il mare. E così, nelle feste ci si ritrova a fare su ballu tundu tenendosi per mano e muovendosi al ritmo cadenzato di una piccola fisarmonica e non importa se non si conosce chi sta vicino: ci si unisce per ballare e divertirsi. Come per incanto ci si trova immersi in un altro tempo e in uno spazio diverso, dove la realtà e la magia rappresentano entrambe, e insieme, le mille sfumature di una terra antica.