“SONO FRANCESCO” E “IL GENOCIDIO DEI SINTI E DEI ROM”: AL GREMIO DEI SARDI DI ROMA CON EDITH BRUCK E ALESSANDRA PERALTA

di LUISA SABA

Sono Francesco, edito dalla nave di Teseo nell’ottobre del 2022, racconta la storia dell’incontro di due anime, quella di Edith Bruck e di Jorge  Maria  Bergoglio, Papa Francesco . Lei, novantenne di origine ungherese, come ebrea ha conosciuto il ghetto, è sopravvissuta alla deportazione nei campi di concentramento di Auschwitz. Dachau, e dopo un lungo pellegrinaggio ha trovato in Italia accoglienza e affetti che le hanno permesso di esprimere il suo grande talento di scrittrice, poetessa, traduttrice, sceneggiatrice, autrice di testi teatrali e giornalista. Tra le sue opere la autobiografia, scritta nel 1959, “ Chi ti ama cosi” ,i racconti ,” Andremo in città “, Romanzi , “Le sacre nozze”, “Lettera alla madre” 1988,” Nuda Propietà”, 1993, “Privato “ , “La donna dal cappotto verde”, 2012,   “la rondine sul termosifone” , 2017, “Ti lascio dormire”, “ il Pane perduto”, 2021, “ Tempi”  e , ultimo, sono Francesco . La passione per la scrittura in lingua italiana ,nei suoi molteplici  aspetti letterari, si collega a due profonde motivazioni che  Edith rivela nel Il pane perduto e in Tempi  : la prima nell’aver  trovato nella lingua italiana la ricchezza e  la gentilezza che corrispondono al suo profondo sentire e ne hanno fatto la sua vera lingua “madre”, il linguaggio  di elezione che le permette di trovare  parole e suoni che rispondono alla sua sensibilità poetica e musicale, la seconda motivazione nel parlare in  questa lingua il suo amore per Nelo Risi, l’uomo della sua vita, con cui ha condiviso la passione per la poesia, la musica, la bellezza dell’arte e della natura.  C’è tuttavia un’altra ragione, che Edith confessa in “ Sono Francesco”, che solo  lo scritto, la paziente carta ,come la definisce ,  le permette di raccogliere  emozioni e domande, rispondono al  bisogno di confidenza ,alla necessita di sciogliere l’amarezza  del suo “amaro  Dna ebreo”. Non potrebbe raccogliere le sue emozioni  la sua sorella battagliera, eroica guerriera che difende a denti stretti la identità ebrea, quella che le ha fatto da vice madre e le ha più volte salvato la vita, non avrebbe potuto la madre, severa e rigida conservatrice esclusiva  della lingua della tradizione  ebraica, mentre può farlo la scrittura in lingua italiana,  aperta e armoniosa,  con forti legami con la storia e le radici delle comunità che ne hanno fatto una lingua inclusiva per  persone di diversa provenienza.  Per questa ragione Edith Bruck fa oggi parte della Società Dante Alighieri ed è oggi impegnata a dare vita ad uno spazio di confronto dedicato ad autori stranieri che scrivono in lingua italiana.

