di ROBERTA CARBONI
Un artista ribelle ed anticonformista, spesso coinvolto in zuffe e tafferugli, ma destinato a diventare una personalità di primo piano nella storia dell’arte moderna in Sardegna. È lo scultore Giuseppe Antonio Lonis, stampacino d’adozione che fece molto parlare di sé, non solo per il suo indiscutibile talento, ma anche per il suo temperamento decisamente “focoso”, che lo rese una sorta di “Caravaggio sardo”.
Giuseppe Antonio Lonis nacque nel 1720 a Senorbì, dove mosse i primi passi da apprendista nella bottega di famiglia. Figlio d’arte, dunque, destinato a conquistare presto la scena isolana non solo per le sue evidenti capacità, ma anche per la sua intraprendenza.
Fu Salvatore Lonis, suo zio, ad avviarlo alla professione presso la sua bottega di Senorbì, specializzata nell’intaglio del legno.
Nel 1735 circa lasciò la Sardegna e si recò a Napoli per continuare il suo apprendistato e perfezionare la propria tecnica. Quest’esperienza, durata circa 11 anni, fu determinante per l’elaborazione di uno stile personale e contribuì a temprarne anche il carattere ribelle e battagliero. Nella città partenopea il Lonis rimase affascinato dalle figure dei “Lazzeri”, giovani sfaccendati della Napoli del XVIII e XIX secolo che si adattavano a compiere umili lavori di fatica ed occasionalmente anche qualche piccolo furto o raggiro. Il loro stile di vita e il loro temperamento da buontemponi talvolta violento e rissoso condizionò poi positivamente la sua carriera artistica.
Intorno al 1746 fece ritorno in Sardegna, ma, consapevole della possibilità di attingere ad un bacino di committenze più ampio di quello che avrebbe avuto a Senorbì, decise di aprire la propria bottega a Cagliari nel quartiere di Stampace.
Più viva e meglio inserita in un circuito artistico e culturale caratterizzato da sodalizi professionali, confraternite ed ordini religiosi, Cagliari si mostrava ancora dominata dal gusto tardo-barocco di matrice ispanica, pur condizionata dalle nuove aperture Rococò incentivate dalla corte sabauda. Il luogo ideale, dunque, nel quale far crescere il proprio talento e coltivare solide relazioni professionali, nonostante il carattere molto particolare che aveva da subito cominciato a mostrare.
Nei cinquant’anni di attività, la sua bottega crebbe in fama e commissioni, anche in relazione ai numerosi fatti di cronaca nei quali lo scultore veniva coinvolto e che lo rendevano un vero e proprio “artista maledetto”.
Pare infatti che il Lonis fosse decisamente permaloso, soprattutto quando qualcuno sminuiva il suo lavoro e denigrava la sua terra, al punto da aguzzare la spada e colpire senza pensarci troppo. E nel tempo furono tanti gli aneddoti dei quali si rese protagonista.
Uno tra questi racconta di una zuffa con alcuni militari forestieri che lo avevano insultato dicendogli di essere un “mentecatto con manie guerresche”. Giunse addirittura a tagliare con la lama della sua spada i baffi di un uomo che invece di chiamarlo scultore lo aveva chiamato impropriamente “mastro”.
Una tra le più importanti commissioni ricevute dal Lonis fu quella dei Misteri: sette sculture lignee che dovevano rappresentare i momenti salienti della Passione di Cristo. A siglare l’incarico nel 1758 sono cinque committenti privati cagliaritani. Nel contratto, che riporta la data del 31 agosto 1758, viene specificato che tre di essi dovranno essere interamente scolpiti e dipinti. Si tratta degli episodi della Flagellazione, l’Incoronazione di spine o “Ecce Homo” e il Crocifisso.
