di LUIGI ALFONSO
Tre donne, insieme, sono capaci di tutto. Se poi hanno affrontato a muso duro un tumore, hanno una forza che è inimmaginabile persino per loro. La sfida denominata “Marocco Expedition Women Challenge” non era roba da supereroi, ma neppure per gente che si piange addosso: si trattava di un raid in mountain bike, in sentieri impervi tra i deserti e le montagne del Marocco, dalla catena montuosa dell’Alto Atlante al massiccio vulcanico del Jebel Saghro, sino alla famosa Draa Valley. In tutto, 460 km. Per dimostrare, a se stesse prima che al mondo, che spesso l’impossibile è possibile.
Cuore, tenacia e spirito di rivalsa. Così tre donne sarde hanno combattuto e vinto una delle sfide più ardue che abbiano mai affrontato, a parte la malattia. All’inizio erano in quattro: Daniela Tocco, Donatella Mereu e Paola Zonza sono riuscite a partire ma, negli ultimi giorni della preparazione, Daniela Valdes ha dovuto rinunciare per motivi personali. Hanno accolto la proposta di Acentro per il sociale e, insieme, hanno deciso di iniziare un lungo, faticoso percorso fatto di visite mediche, allenamenti, diete bilanciate. Un adeguato addestramento tecnico, unito a una meticolosa preparazione atletica, ha permesso loro di ottenere il via libera dello staff medico-sanitario guidato dal dottor Marco Scorcu, responsabile di Medicina dello sport della Assl di Cagliari e responsabile sanitario del Cagliari Calcio. In Marocco invece era presente la dottoressa Rita Nonnis, chirurga senologa dell’Aou di Sassari, mentre la dottoressa Claudia Collu era la biologa-nutrizionista della spedizione alla quale hanno preso parte il coach Antonio Marino, l’esploratore estremo Maurizio Doro e Michele Marongiu: quest’ultimo, appassionato di ultracycling e amante dei viaggi-avventura in bicicletta, è stato l’ideatore dell’iniziativa. Si è ispirato alla storia di Tiziana Garau, un’altra malata di cancro, che rappresenta idealmente tutte le 182mila donne italiane a cui ogni anno viene diagnosticato un tumore (le nuove diagnosi di tumore tra gli uomini sono invece 195mila).
Paola Zonza ha 43 anni ed è sassarese. Alle spalle dieci anni di basket, prima di approdare in serie con la maglia della Torres femminile: quella, per intenderci, che vinceva gli scudetti a suon di gol realizzati da top player come Parejo, Carta, Guarino e Placchi. «Paoletta, come la chiamiamo noi, incarnava lo spirito delle sarde in gruppo con molti innesti della penisola. Era un elemento fondamentale per lo spogliatoio. Non mi meraviglia che sia riuscita in questa impresa», commenta l’ex presidente torresino Leonardo Marras.
«Quel mio trascorso agonistico mi è servito tantissimo», ammette Paola. «La Marocco Expedition è stata un’esperienza molto impegnativa, ma sono felice di avervi partecipato perché, durante la malattia, avevo dovuto abbandonare l’attività sportiva. Grazie a questa iniziativa mi sono ritrovata in un’altra squadra. Ero titubante, mi chiedevo come potessi interagire con loro: in fondo, io avevo fatto una certa esperienza negli sport di squadra, loro no. Invece mi ha stupito positivamente il loro straordinario cameratismo».
Donatella Mereu è originaria di Portoscuso ma cagliaritana d’adozione. «Non so esattamente che cosa temessi maggiormente, quando sono partita per questa straordinaria avventura», commenta. «Sicuramente lo sforzo fisico, anche se ho sempre amato lo sport all’aria aperta. La bici è arrivata in un secondo momento. Ma forse era prevalente la parte emotiva perché, a differenza delle mie compagne d’avventura, io ancora combatto contro un mieloma mentre loro, fortunatamente, sono state dichiarate clinicamente guarite. Da questa esperienza ne sono uscita più forte».