L’esperienza drammatica che   Edith racconta, valorizzata e scandita dalla  lettura di alcune pagine del libro da parte della bravissima attrice Stefania Masala,   parla di un paradosso ,  che con la ragione si fa fatica a capire, di come, da una condizione esistenziale  estrema, quella del lager,  segnata dall’ assenza di qualsiasi  umanità e dal silenzio di Dio, siano nate  invece  luci che misteriosamente hanno illuminato  e cambiano storie segnate dall’odio e dall’impotenza.  Papa Bergoglio  si emoziona al racconto delle “ luci “che hanno trasformato la drammatica  esperienza  vissuta  nel lager da Edith Bruch e vuole  conoscere questa anziana donna nelle cui  parole ha sentito la presenza di  una straordinaria forza  luminosa; chiede al giornalista Monda di metterlo in contatto con la scrittrice. Inizia così la storia di un incontro tra Francesco, Vescovo di Roma, e una persona sopravvissuta alla Shoah che a 90 anni prosegue  la  testimonianza del genocidio delle vittime innocenti del nazismo  insieme alla ricerca incessante di senso e di Dio nascosta nelle vicende narrate.  Dagli incontri tra il Papa ed Edith nasce una amicizia commovente, punteggiata da incontri   raccontati in ”Sono Francesco”, che  è  la maniera semplice e familiare con cui il Papa  annuncia personalmente  al telefono la sua visita alla scrittrice.  Avevamo già incontrato  al Gremio dei sardi, nel 2020,  poco prima del lock down  Edith Bruck per parlare del suo libro il Pane perduto, ed ora ci ritroviamo col lei ancora il 27 gennaio, giorno della memoria, per farci raccontare la storia di questa amicizia maturata con Papa  Francesco  negli anni  recenti . Olga, aiutante Ucraina di Edith, testimone anch’essa dei martirii che in questi tempi colpiscono la sua terra, è oggi la compagna che condivide con Edith l’amicizia con Francesco. Altri Papi ha conosciuto Edith, ma uno solo prima di Francesco le ha toccato il cuore, il Papa Giovanni che nella” Nostra Aetate”, pubblicato poi da Paolo VI, aveva assolto gli ebrei dall’ accusa di  deicidio, rendendo finalmente giustizia al popolo ebreo! Tuttavia, Francesco va oltre il perdono e denuncia la ignoranza ed il perdurare dei pregiudizi di molti i cristiani nei confronti dei fratelli ebrei. I temi toccati nelle visite riguardano la poesia, che Francesco ama come Edith, un libro di poesie che il Papa aveva visto sul tavolo e che lei gli dona prima ancora che sia stampato, l’interesse per quello che Edith fa nelle scuole portando ai giovani la sua testimonianza. E poi la richiesta di preghiere a Dio …. Ma quale Dio si chiede Edith?  Quel Dio dalla cui volontà tutto dipende, come sosteneva la mamma di Edith contraddicendo aspramente  suo padre per il quale invece tutto ciò  che accade dipende dall’ uomo.

 Edith era d’accordo con suo padre, che essendo stato in guerra prigioniero durante la Prima guerra mondiale conosceva della vita e degli uomini le vicende più dolorose che la guerra comporta, mentre sua madre conosceva solo le pareti di casa e la sinagoga dove andava a pregare una volta la settimana. Francesco   certamente sarebbe piaciuto a suo padre che era taciturno e non sapeva pregare, come essa stessa non sa fare, e sarebbe piaciuto anche a suo marito che in chiesa entrava solo per vedere le opere d’arte. Persona profondamente laica, il suo Nelo,  agnostico ma  dotato di una religiosità fatta del rispetto della vita di ogni essere vivente, fosse quella di una mosca o di un piccolo topo scovato nell’angolo di una stanza

 Quando Edith si chiede se Papa Francesco sarebbe piaciuto suo padre apre uno spiraglio del suo rapporto col il padre giramondo tra una guerra e l’altra e un Papa che gira il mondo per la pace, e che nell’incontro a Santa Marta le regala  una sciarpa bianca che le avvolge nelle spalle come il thaled che suo il padre portava durante le cerimonie religiose. L’umanità la  tenerezza di Francesco sciolgono quella che Edith chiama la durezza del suo DNA ebreo! L’empatia con Franceso crea una intimità fraterna: Come va il ginocchio? Fa   male   anche il mio, ma la testa funziona e questo è importante! Lei si opera o fa solo fisioterapia? Le emozioni provate in questi incontri sono fortissime. Con chi parlare delle parole straordinarie e della tenerezza che l’amicizia con Francesco rende possibili? Non certo con sua sorella, donna combattente, eroica combattente ebrea che desiderava essere sepolta nella terra pRomessa, donna fiera e orgogliosa della sua identità, così diversa da Edith! Non alla nipote, persona sensibile ma così lontana ogni volta che qualcosa la turba e sente il bisogno di raccontare. Edith allora si rivolge alla carta che la ascolta con pazienza, la carta paziente come lei la chiama: il rapporto con la scrittura diventa una salvezza e un modo per mettere la sua umanità nelle mani e negli occhi di chi la vuol leggere.

