TORNA IN LIBRERIA CIRIACO OFFEDDU CON IL SUO ROMANZO N.N. (NOMEN NESCIO): LO STUPRO COME ATTO DI POTERE SULLE DONNE, L’ANAFFETTIVITA’ UNA REAZIONE ALL’ABUSO SUBITO

Ciriaco Offeddu

di LUCIA BECCHERE

Il libro si propone con tutta la sua devastante carica umana di una bambina abusata e di sua figlia. Trattasi di una storia vera che induce il lettore a riflettere sugli avvenimenti magistralmente narrati.

Già nelle sue precedenti opere, Offeddu si era rivelato un grande conoscitore dell’animo umano, quello femminile soprattutto di cui riesce a scandagliare le pieghe più profonde come pochi sanno fare. La sua è una scrittura curata che niente lascia al caso e i personaggi abilmente introdotti nel testo si muovono mettendo a nudo situazioni e stati d’animo così coinvolgenti da catturare l’attenzione dall’inizio alla fine.

Il lettore di fronte all’orrore di uno stupro consumato fra le pareti domestiche, scopre che l’uomo è carnefice impunito perché anche la famiglia diventa complice in quanto incapace di intervenire e di fronte a questo non può non provare disgusto e sgomento.

La strada della bambina abusata è ormai segnata, non può sfuggire a se stessa, la vita le presenta le sue molteplici facce e la fa naufragare alla ricerca di quel passato che si porta dentro, da cui non può sfuggire. La sofferenza e il rimorso per non aver saputo e potuto fare fino in fondo quanto sarebbe stato giusto fare, la proietta in una continua ricerca di identità, ma la strada da seguire non è mai facile perché la strada è in noi stessi, inutile cercala altrove. 

Assunta, questo il nome della protagonista, è vittima incolpevole e inconsapevole, eppure sente di dover espiare le conseguenze di chissà quali colpe che trovano nutrimento nella sua anima ferita fin dal momento in cui quel cordone ombelicale che univa madre e figlia, si è spezzato al primo vagito.

Eppure solo l’amore, in tutte le sue forme e manifestazioni può essere d’aiuto per andare avanti. Il richiamo del sangue ci dice che non siamo soli, ci aiuta ad amare, a comprendere, a perdonare.

La storia narrata è molto dura, ma l’autore che non si sottrae alla riflessione e alla umana comprensione, riesce ad alleggerire la tensione del lettore di fronte a questa brutta storia di violenza, miseria e degrado.

Perfino l’anaffettività di Assunta suscita attenzione e vicinanza per questa madre che di affetto ne ha avuto ben poco, ma che a modo suo sente di darne.

Ciriaco Offeddu, 74 anni, ingegnere elettronico nuorese, ex amministratore delegato e presidente di multinazionali in Italia e all’estero. Ha pubblicato diversi romanzi e vari saggi su internazionalizzazione, strategia ed economia e ha diretto documenti culturali.

Ingegner Offeddu quale messaggio ha inteso veicolare?

“In realtà ho voluto fare un libro di letteratura e non di cronaca, non un instant book, libri che oggi vanno per la maggiore, la cosa che mi interessava era partire da un particolare per fare un qualcosa che fosse il più universale possibile. I problemi di abuso, di identità di cui io parlo c’erano prima, ci sono adesso e sono problemi universali, quindi a me non interessava pescare nel torbido, ma uscire dallo specifico e dallo stereotipo”.

Lei non dà giudizi e questo è molto bello perché non ha pregiudizi su persone o fatti, racconta la storia lasciando spazio alla sensibilità e alla riflessione del lettore.

Certo, sto cercando più che altro di entrare nella psicologia dei personaggi. Gli ultimi libri che ho scritto, Suelita, Francesca, Apollinarija e Rechella, sono basati essenzialmente sulla psicologia femminile, perché a me piace scandagliare l’universo femminile e questo è stato il mio intento. Ho fatto numerose ricerche e interviste anche sui casi psicologici di tante persone che sono state abusate che hanno avuto figli e a me interessava analizzare soprattutto queste due figure: Assunta e Angelina. Fare emergere i sentimenti e il loro modo di essere, che sono delle conseguenze e delle reazioni a dei traumi, ovviamente”.

A proposito di reazioni, una conseguenza o reazione agli abusi è l’incapacità di dare amore. Assunta è talmente ferita che non riesce ad amare.

“Si è così, l’anaffettività è il tentativo di sfuggire da ricordi di esperienze dolorose, è l’incapacità patologica di chi ha subito degli abusi che non riesce ad esprimere le emozioni che pur prova. ma che restano represse e non espresse per cui il soggetto pensa di non dover dare affetto e di non doverlo neppure ricevere perché non lo merita”.

