di GIANRAIMONDO FARINA
Facendo seguito alla bella serata organizzata dall’Associazione “Amici della Montagna” di Bono, rimanendo nel tema e nell’ambientazione, con il permesso dei familiari, pubblico quest’intima poesia, che rispecchia anche l’animo del grande poeta.
Ite peccadu a offende’sa luna
“A cara franca in sa notte chietta
Colas pasida e muda luna crara
Che pisedda innossente pura e netta
Cantu m’aggradas cando in artu olu
Mandas lugore a totu sa cussorza
E sa robba assentada in paschidorza
Asulenada in brazzos de consolu
Ite peccadu a offende’sa luna
Chi colat muda e pasida in s’aera
Risulana chin zinnos de ispera
E promissas de bene e de fortuna
Cando mi colat trista in sa pinnetta
Est pro manizzos de malu apeuttu
Lastima a la mirare a coro assuttu
Cudda cara innossente netta netta
Cantu mi dolet cando l’ido appena
cuvarda idende trista sa leada
E s’imberghet sa luna abbirgonzada
Testimonza innossente de onz’iscena”
Vi è una frase che, sostanzialmente, definisce
questa poesia di Nicolino; essa è ben
esplicitata da quel “passare della luna calma
e muta” (colas pasida e muda). Luna che
scandisce lo scorrere delle notti nelle
campagne sarde, sia nel bene che, purtroppo,
anche nel male. E, proprio per questo, ne
diventa testimone innocente di ogni fatto che
ivi si consuma (testimonza innossente de onzi
iscena).
La sapienza poetica di Nicolino ci fa passare,
poi, ad una felice immagine bucolica di una
luna piena (luna crara) che rende felice il
poeta-pastore quando essa (la luna) illumina,
di notte, tutto il pascolo (sa cussorza). E,
soprattutto, illumina il gregge (sa roba, la
roba) che si riposa al pascolo. Quadro ben
definito da una bellissima immagine difficile
da rendere in italiano: (sa roba) assentada in
paschidorza, asulenda in brazzos de consolu.
Che cosa vuol dire, allora, per il poeta,
offendere la luna?
Prima di tutto vuol dire non rispettarla o,
meglio, non rispettare il Creato, di cui essa è
elemento inscindibile.
Non rispettare la luna, poi, andando anche al
fondo di un’interpretazione teologica, vuol
dire non rispettare la speranza. Si perché la
luna, come magistralmente sottolineato da
Nicolino, è da intendersi come “il segno del
giorno che perdura anche nella notte”. Un
segno che dà fiducia anche nel più profondo
della notte: una luce rassicurante, un cenno di
speranza e promesse di bene e di fortuna
(risulana chin zinnos e promissas de bene e de fortuna).
Grazie, Gianraimondo Farina, per questa bella lirica e il doveroso ricordo del suo autore.