di LUCIA BECCHERE
“Minori e tecnologie. Qual è l’età giusta” il tema del convegno promosso alla Biblioteca Satta dal Lions club Host Nuoro. Relatori il Prof. Alberto Pellai, medico psicoterapeuta e la Prof.ssa Barbara Tamborini psicopedagogista.
“Quale impatto – si è chiesti Pellai – produce la tecnologia sull’età evolutiva e quale progetto si vuole mettere a disposizione dei figli in relazione alla loro realtà digitale”. Ha spiegato come negli ultimi 10 anni, i genitori si siano sentiti privi di strumenti per tenerli sotto controllo e inadeguati ad esercitare la loro autorevolezza educativa di fronte ai figli che presentano due vite, una virtuale e una reale. Al riguardo sostiene che l’accesso ai dispositivi digitali deve essere limitato fino ai 13 anni, sia da educatori sia da genitori che spesso non riescono a fronteggiare le insistenti richieste dei figli. Quando la tecnologia entra massicciamente ad uso personale nella vita dei minori, quello che poteva essere una risorsa si trasforma in un “potente distrattore”.
Per Pellai si tratta di droga digitale, crea astinenza, manifestazione di rabbia e violenza. La dipendenza da questi strumenti demotiva il figlio ad andare verso un successo evolutivo, come se un campo magnetico negativo attraesse la sua mente perché gli strumenti sono ambienti all’interno dei quali il bambino è trasportato da una gratificazione istantanea che lo cattura e lo proietta in una dimensione irreale dove crede di avere in mano la potenza del mondo.
“E’ quanto successo con il Covid – ha affermato lo studioso – che ha generato l’idea di ambienti virtuali dove si sentivano potenti investendo tutte le loro energie (sindrome di Hikikomori) e non intendevano uscire dalla loro casa virtuale perché più gratificante. Questo è il rischio più grande nei soggetti in età evolutiva. Il genitore- ha proseguito ancora Pellai – si sente disarmato di fronte ad un figlio preadolescente, in un’età di trasformazione, il suo cervello emotivo prende il sopravvento mentre quello cognitivo rimane ancora profondamento immaturo. Sono gli scienziati a sostenerlo e poiché la maturazione del cervello cognitivo avviene fra i 14 e 16 anni, è fondamentale che nostri figli siano coinvolti in delle attività stimolanti per delle funzioni che devono ancora maturare”.
“Perché ritardare di dotare un figlio di uno strumento portatile di proprietà? – Si è domandata la Tamborini nel suo intervento -. E utile farlo coi bambini di 8/9 anni che spesso lo ricevono come dono della prima comunione o cresima proprio dai genitori che in questo modo sdoganano la vita online dei figli? A noi adulti ci va bene?
Prima di illustrare le motivazioni da tener presente se dotare o meno dotare gli adolescenti di uno smartphone, la professoressa si è chiesta ancora se, per la sua complessità di stimoli e funzioni da esplorare, sia uno strumento specifico per la preadolescenza e quale la probabilità del successo scolastico. Rifacendosi ad indagini sul campo, ha spiegato come il dispositivo tecnologico non sia sufficiente per migliorare l’apprendimento, in quanto strumento integrativo mai sostitutivo della motivazione allo studio. Manca di relazione reale, condizione indispensabile per l’apprendimento. Si è poi nterrogata anche sul problema della salute, del sovrappeso, della miopia infantile, della disfunzione del sonno, della diseducazione sessuale e della dipendenza.
“E’ importante – ha concluso – l’attenzione e l’intervento dei genitori che per farcela devono fare squadra, condividere esperienze, visioni e progetti”.