La folle corsa dei prezzi di gas ed elettricità rallenta ma non si ferma. E lo sanno bene le 25.299 imprese artigiane della Sardegna, con i loro 73.373 addetti, pari a oltre il 24% degli occupati delle imprese del settore, che rischiano una pesante frenata produttiva se non una fermata definitiva.
La “drammatica crisi” è stata rilevata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna che in un rapporto sull’impatto dei costi energetici in 43 settori. “Possiamo dire che siamo veramente in bolletta – commentano Maria Amelia Lai e Daniele Serra, presidente e segretario dell’associazione artigiana – Servono interventi immediati ma anche altrettanto rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare una crisi senza precedenti – continuano – artigiani e piccoli imprenditori sardi hanno già pagato oltre 425 milioni di euro in più negli ultimi 12 mesi e la cifra rischia di raddoppiare a 850 milioni entro fine anno”.
Le attività più esposte alla minaccia del lockdown energetico e addirittura della chiusura sono quelle energy intensive: ceramica, vetro, cemento, carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo. Ma i rincari dei prezzi dell’energia fanno soffrire anche altri 16 comparti manifatturieri in cui spiccano il tessile, la lavorazione del legno, le attività di stampa, la produzione di accumulatori elettrici e di apparecchi per uso domestico, di motori e accessori per auto, la fornitura e gestione di acqua e rifiuti.
Secondo l’analisi, gli effetti del caro-energia non risparmiano il settore dei servizi. Si tratta del commercio di materie prime agricole e di prodotti alimentari, ristorazione, servizi di assistenza sociale residenziale, servizi di asili nido, attività sportive come piscine e palestre, parchi di divertimento, lavanderie e centri per il benessere fisico. A questi si aggiungono i settori del trasporto e della logistica.