con GIAN LUISA CARRACOI
Gian Luisa Carracoi è nata a Bari Sardo in Ogliastra. Si è laureata in Lettere presso l’Università degli Studi di Verona nel 2002 e da allora insegna nella scuola secondaria di primo grado. Nel 2006 ha conseguito il titolo di Tecnico Superiore di Marketing Territoriale e da anni ha intrapreso un lavoro di ricerca appassionata per la storia e il patrimonio culturale del proprio paese e dell’intero territorio ogliastrino, a livello archivistico e di memoria orale. Scrive su L’Ogliastra, il mensile della Diocesi di Lanusei, occupandosi della rubrica “Terra nostra”. Ha pubblicato per Aipsa edizioni “Bari Sardo e i suoi martiri. Ai Caduti e ai combattenti di tutte le guerre” (Cagliari 2019), e “Las Obrerias de Bary e la Causa Pia di Don Bernardino Pes” (Cagliari 2021).
É socia della Sezione Sardegna dell’Istituto Italiano dei Castelli – associazione che ha supportato la pubblicazione del libro “Le torri d’Ogliastra. La Santa Cruzada y los cautivos” – e Presidente della Delegazione dell’Ogliastra.
Uno dei temi più intriganti della storia sarda è quello delle incursioni saracene e corsare.
La nostra isola, per la sua posizione centrale nel Mar Mediterraneo, fin dall’VIII secolo è stata meta privilegiata di improvvise e fulminee scorrerie dettate dallo scopo di fare bottino di schiavi, di prodotti agricoli e artigianali, ma nella seconda metà del Quattrocento la conquista di Costantinopoli (1453) da parte dei turchi e nello stesso tempo la decadenza della potenza marittima della Corona d’Aragona resero le popolazioni del Maghreb ancora più aggressive.
Con l’avanzata dell’impero Ottomano, guidato dall’intrepido sultano Solimano il Magnifico (1520-1566) e la successiva affermazione delle reggenze barbaresche, le scorrerie nelle coste e nei villaggi, anche quelli più interni, si moltiplicarono tanto che i Re Cattolici furono costretti a mettere in atto una politica di tipo difensivo più robusto e capillare.
I centri urbani della Cerdeña furono fortificati con possenti mura e bastioni e lungo il perimetro litoraneo si edificò un primo sistema di torri a protezione dei porti e delle principali attività di pesca e di estrazione del sale, del tonno e del corallo.
La vittoria a Lepanto del 1571 da parte della composita flotta cristiana, nonostante il suo enorme valore simbolico, non provocò la cessazione delle incursioni moresche.
Il progetto di realizzare un sistema di generale difesa costiera fu di lunga e faticosa elaborazione.
Filippo II, el rey prudente, fu colui che manifestò un’attenzione particolare verso la Sardegna studiando e mettendo in atto un programma di riforme volto a rimetterne in movimento l’economia e la società.
Nello stesso tempo il Pontefice Pio V, facendo leva sulla preoccupazione comune, promosse il veemente spirito crociato.
Tra la fine del 1571 e l’inizio del nuovo anno, il viceré Coloma affidò al Capitano di Civitatis Ecclesiarum (Iglesias) Marco Antonio Camòs l’incarico di perlustrare tutto il litorale costiero per eseguire il censimento delle fortificazioni presenti e indicare i siti più appropriati per la costruzione di nuove torri di guardia e di difesa. Nell’occasione il Camòs, stilò una dettagliata relazione con una minuziosa descrizione dei luoghi, degli approdi, degli stagni, dei corsi d’acqua e dei punti strategici in cui sistemare le vedette ed edificare nuove torri. In seguito il viceré Don Miguel De Moncada volle ripercorrere il periplo dell’isola e apportare delle integrazioni.
Il 21 ottobre 1579 il Sovrano scrisse all’Arcivescovo di Cagliari Gaspare Vincenzo Novella per condividere la necessità di applicare la Bolla papale della Santa Cruzada e concorrere alla difesa della Chiesa Cattolica. Chiunque avesse ricevuto la bolla per sé o per i propri defunti e offerto una limosna (elemosina) avrebbe conseguito indulgenze e grazie e si sarebbe reso utile alla causa della Chiesa anche attraverso il potenziamento della difesa costiera.
La corona di torri fu realizzata per la maggior parte nell’ultimo ventennio del XVI secolo. Altre durante il Seicento e infine con l’arrivo dei piemontesi, nel 1720, il sistema delle fortificazioni venne ulteriormente potenziato.
Il saggio, frutto di un certosino lavoro di ricerca, svolto principalmente presso l’Archivio di Stato di Cagliari, l’Archivo de la Corona de Aragón e Archivo General de Simancas, ripercorre la politica messa in atto tra il XVI e il XVIII secolo dalla monarchia spagnola per difendere i propri interessi commerciali sotto il vessillo della Santa Cruzada.
Lo studio sulla nascita e la vita delle torri costiere, focalizzata sul litorale dell’Ogliastra, lambisce i contenuti politici, militari e architettonici quanto serve per fornire le necessarie coordinate al lettore, ma con agile e piacevole scrittura l’attenzione dell’autrice vira sempre sulle persone, siano essi i grandi monarchi, i semplici alcaidi, gli schiavi o i loro redentori, dei quali vengono tracciati profili limpidi e coinvolgenti.
L’utilizzo di un duplice registro archivistico-narrativo, felicemente padroneggiato dall’autrice, restituisce un’antologia di vite spezzate a causa delle incessanti incursioni barbaresche e corsare, e così le leggende acquistano concretezza laddove i poveri cautivos finiti nei baños di Tunisi, Algeri o Costantinopoli, ricevono un nome e un cognome attraverso la forza rievocativa e certa delle fonti storiche.
Il prezioso contributo dei documenti d’archivio, sparsi su un orizzonte geografico internazionale, denota la complessità delle ricerca di base e fissa i contenuti incontrovertibili, brillantemente descritti nel libro.
(Le torri d’Ogliastra. La Santa Cruzada y los cautivos (Cagliari, Aipsa edizioni, 2022)
Bellissima Luisa