LE SUE PIU’ BELLE E FAMOSE COMPOSIZIONI, SONO DEDICATE ALLA SARDEGNA: ANTIOCO CASULA E GRAZIA DELEDDA NELLE OPERE DI LAO SILESU

Lao Silesu

di LUCIA BECCHERE

Stanislao (Lao) Silesu (Samassi 1883-Parigi 1953), enfant prodige del pianoforte, aveva ereditato il talento dal padre Luigi organista della Cattedrale di Iglesias e suo primo maestro fino ai 12 anni. Dopo aver seguito le lezioni del musicista piemontese Andrea Allione, ha studiato armonia e contrappunto al Conservatorio Verdi di Milano con il professor Carlo Gatto, mentre a Parigi ha frequentato la scuola Cantorum col celebre maestro Vincent D’Audy.

In seguito si stabilì a Londra per 5 anni dove compose la romanza “Un per d’amour” che lo rese popolare in tutto il mondo grazie all’interpretazione di Enrico Caruso. Le sue più belle composizioni sono dedicate alla Sardegna e vanno dalla musica sinfonica alla leggera, dai drammi lirici alle canzoni e alle serenate, dall’opera lirica “Le lys dans la vallée” alla celebre melodia “Mon amour pour toi” e agli inni patriottici: “Alla Bandiera” composto a Parigi nel 1920 e dedicato al sindaco di Roma, è stato cantato nelle scuole comunali della capitale.

Ma è stato il teatro il suo vero amore. Il melodramma in un atto “Astore” tratto da una novella di Grazia Deledda che aveva collaborato alla stesura del libretto col prof Magnanelli di Iglesias, ebbe un enorme successo di critica e di stampa. L’opera, definita “La cavalleria Rusticana Sarda”, è stata presentata 60 anni dopo la sua composizione alla Settimana Musicale Sarda a Roma insieme a “Gli Orazi” di Ennio Porrino.

Il dramma si snoda nel Santuario della Madonna del Rimedio, attinge al mondo del folclore e agli eterni contrasti isolani in una atmosfera di lirismo e misticismo.

Il giovane pastore Astore s’innamora di Grisella che va in sposa a Efis vecchio patrizio. Dentro la storia, il suonatore di launeddas che vibra nell’aria le sue melodie, fedeli e festaioli con i costumi d’orbace e velluto, poeti e cantori di muttos rimandano alle aspre montagne della Barbagia e al lento e inesorabile trascorrere del tempo che evoca la caducità dell’umana esistenza.

Quando il dramma si conclude con la morte di Astore per mano del rivale, il silenzio si impadronisce di ogni cosa.

Parigi ha definito l’opera di Silesu “vraiment superbe”.

L’inno “Sardigna” composto da Silesu nel 1919 su versi sardi di Antioco Casula (Montanaru) è un inno nostalgico di forte richiamo sociale e racchiude tutto l’orgoglio del popolo sardo “s’unione s’affettu est tesoro chi sos babbos circadu han invanu”, ma anche un inno alle bellezze, alle ricchezze e agli eroi del passato dell’Isola: “Ricca e ferru de trigu e de mele” e “Elianora ammentamus! Sa Dea”.

Non solo nostalgia ma anche un richiamo alla riscossa “Como torra a s’attaccu Sardigna, cun d’un impetu sanctu e majore, preparende a sos fizos s’onore, de una sorte noedda e benigna”.

“Sardigna”, considerato un testamento artistico e spirituale al suo paese natio, venne consegnato da Lao a Elena Melis nel 1952 quando andò a trovarlo nella sua residenza parigina di Montmartre, «per vederlo propagandato fra la sua gente». Negli anni 70 la Professoressa Melis consegnò copia dell’inno al direttore del “Coro Barbagia” di Nuoro Gioacchino Scrugli che negli anni 90 lo fece incidere su disco in una armonizzazione per 4 voci maschili.

Alla sua morte, Iglesias lo aveva commemorato con un concerto celebrativo, Parigi aveva accolto le sue spoglie nel cimitero di Pantin e per suo espresso desiderio la bara venne avvolta con la bandiera dei Quattro Mori.

«Aveva sognato di tornare in Sardegna – ha scritto Elena Melis – per mettere ingegno e arte a beneficio della piccola Patria assurta, con l’autonomia, a nuova dignità, ma il sogno dell’esule doveva rimanere chiuso nel cassetto.

Io, che nella sua casa di Montmartre ho potuto leggergli nell’animo delusioni e amarezze, esprimo l’augurio che il maestro Silesu debba essere restituito ai sardi traendolo finalmente da una ingiustificata quanto incolpevole ombra».

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