Ciò che colpisce Edith e il trovare nella figura di Francesco una dolcezza ed una tenerezza, una umanità espressa anche in piccoli (!!) gesti   che sciolgono il suo cuore fino a farle scendere lacrime di commozione. Avviene così quando si spezzano e a vicenda si mettono in bocca pezzi del pane che Edith e la sua aiutante ucraina Olga hanno portato in dono nella visita a santa Marta, (pane che rievoca il pane perduto del Romanzo della scrittrice).  Grazie del pane, lo assaggiamo assieme ma il resto io lo tengo, dice il Papa Quando ci rivediamo? Ho letto le poesie, sono bellissime, la poesia mi piace molto … e l’amicizia tra i due cresce, tra una visita e l’altra d’Europa conosce i venti di guerra, Olga, l’aiutante di Edith, ha la famiglia in Ucraina testimone di martirii recenti, Non bisogna dimenticare, chiede Papa Francesco, grazie Edith per quello che racconta e dice ai giovani, portatori di speranza, bisognosi di luce! Ed ecco che il tema che aveva spinto Francesco a conoscere quella donna che in maniera straordinaria aveva raccontato delle luci che le avevano permesso di non soccombere nel buio dei lager riaffiora come bisogno di trovare insieme, da fratelli, le luci che possono rischiarare e indicare una strada di pace agli uomini d ‘oggi.  Il clima in cui nascono  le riflessioni a cui ci porta Edith Bruch  e già illuminato da due luci, quelle   rappresentate dalle ultime encicliche di Papa Francesco , Laudato si e Fratelli Tutti, ispirate alla ricerca di connettersi alla  terra bene comune  da preservare e difendere, e alla fratellanza umana come riconoscimento di un bisogno comune  di  giustizia e pace , e quella accesa dal dialogo interreligioso che vede credenti di diverse tradizioni e orientamenti religiosi dialogare nella ricerca di  valori che  possano superare contrapposizioni e pregiudizi .

Nella seconda parte dell’incontro dedicato alla Memoria, alla insegna dell’ impegno culturale che il Gremio si è dato di ricordarla in ogni evento dedicato ai giorni della memoria,  dopo la presentazione di Sono Francesco di Edith Bruck , viene trasmesso al Gremio  il documentario “ Genocidio dei Rom e sinti”, tratto  da  un’idea Di Pietro De Gennaro, autore Alessandro Greco, produttore esecutivo Luigi Bertolo e regista  Alessandra Peralta che da anni  segue gli speciali di Rai scuola sull’ Olocausto .

Un filmato doloroso e commovente che guarda dentro la storia del popolo Rom, il piu martoriato ed il meno difeso nelle vicende che hanno avvicinato in tempi recenti le minoranze di tutta Europa, nei luoghi più diversi ai temi della giustizia e dei diritti. 

In un mondo dove tutti sanno già tutto e i social raggiungono ogni angolo del mondo, poco o nulla si conosce dei popoli Rom e sinti. nonostante essi vivano con gli indoeuropei da migliaia di anni.

