Ago, filo, pane, terracotta, materiali poveri della quotidianità che nelle mani sapienti di Maria Lai, l’artista di Ulassai morta nel 2013 a 94 anni, diventavano arte e poesia.
Settanta delle sue opere sono esposte sino a fine novembre nello Spazio Ilisso di via Brofferio a Nuoro, in un iter espositivo dal respiro internazionale che ripercorre 40 anni di ricerca dell’artista ogliastrina, tra i maggiori artisti-filosofi della seconda metà del Novencento.
La rassegna nasce dalla collaborazione tra Spazio Ilisso, l’Archivio e la Fondazione di Maria Lai, la Stazione dell’Arte di Ulassai e il Magazzino Italian Art Foundation di New York nell’intento di presentare al pubblico le opere più significative dell’artista.
La mostra progettata dall’architetto Antonello Cuccu focalizza il lessico visivo di Maria Lai a partire dai primi lavori polimaterici e va avanti con il lavoro di ricerca dell’artista negli anni ’70, quando il tessuto sostituisce la tavolozza e la macchina da cucire prende il posto del cavalletto da studio.
Il viaggio prosegue con i “pupi di pane”, materiale a cui Maria Lai riconosceva un profondo senso esistenziale, e si chiude con l’opera relazionale “Legarsi alla montagna” del 1981, in cui le case di Ulassai si legano tra loro con un nastro azzurro e infine si uniscono alla montagna. Un lavoro documentato nel video di Tonino Casula e nelle fotografie di Piero Berengo Gardin.
“Questa è una mostra selettiva nella quale non abbiamo considerato l’opera giovanile dell’artista ma siamo partiti dai primi anni ’70 con i lavori polimaterici, provenienti da collezioni pubbliche e private che raccontano la grandezza dell’artista”, spiega Sebastiano Congiu, fondatore insieme a Vanna Fois della Ilisso Edizioni, in occasione dell’inaugurazione.
“Nell’opera di Maria Lai – aggiunge la curatrice dell’esposizione Elena Pontiggia – vi sono elementi sardi e altri che non hanno confini: si passa dalla pittura all’invenzione poetica del cucito fino all’uso del materiale non tradizionale per le sculture, come il pane ad esempio, simbolo di vita e di morte, quando il grano finisce per diventare alimento”.
A ricordare l’artista, la nipote Maria Sofia Pisu, presidente dell’archivio della zia: “Maria viaggia nel mondo anche col nostro impegno affinché sempre più persone possano godere e imparare dalla sua arte” . Un’arte che, come ha evidenziato il vescovo di Nuoro Antonello Mura, “altro non è che la trama della vita, scritta con ago e filo per raccontare le passioni, i dolori, le giorie e le paure che ci sono in ognuno di noi”.