di ANNA MARIA TURRA
Francesca Patteri, si forma in varie tecniche che spaziano dalla pittura alla sperimentazione di materiali diversi, fra cui l’argilla che, da svariati anni rappresenta una sua particolare e personale dimensione artistica.
Francesca vive a Sassari, ma è originaria di Villanova Monteleone, uno splendido borgo a pochi chilometri da Alghero. Per ben 35 anni impiegata all’Inps, il computer come strumento di lavoro primario, Francesca Patteri oggi, nel tempo libero che il fine carriera le concede, di nuovo dispiega le ali della propria creatività mai sopita. Una passione che in tutti questi anni si è auto alimentata e che attinge ispirazione da abiti e gioielli tipici che, nella famosa Cavalcata sarda, sfilano numerosi. Ne nascono opere in ceramica impreziosite da materiali come l’oro e il platino che a prima vista sembrano dipinti ma non lo sono; come un pittore prova a dare forma e sostanza alla materia, lei lo fa da autodidatta: non ha mai smesso di produrre mentre intende divulgare il valore della terra di Sardegna e il cuore di una tradizione che la rappresenta.
Un lavoro titanico se consideriamo che per un’opera possono servirle anche 8 o 9 mesi, e che in ogni lavoro possono coesistere anche oltre 200 pezzi. Come in una sorta di mosaico o di puzzle ogni sua creazione richiede per gli spostamenti un’attenzione particolare; una straordinaria mole di cura che, anche negli imballaggi, protegge una preziosità data da un lavoro artigianale espresso nella perizia di assemblaggi minuziosi di estrema fragilità. Gli abiti tipici rappresentati nelle sue opere, avvolgono un corpo che non c’è, così come non c’è volto, eppure, a seconda di come si guardano o di come la luce si muove sui singoli pezzi, queste creature sembrano animarsi. Somigliano a dei collage ma sono edificazioni di ceramica la cui originalità consiste nella moltitudine dei risvolti che, tra colori e dettagli, permettono ad uno sguardo esperto di decodificare, ad esempio, il costume di Bitti o quello di Orgosolo. Montati su pannelli di multistrato marino, formano le sagome di un femminile misterioso eppure riconoscibile tra una gamma di differenti costumi tradizionali di una Sardegna frammentata in diversi codici e paesi.
Nel suo piccolo laboratorio da ceramista, armata di un semplice forno e di un mattarello, con la sua taglierina, Francesca Patteri, si destreggia in creazioni che via via prendono forma, lasciando emergere un notevole lavoro di studio condotto a monte. Prima ancora di iniziare la sua produzione, infatti, si nota il percorso di affascinata sudditanza che l’artista agisce verso la storia sarda.
«Sono davvero colpita dal fatto che la nostra cultura da sempre si sposti tra i silenzi solenni di una tradizione. – spiega l’artista – Ho condotto uno studio sulle pintadere.» Questi manufatti in terracotta, di piccole dimensioni, con una faccia piatta o leggermente convessa, decorata con motivi geometrici, interpretati come matrici utilizzabili per la decorazione del pane, sono stati forse impiegati per lo svolgimento di particolari cerimoniali. Alcune pintadere sembrano addirittura rappresentare le fasi lunari, secondo certi studi sembrano destinate a una funzione di misurazione del tempo. Il loro significato rimane ancora oscuro.
«Ricordo che, mentre lavoravo alla riproduzione di questi oggetti, una pintadera è stata scoperta ad Alghero nel villaggio nuragico Palmavera, eravamo nel 2018 e mi sono fermata ad aspettare i dettagli del ritrovamento per poterla riprodurre in maniera fedele, – spiega Francesca Patteri – il Banco di Sardegna ne ha scelta una a simbolo del proprio logo, ogni pintadera è caratterizzata da varianti incantevoli.»
Ha anche prodotto stilizzazioni di bronzetti e dei giganti di Mont’e Prama con l’emozione di chi sperimenta le differenze enigmatiche di ogni ritrovamento; la panettiera cagliaritana, i mamuthones, prima realizzati nella sua mente poi nella realtà, abitano le sue mostre che sono sempre molto frequentate. Ma quel che più ama rappresentare è la Dea Madre per quel simbolismo ancestrale in cui confluisce il genere umano. La sua prima esposizione del 2007, apre un corso di appuntamenti fitti che la vedono esporre in tutta l’isola e non soltanto in collettive: a Sassari nella Biblioteca Universitaria e nel Museo Sanna, nel Museo di Ozieri, a Cagliari nella chiesa di Santa Chiara, nel Castello dei Doria a Castelsardo, nella Domus de Janas di Sedini e, oltre l’isola, anche a Palazzo dei Papi di Viterbo.
Durante una mostra a Porto Rotondo vende proprio una delle sue opere: si tratta di un gattino con occhi e campanellino d’oro, a restarne rapita è proprio la signora Swarovski. Ma non chiedeteglielo, la classe di Francesca Patteri le impedirà di confermarvelo. Eppure è davvero così che è andata.