 Si sa che l’etnia proviene dall’India e che l’origine della parola “zingaro” deriva da “atsinganoi”, che in greco medievale significa gli intoccabili. Tuttavia, nel tempo il termine zingaro è diventato nell’ immaginario collettivo termine assolutamente negativo, carico di pregiudizi gravi, come nomade, ladro, criminale, che vive alla giornata e invade le periferie delle città.  Stereotipi e pregiudizi strumentalmente utili a chi ha portato avanti, e per certi versi ancora lo fa, discriminazioni razziali, etniche e politiche xeno fobiche. Una denuncia forte e accorata sulle condizioni   dei Rom e Sintici arriva dalla voce di Luca Bravi, che accompagna le immagini e i racconti  che nel corso del filmato fanno  testimoni e protagonisti sopravvissuti al genocidio di  oltre mezzo milione di persone, uccise   già ancora nei loro villaggi nel 1940, durante i rastrellamenti che precedettero l’editto di  Norimberga del 1942 e infine gasate barbaramente ad Auswitz  nel due di agosto del 1944. , Luca Bravi è uno storico che dedica la sua vita a far conoscere il porraimos ed d il  samuray pen (divoramento  e uccisione) di un popolo  che dopo il sacrificio di tanti martiri non ha avuto una voce che li ricordasse nel processo di Norimberga e ancora oggi aspetta che pari dignità venga data dalla storia al loro genocidio.

Emergono nel racconto le testimonianze di Santino Spinelli e del figlio Gennaro. Santino, un Rom italiano che oggi è Commendatore della Repubblica italiana, poeta ,compositore, musicista e scrittore ( ha vinto anche un premio Emilio Lussu), fondatore della Orchestra  europea per la pace, e suo figlio Gennaro Spinelli, concertista, compositore, saggista, attualmente Presidente dell’Unione delle Comunità Romanès in Italia, membro dell’Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali , UNAR ; nonché membro, il più giovane, dell’ International Romani Union, che nel 1918 lo ha nominato ambasciatore per l’arte e la cultura Romani nel mondo.

Il filmato della regista Peralta, nostra socia del Gremio, ha un triplice valore: invita a conoscere e a fare memoria della cultura Rom attraverso le testimonianze privilegiate , storie  di protagonisti autorevoli delle comunità Rom, apre alla conoscenza sulla  verità  negata del Samuradipen , l’Olocausto dimenticato delle vittime Romani , ancora oggi sconosciute, bambini ,genitori e intere famiglie  ammazzati poiché su di essi Mengele e i suoi soci aguzzini hanno fatto le sperimentazioni genetiche più azzardate e inumane, considerando i Rom una razza inferiore di cui si voleva conoscere, studiare e vivisezionare ogni caratteristica prima di annientarla completamente. Con l’atrocità che caratterizzava e caratterizza i delitti di chi pretende di difendere le purezze e la sicurezza di popoli che non tollererebbero le contaminazioni e sostituzioni etniche!

 IL filmato tende, pur nel tempo limitato di 22 minuti, a rendere giustizia a un popolo dimenticato sia per la persecuzione, i rastrellamenti, la deportazione e lo sterminio subiti  durante l Olocausto, sia per il contributo, semisconosciuto anche esso, che fu dato  da tanti Rom alla partecipazione alla lotta partigiana. Per sfuggire ai rastrellamenti le famiglie Romanes infatti si diressero con le loro carovane verso le montagne, dove conobbero i partigiani con cui spesso divisero le battaglie, come ricorda ancora  lo storico Luca Bravi,  che accusa  lo stato italiano, colpevole insieme ai nazisti ,durante la seconda guerra mondiale, dell’ eccidio dei Rom, di non aver mai chiesto scusa a chi ha pagato con la morte l’ odio nazista pur avendo  contribuito a difendere la libertà dei partigiani  unendosi alla loro lotta 

