“FRAGRANZA DI MEMORIA”, IL PAESE CHE PROFUMA DI ARANCI, IL LIBRO DI GRAZIA VILLASANTA

di TONINO OPPES

Raccontare il proprio paese è un atto di grande amore. Parte da lontano Grazia Villasanta per scrivere di Domusnovas, anche se il suo primo obiettivo è quello di ricostruire l’albero genealogico della propria famiglia. Ma, come spesso succede, quando si scava nel passato accade qualcosa di magico: da una storia nascosta ne spuntano tante altre e, infine, come d’incanto, ecco spicchi di una comunità intera che rivivono in un documento d’archivio, una via, una foto ingiallita dal tempo, oppure nei dolci ricordi che si trasmettono di generazione in generazione perché nulla deve essere perduto.

“Il paese che profumava di aranci”, edizioni Domus de Janas, si sfoglia come un diario: monografia densa e carica di emozioni con decine di fotografie che sembrano medaglioni da mostrare con orgoglio.

Si parte dalla Preistoria per giungere fino all’Ottocento.

Si va dalla Grotta (di San Giovanni) – protetta fino a due secoli fa da mura ciclopiche – all’imponente nuraghe di Sa Domu ‘e s’Orcu; poi si viaggia attraverso le diverse dominazioni: nell’ordine, quella fenicia, punica, romana e, successivamente, bizantina.

Il villaggio – prima Sygerro, poi Domus Nova de Sigerro, e infine Domusnovas – sorge in epoca giudicale e si sviluppa, tra il X e l’XI secolo, per iniziativa dei Vittorini chiamati a bonificare l’intero territorio; Grazia Villasanta racconta i secoli a seguire con dovizia di particolari regalando al lettore una serie di eventi, apparentemente minuti, che però meritano di essere letti e conosciuti: come il matrimonio, celebrato dal parroco Mereu, nel 1655, di due gitani-macedoni, Jeronimo e Geronima, giunti  chissà come ma, evidentemente, integrati in una comunità che conosce il valore dell’accoglienza.

Altre pagine di vita del paese si avvicendano parallelamente a quanto accade nel resto dell’Isola: leggete attentamente i testi e soprattutto le note che arricchiscono il lavoro e subito scoprirete che la storia di Domusnovas è parte integrante della storia più complessiva della Sardegna.  Ma suscita curiosità ed è ugualmente ricca di interesse generale anche la seconda parte del libro quando Grazia Villasanta decide di soffermarsi “più sul personale” recuperando le vicende della sua famiglia. Pure qui si scopre che le storie si incrociano una con l’altra fino a diventare patrimonio di tutti, perché in fondo “il racconto di un uomo è il racconto dell’umanità.”

Poi osservate bene le fotografie: quante sequenze di vita reale in quegli sguardi severi dinanzi a obiettivi i cui scatti sembravano interminabili, ma sicuramente erano unici e irripetibili, oltre che fortemente intimi e da custodire gelosamente in famiglia. Ora basta un click con il cellulare e in un attimo, quella foto, viaggia in rete ed è a disposizione di tutti.

Allora no! Solo la preparazione dello scatto durava alcuni minuti che sembravano ore. Ecco perché difficilmente, in quelle immagini in bianco e nero, troverete uomini e donne in posa che sorridono.

Come in un film, dalla pellicola impolverata e ormai sbiadita, anche nella vita dei paesi, ci sono protagonisti e comparse. E tutti, chi più chi meno, lasciano una traccia del loro passaggio sulla terra.

Ritmi lenti hanno scandito, nei secoli, le esistenze di migliaia di uomini.

Storie di minatori – accompagnati in galleria da muli resi ormai ciechi dal prolungato lavoro in oscurità – si incrociano con quelle di banditi sanguinari; quella del banditore con buttegheris e cacciatori, contadini e pastori, porcari e tagliaboschi furisteris. Uomini abituati a sacrifici immani, ma capaci di regalarsi un sogno, una speranza. Come ci ricorda la vicenda di Francesca Angioni e Salvatore Isola che, intorno al 1850, lasciano Quartu Sant’Elena e si trasferiscono a Domusnovas, considerato il piccolo   Eldorado del Sulcis che, grazie all’attività mineraria, offre lavoro a centinaia di persone.

In quegli anni il paese si trasforma rapidamente. Diventa luogo di transito ben frequentato, capace di richiamare interi nuclei da tutto il Sud dell’Isola, compresi i due giovani sposi quartesi che decidono di aprire bottega e di metter su famiglia lontano dal loro paese. Ma non saranno i soli, come si intuisce anche sfogliando il lungo elenco di nomi di famiglie, non tutte del posto, evidentemente, presenti in quel periodo: Biancu, Mellis, de Idda, Deidda, Sogus, Azzori, Lebiu, Manca, Onnis, Saiu, Locha, Cuccu, Cuqueddu, Cambedda, Solinas, Cannas, Villasanta, Isola…

Rileggeteli con attenzione e per un attimo chiudete gli occhi. Vi sembrerà di riallacciare parentele perdute, dimenticate, di recuperare volti – inghiottiti dal tempo- di donne e di uomini che non ci sono più, e con la mente tornerete, sia pure per un attimo, sui luoghi dell’infanzia lontana, dei giochi, dei sogni, e delle attese.

Ecco, allora, perché un’opera come questa si trasforma in un atto di amore per “il paese dell’anima” che è quel luogo dove ognuno di noi, anche quando va via, custodisce, come scrigni colmi di tesori, i legami più forti, le proprie radici.

Ci domandiamo spesso: a chi sono rivolti questi libri?

Intanto a noi stessi che nel paese siamo nati e cresciuti, e abbiamo deciso di viverci anche se non ricordiamo più il valore delle storie semplici; a chi per lavoro è andato via ma non vuole rompere con il proprio passato perché ovunque vai ti porti appresso il marchio, quasi impresso a fuoco caldo, del luogo d’origine; e, infine, sono rivolti ai giovani che, distratti dal tempo fugace del mondo contemporaneo, si soffermano poco sulla vita della loro comunità, ma soprattutto di quella dei loro nonni e dei loro genitori. Ormai mancano il calore del racconto e del dialogo.

L’oblio è dietro l’angolo; pronto a cancellare, con un colpo di spugna, pagine del nostro vissuto e con esso la storia di chi siamo stati.

Contro questa direzione va il pregevole lavoro di Grazia Villasanta, che vuole riannodare i fili della memoria per ricostruire – insieme a quella ufficiale che deriva dai documenti, ma che non troverete mai nei testi di scuola – la storia della sua Domusnovas, con semplicità, anche attraverso il racconto di vite genuine da custodire con fierezza accanto ai ricordi più tenui.

Come l’essenza impalpabile degli Iris – dal colore azzurro intenso – che decoravano la valle di Santu Larentu e, soprattutto, quell’indimenticabile profumo d’aranci che si diffondeva lungo le sponde del rio San Giovanni. Ripercorrete quella strada che conduce alla grotta, appena si esce da Domusnovas, e inspirate profondamente.

Ebbene, se vi sembrerà di sentire l’odore forte degli agrumi coltivati tanto tempo fa dai frati cappuccini…, beh allora vuol dire che avete compiuto un salto indietro nel tempo e avete recuperato qualche spicchio del vostro passato, proprio per merito del lavoro di Grazia Villasanta.  

I libri servono anche a questo: a raccontare e offrire qualche piccolo ma prezioso contributo per la conoscenza di una comunità che ha il dovere di custodire la propria memoria. Che è fatta di luoghi, storie, nomi e, talvolta, di profumi intensi, come quello degli aranci.

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