Gli altri quattro, il Saluto, l’Orazione nell’ orto, la Cattura e la Caduta dovevano invece presentare una struttura interna a trespolo, pensata per essere ricoperta da abiti, la cui stoffa sarebbe stata acquistata dall’Arciconfraternita del Santo Cristo, destinataria delle opere commissionate dai benefattori, che le avrebbe usate per le processioni della Via Crucis nella chiesa di Santa Rosalia dei padri Osservanti ogni venerdì di quaresima.
Tuttavia il gruppo scultoreo attualmente impiegato nella processione dei Misteri il venerdì di Passione non corrisponde completamente a quello realizzato dal Lonis in base a tale contratto. Nella sua famosa Guida della città e dintorni di Cagliari del 1861 il canonico Giovanni Spano sostiene che il simulacro della Prison (La Cattura) sarebbe stato sostituito con un’opera napoletana, dopo che l’originale era andato a fuoco. Nel caso della Despedida o Saluto, l’episodio potrebbe non essere stato perduto ma parzialmente recuperato e convertito in uno dei sette Misteri della processione dei giorni nostri, la Madonna Addolorata.
A Lonis è generalmente attribuito anche l’analogo gruppo scultoreo dei Misteri della Chiesa di San Michele a Stampace, di fronte alla quale lo scultore abitò negli ultimi anni della sua vita. I sette simulacri di Stampace (comprendenti anche l’Addolorata), presentano infatti dei caratteri stilistici assimilabili a quelli di Villanova, nonostante i quarant’anni che li separano.
Tra i due quartieri, infatti, esiste una lunga rivalità legata ai riti della Settimana Santa e dei simulacri lignei scolpiti dal Lonis.
Oltre che per i simulacri dei Misteri, a Cagliari Lonis è celebre per aver realizzato una delle sculture di Sant’Efisio per conto dell’Arciconfraternita del Gonfalone. Si tratta però non del simulacro portato in processione durante la famosa sagra del 1-4 Maggio, ma di quello che solca le viuzze dei quartieri durante le processioni del Giovedì Santo e il Lunedì dell’Angelo, legate ai riti della Settimana Santa.
Il Giovedì santo, con il pennacchio nero, la statua viene portata in visita ai sepolcri per partecipare (anche se in maniera del tutto anacronistica) all’imminente morte di Cristo. Il giorno dopo Pasqua, il Lunedì dell’Angelo, invece esce ancora dalla sua chiesa per raggiungere la cattedrale, preannunciando la processione solenne del 1° maggio.
Le opere del Lonis si distinguono nettamente da quelle dei contemporanei per l’immenso valore storico e artistico legato ad uno stile semplice ma al tempo stesso elevato, frutto della sapiente coniugazione di Barocco e Realismo.
Le sue sculture sono frutto di uno studio formale che ricerca il pathos senza rinunciare all’eleganza e al virtuosismo tecnico.
Per questo fu l’artista che meglio rappresentava il gusto della committenza locale, soprattutto di quella religiosa. Nel corso della sua carriera artistica si lanciò ben presto verso nuove forme espressive: lo stile barocco, passò successivamente a creazione ispirate da un realismo crudo e marcato, in cui la sua sardità assume un peso notevole. Molti studiosi sono concordi nel ritenere che i volti dei personaggi del Lonis abbiano tratti somatici propri dei sardi.
Oltre alle opere già citate, per le quali si conoscono documenti ed atti notarili, sono numerosissime le opere non firmate attribuite al Lonis. Tra queste il San Pietro Pascasio della parrocchia di San Giorgio a Quartucciu, il San Raffaele della chiesa del Carmine a Cagliari, le due serie dei Misteri rispettivamente conservate al San Michele di Cagliari e nel San Giacomo sempre a Cagliari.
A Senorbì, sua città natale, vengono conservati un bellissimo Crocifisso, un San Michele, San Raffaele e la statua raffigurante Santa Barbara.
Giuseppe Antonio Lonis morì nel 1805, ultra ottantenne, affacciandosi appena al secolo Ottocento che avrebbe dato all’arte ulteriori spunti che egli senz’altro sarebbe riuscito a cogliere e coniugare con esiti degni di nota.