«Ha ragione Paola, tra di noi c’era un feeling speciale», è il parere di Daniela Tocco. «Ci bastava guardarci negli occhi per capirci al volo e trovare una soluzione a qualunque problema. È stata un’esperienza bellissima, il solo pensare a loro mi fa tornare il sorriso. Certo, la malattia mi ha messo a dura prova e ha lasciato il segno, però mi ha permesso di apprendere delle cose nuove. Avevo una gran voglia di vivere, ora ancora di più: la Marocco Expedition mi ha fatto crescere nell’ascolto e nell’aiuto degli altri».
La presentazione del docufilm realizzato dal videomaker Pierandrea Maxia, avvenuta martedì sera in un albergo del capoluogo sardo, ha strappato più di una lacrima ai numerosi presenti. Il giornalista cagliaritano Giorgio Porrà, uno degli uomini di punta di Sky Sport, ha prestato il suo volto per fare da filo conduttore della trama: la sua presenza è risultata particolarmente significativa e in linea con il progetto, in quanto egli stesso ha dovuto combattere contro un tumore molto aggressivo.
«Quando ti diagnosticano un tumore, dopo la sberla iniziale, pensi a reagire. Ti poni degli obiettivi, anche se non sai se riuscirai a guarire», spiega Paola. «Mi faceva male vedere gli altri che facevano delle cose che non potevo più fare. Non potevo perché mi mancavano le forze. Col tempo diventavo sempre più insofferente, ruvida, facilmente irritabile. Ma avevo fatto una lista di desideri, alcuni semplici, altri meno. Tra questi c’era una maratona. Una serie di problemi muscolari mi hanno bloccata a lungo. Quando mi hanno proposto la Marocco Expedition, mi sono detta: è questa la mia maratona! È questa che chiude il cerchio».
«A me dispiaceva rinunciare alle attività sportive. In verità, l’ematologo non me le aveva vietate. Mi aveva suggerito di non farmi sopraffare dall’ansia, ma era proprio questo pensiero che alimentava la mia ansia», dice Donatella. «Ho stretto i denti e superato gli indugi. Sono felice di avercela fatta».
«Dico sempre: non c’è tempo per disperarsi», è la filosofia di vita di Daniela. «La vita va avanti: se stai ferma, lei ti travolge. La testa viaggia per conto suo, il corpo la segue. Bisogna essere forti e indirizzarli verso la giusta strada».
L’impresa è nata da un’idea di Michele Marongiu. «L’ispirazione me l’ha data Tiziana Garau. La sua storia mi ha talmente colpito che ho pensato fosse giusto dare continuità a un’altra esperienza fatta un anno e mezzo fa con “Acentro per il sociale”: la consegna delle letterine scritte a Babbo Natale da una quarantina di bambini con disabilità varie. Io e altri tre bikers abbiamo percorso 4.800 km in bici da Rovereto a Capo Nord, sino alla casa ufficiale di Santa Claus, a Rovaniemi, capitale della Lapponia. Quando abbiamo presentato l’iniziativa, ho conosciuto Tiziana. Lì è nata la Marocco Expedition, un’avventura straordinaria fatta di umanità, sacrifici, amicizia, solidarietà. Con l’aiuto di tanti professionisti che ci hanno messo l’anima perché tutto andasse nel migliore dei modi. Non era una passeggiata, ne eravamo consapevoli, ma è filato tutto liscio. In fondo era un progetto semplice, ma allo stesso tempo si è rivelato molto complesso e ha richiesto un gioco di squadra».
Per giungere al traguardo, le partecipanti hanno dovuto superare un’agevole zona comfort, spingendosi fuori dagli abituali confini. La straordinaria bellezza dei paesaggi maghrebini e la natura incontaminata, insieme alla tradizionale ospitalità della gente del posto, hanno reso più gradevole questo impegnativo tour sulle due ruote. Le atlete hanno dormito in piccoli ostelli, una notte persino in un accampamento berbero ai confini del deserto. Hanno condiviso con la popolazione rurale diversi momenti di quotidianità familiare, accolte e avvolte dal calore di gente semplice.
Il motto di “Acentro per il sociale” è racchiuso in una frase dello scrittore Sándor Márai: lotterai, l’otterrai, lo terrai. Paola, Donatella e Daniela hanno centrato i tre obiettivi e sono un modello da seguire per tante donne. L’augurio è che anche Daniela Valdes riesca presto a fare altrettanto, in piena salute. Altre le seguiranno, c’è da scommetterci.
vita.it
Bellissimo