Sul momento in cui Assunta e Manuela, madre e figlia, si confrontano scrive forse le pagine più belle del suo libro, quello è l’episodio in cui anche lei, autore, cede il passo alla poesia del sentimento.

“Assunta non riesce a comunicare i sentimenti, che ci sono e sono fortissimi, ma si affollano dentro e creano turbamento. Di certo si sa che l’incapacità di veicolare i sentimenti è la cosa più drammatica. Infatti molte persone, proprio per questa incapacità, restano anaffettive e Assunta proprio per questo tratto caratteristico non comunicava. Non è stata amata e non ha saputo amare. Però questo muro di ghiaccio si è infranto dopo il dialogo con la figlia che con grande dedizione l’ha portata a prendere coscienza delle cose e a farla venire fuori. Proprio in quel frangente lei riscopre, dopo un lungo periodo, di essere stata madre di altri due figli oltre Angelina, la figlia di cui andava alla ricerca”.

E’ più indulgente con l’universo femminine o con quello maschile?

Sia da parte di mia nonna materna che paterna sono nato in una famiglia molto matriarcale, sono vissuto in mezzo alle donne che stimo e adoro, per cui a me piace tutto di questa esplorazione dell’universo femminile, ma non sono né più né meno indulgente verso gli uni o verso le altre. Gli uomini sono più monolitici, più statici, meno interessanti secondo me, mentre il mondo femminile è molto più complesso, più variegato e si conosce di meno e quindi è bello fare questa scoperta. Non ci sono lati negativi e lati positivi, non ci sono delle categorie, a me piacciono le persone e chiaramente se devo scrivere preferisco parlare di una donna”.

Il nonno, un predatore seriale che abusava anche della mamma della bambina, è una figura squallida e abominevole. Lei dice di aver fatto degli studi al riguardo, perché avviene?

“Questo è normale quando da una parte ci sono persone malate e dall’atra, codardia e acquiescenza di altri familiari, di esseri deboli che pur di stare tranquilli accettano l’abuso. C’è uno che prevarica, ma c’è anche uno che si lascia prevaricare. In questa storia c’è una madre che è combattuta fra l’orrore che la figlia venga stuprata dal nonno e il suo quieto vivere, anche da parte degli uomini intendiamoci, è tutta la famiglia acquiescente. Senza voler entrare troppo nello specifico, gli studiosi sostengono che generalmente in una famiglia non c’è solo un abuso ma ci sono più abusi, c’è un effetto travolgente e terrificante. Stupro come atto di potere sulle donne”.

Nel libro si intravede una sorta di riscatto perché l’artefice di tanto male ad un certo punto scompare. Cosa succede?

“Lo stupratore viene eliminato da estranei, cioè dalla società e non da parte della famiglia che è scappata, perché quando si è complici non se ne esce per paura di essere la prossima vittima. In casi simili il riscatto mai avviene dall’interno e infatti nel caso in questione è venuto da fuori”.

A suo avviso, quali le cause?

“Le cause possono essere diverse: degrado, isolamento, subcultura e indigenza. A mio avviso si tratta di incultura totale L’incesto trova terreno fertile nei luoghi isolati, chiusi e la famiglia diventa complice. La bibliografia medica vede questi casi perché studia l’insorgere di tutta una serie di patologie, malattie rare recessive perché la consanguineità aumenta le possibilità di trasmissione, alla generazione successiva, di alcuni tipi di malattie ereditarie e non certamente perché la gente parla. Purtroppo simili fatti sono sempre avvenuti. Adesso saltano fuori e se ne parla, allora non se ne veniva a conoscenza perché parlare d’incesto non si poteva, la parola incesto veniva bandita perfino dai tribunali e non solo le vittime, ma tutta la generazione scontavano l’onta per tutta la vita. La famiglia diventava una famiglia baccata”.

Perché Angelina ha scelto una doppia vita?

“Nelle persone le reazioni sono diverse, tantissimi abusati diventano abusanti e tante persone che hanno avuto problemi di identità poi si rifugiano in altri paradisi. Poi alla fine lei si riscatta”.

Contrariamente a quelle che sono le aspettative del lettore, il testo lascia la soluzione finale aperta. Perché?

“L’happy ending (il lieto fine) non è che succede sempre, nella vita ci sono delle fasi molto più lunghe. Se lei non si riconcilia con la madre, non è che non lo voglia, magari le ci vuole molto più tempo, magari lo farà in un secondo momento, ora si sta dando delle priorità e la sua priorità è quella di stare con Vicente. Mentre la madre, grazie alla figlia Manuela ha raggiunto una sua identità, è pronta ad accettare molto di più la situazione, la figlia l’ha subita in modo decisamente più traumatico perché non se lo aspettava, ignorava tutto sull’esistenza di una madre e di due fratelli e forse proprio per questo necessita di più tempo per metabolizzare il tutto. E’ questo il motivo per cui ho lascito aperto il finale”.

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