Ma soprattutto il documentario, con una appassionante colonna sonora di musiche tzigane, mostra come la memoria possa essere onorata e conservata attraverso la musica. Lo dice il lavoro del maestro Francesco Lotoro, un grande pianista e compositore impegnato da oltre trenta anni nella straordinaria impresa di costruire un archivio della musica sopravvissuta alla deportazione ed ai campi di prigionia.  Il maestro Lotoro recupera la musica scritta nei luoghi di cattività civile e militare tra il 1933, anno di apertura del lager di Dachau e il 1953, anno della morte di Stalin e liberazione degli ultimi prigionieri di guerra trattenuti nei Gulag sovietici. Un archivio unico al mondo, fatto di documenti, diari, quaderni, microfilm, produzioni musicali, interviste a sopravvissuti, saggi di musica e trattati musicali che propongono un modo nuovo di raccontare i capitoli più bui del Novecento.”La musica prodotta in cattività aveva poteri taumaturgici,  polverizzava le ideologie che stavano alla base della creazione dei lager e dei gulag, riuscivano momentaneamente ad unire vittime e carnefici, riportavano umanità nei siti di prigionia. Forse quella musica non salvava la vita di chi la creava, ma sicuramente salverà noi se potremo ascoltarla, dice Francesco Lotoro in un libro edito da Feltrinelli nel 2022,”Un canto salverà il mondo “, un viaggio nella musica che  parla più di qualsiasi altro fatto umano diventa così la testimonianza culturale  indelebile di un popolo la cui memoria non potrà più essere negata o cancellata.. Realizzato per le scuole, destinato ai giovani, documentari come questo sulla strage dei Sintie Rom impongono a noi tutti delle riflessioni importanti: come è cambiata oggi la condizione dei Rom? cosa  sono oggi i campi nomadi ? Un retaggio storico dei campi di reclusione nazisti e fascisti, spazi allontanati sempre di più dai centri delle città e relegati nelle periferie fatiscenti, privati dei servizi di base e delle condizioni adeguate per una vita minimamente decente, dove i bambini vengono spesso  strappati alle loro famiglie che non ne  consentirebbero una vita dignitosa, mentre  niente viene fatto perché questa dignità sia riportata dentro i campi stessi . Corruzione, degrado e illegalità vengono tollerati se non indotti per poter alimentare i giudizi spregiativi e gli interventi restrittivi di chi sbrigativamente liquida tutti i Rom  come quelli che rubano e sfruttano i bambini, attentano alla sicurezza  dei cittadini e macchiano il decoro delle città! Con la conseguenza che molti giovani Rom per evitare nuove discriminazioni scelgono di dissimulare le proprie origini, modificano i loro nomi e cognomi, evitano di parlare la loro lingua e sono i primi ad affossare la propria storia e memoria.

La scuola può fare molto per superare stereotipi e pregiudizi, a iniziare dal far conoscere la storia di un popolo dalle tradizioni soprattutto orali, che ha affidato alla musica, all’arte della danza, all’allevamento dei cavalli e alla lavorazione dei metalli la sua storia. il percorso e ancora lungo, se si pensa che ancora recentemente la Commissione ministeriale per le minoranze linguistiche ha negato identità alla lingua Rom|, perché queste comunità non hanno un proprio territorio.   L’Italia inoltre è il paese europeo dove l’insofferenza per i Sintie Rom è più diffusa, e molte ricerche italiane recenti mostrano come l’84% degli intervistati ha dato una risposta di antipatia verso la intera etnia Rom di cui pure afferma di non conoscere persona alcuna! Nessuno vorrebbe un Rom come vicino di casa, basandosi in genere su ciò che ha appreso tramite i media e i social, che spesso individuano nei Rom capri espiatori perfetti per alimentare paure e insicurezze.

 C’è molto lavoro da fare e di questo compito devono farsi carico scuola e mondo della informazione. Gli Spinelli indicano alcune direzioni da percorrere in due rilevanti saggi da poco editi e che vale la pena di conoscere: Gennaro Spinelli, Rom e Sinti, dieci cose da sapere People edit, Milano maggio 2022 , Santino Spinelli Le Verità negate , storia cultura e tradizioni della popolazione Romani , Meltemi edit, Milano  2021. 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *