di MICHELE PINTORE
Nuoro 26 aprile 1868. 154 anni fa i tragici moti popolari de Su Connottu, la violenta sommossa contro la vendita delle terre comunali e il ruolo di Paska Zau, la coraggiosa vedova nuorese madre di dieci figli, che al grido di “torramus a su connottu” guidò il popolo esasperato all’assalto del palazzo comunale
Nuoro. Il 26 aprile del 2018, con una conferenza presso la sede dell’Università nuorese, che ha avuto come relatori il giornalista Michele Pintore (cultore di storia locale), mons. Tonino Cabizzosu (docente di Storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica della Sardegna e lo studioso Gianfranco Murtas (esperto di Storia della Massoneria in Sardegna), si erano aperte le manifestazioni per ricordare il 150° anniversario dei moti popolari de Su Connottu, che il 26 aprile 1868 sconvolsero la cittadina barbaricina. Si trattò indubbiamente del recupero di un’importate pezzo di Storia sarda, che per tanto tempo era stata purtroppo dimenticata (spesso confusa con “Sa die e sa Sardina”, la cacciata dei Piemontesi del 28 aprile de1794) e che si riproponeva come un appuntamento annuale da tramandare per gli anni successivi a futura memoria dei Sardi. I sopraggiunti problemi, dovuti ai tre anni di pandemia, non hanno purtroppo permesso di riproporre lo storico avvenimento, che fortunatamente (con le dovute precauzioni sanitarie) sarà ricordato il 26 aprile 2022. L’evento servirà per tenere vivo nel tempo il ricordo di un tormentato periodo storico della Sardegna, frutto della laboriosa trasformazione del regime agrario che ebbe inizio con promulgazione dell’Editto delle chiudende del 6 ottobre 1820, la cui applicazione fu conseguenza di violente proteste e gravi incidenti nelle campagne sarde. I fatti si ripresentarono con forza, soprattutto a Nuoro, in conseguenza dell’applicazione della Legge 2252 del 1865 (abolizione degli ademprivi), che tassativamente imponeva ai Comuni (in caso contrario avrebbero provveduto le Prefetture) di mettere all’asta entro tre anni al massimo (1868), i terreni comunali fino allora gravati dagli usi civici “essenziali”, terreni comunali che fino allora permettevano soprattutto ai cittadini meno abbienti, l’uso-godimento dei pascoli e del ghiandatico comunitario. Con l’avvicinarsi dell’improrogabile scadenza dei tre anni (24 aprile 1868) imposti dalla legge, nell’ottobre del 1867 l’allora sindaco, avv. Francesco Gallisay (in previsione dei gravi turbamenti all’ordine pubblico che alla scadenza si sarebbero verificati) si dimise volontariamente dall’incarico civico. Gli subentrò nella carica di primo cittadino l’avv. Salvatore Pirisi Siotto, che, visto il crescente malcontento popolare si dimise a sua volta il 23 aprile 1868 (3 giorni prima che scoppiassero i moti) insieme all’intero Consiglio comunale: non prima però di aver fatto affiggere nell’abitato un pubblico manifesto con cui s’intimava ai pastori nuoresi di lasciare liberi dal bestiame a pascolo i terreni comunali, che in osservanza alla Legge 2252 dovevano essere posti in vendita con pubblica asta. In città situazione era diventata insostenibile. Con decreto d’urgenza, per compensare il vuoto istituzionale, il ministro dell’Interno inviò in città il Regio Delegato straordinario Cav. Emanuele Ravot. Intano in città si respirava già aria di sommossa. A rendere più acceso il clima, contribuì anche la forte tensione allora presente in città, tra Massoneria e Chiesa locale, che scesero entrambe in campo con una serie di accuse, scambiandosi reciproci attacchi di istigare il popolo alla rivolta contro le istituzioni.
La storia. I moti popolari del 26 aprile 1868, noti come moti de Su Connottu (da Su connottu = “il conosciuto”: cioè da quanto sempre si era conosciuto nell’antica tradizione sarda).
I moti ebbero un’anteprima Il 24 aprile (2 giorni prima della sommossa popolare), presso la Sottoprefettura di Nuoro, quando un gruppo di donne nuoresi ebbe un burrascoso scontro con il Sottoprefetto Giovanni Pes di San Vittorio, nel vano tentativo di un suo intervento per far revocare il provvedimento legislativo. Il funzionario tuttavia liquidò le donne con buone parole che non portarono a nessun risultato. Visto il mancato esito del tentativo, la sommossa entrò in atto con violenza la successiva domenica del 26 aprile.
Quel giorno una folla esasperata, inizialmente di circa 300 persone, prese d’assalto il palazzo Martoni (nel rione di Santu Predu), allora sede del Comune di Nuoro. In testa una popolana armata di scure, una certa Tonia Ormena, che con rabbia abbatté la porta centrale della sede comunale, rendendo così possibile l’accesso all’edificio. Quindi al grido di: “A su connottu, torramu a su connottu!” la turba, guidata da Paska Zau, una coraggiosa donna nuorese, vedova e madre di dieci figli, fece irruzione nella sede comunale con in mano una rudimentale bandiera (altro non era che un bastone con issata sopra una vecchia sottoveste). Disarmata la Guardia nazionale, la folla vociante fece quindi irruzione negli uffici comunali mettendoli a soqquadro, e razziando i documenti conservati nell’archivio, con lo scopo di distruggere la documentazione relativa ai piani di lottizzazione dei terreni comunali.
Cronaca della sommossa che sconvolse la città di Nuoro quel tragico 26 aprile del 1868. Testimone della violenta sommossa popolare fu il noto poeta dialettale nuorese Salvatore Rubeddu (1845 – 1891), che successivamente, da attento cronista presente all’avvenimento, riportò i fatti accaduti con dovizia di particolari nella sua poesia Passio – a Su Connottu, descrivendo come avvennero i fatti, con nomi e ruoli che ebbero i principali protagonisti. Tutto ebbe inizio con il grido di battaglia lanciato da Paska Zau: “A Su Connottu, torramus a Su Connottu!”, seguita da sua figlia Tonia, che ebbe un violento scontro con le guardie, mentre un’altra popolana proveniente dal rione di Santu Predu, tale Tonia Porcu, incitava la cittadinanza a scendere in piazza: “Iscubilae!” (venite fuori dall’ovile!), e rivolta verso la sede comunale: “ A fora su Cossizza!” (Fuori il Consiglio comunale!), Tutto questo accadeva mentre una popolana, Tatana Crudu, dal mezzo della folla gridava: “Andamus a su Profeta!” (Andiamo dal Prefetto!) e Mariantonia, una popolana di Mamoiada che aggiungeva: “Corfu e balla, a nos cherene a sa limusina!” (Che vi possa colpire un colpo di palla – di fucile – vogliono ridurci all’elemosina!). A questo punto ebbe inizio l’assalto al palazzo Martoni, sede del Comune. Tonia Ormena, una delle popolane più determinate, si fece avanti armata con una grossa scure e abbatté il portone centrale dell’edificio civico, mentre suo figlio Berritta, armato di fucile, ebbe uno scontro con la truppa che presidiava il palazzo. Una volta abbattuto il portone, la folla vociante fece irruzione all’interno dell’edificio mettendolo a soqquadro.
Paska Zau e un gruppo formato dai più esasperati raggiunsero l’archivio comunale per impossessarsi della documentazione relativa ai piani di lottizzazione dei terreni comunali. La battagliera Paska a questo punto afferrò con i denti dei documenti, e strappandoli a morsi gridava: “Ecco su sambene de su poveru!” (Ecco il sangue del povero!), Nell’infuriare dell’assalto il figlio di Ghisau (un popolano che prese parte alla sommossa) venne alle mani con il capitano dei R. Carabinieri, Giacomo Brunero, che intervenne per sedare la sommossa, mentre un tale Demontis, dopo una furiosa lotta nel tentativo di strappare la bandiera issata sopra il portone centrale, fu colpito da un forte pugno sulla testa tanto da procurargli una grave ferita da cui uscì copioso sangue. Un certo Pintor infine riuscì a strappare la bandiera dal balcone, e con il drappo in mano corse in strada esortando tutti a gridare: “A su connottu, torramus a su connottu!”, mentre un’altra popolana, Moritta, che assisteva alla sommossa da una finestra del palazzo Corbu (adiacente al palazzo Martoni) urlava nei confronti di Turudda (soprannome di un personaggio di parte contraria): “Bae ja t’arranzo deo!” (Vedrai che t’aggiusto io!). Intanto i rivoltosi, una volta entrati in possesso della documentazione razziata dall’archivio comunale, portarono tutto in piazza per dargli fuoco. Seguì un’ondata di sessantanove arresti da parte delle forze dell’ordine, di cui dieci furono gli imputati con l’accusa, di essere stati promotori, istigatori di saccheggio, guasti e danni commessi nella Casa comunale: il nobile Gavino Gallisay, il medico Giuseppe Cottone, lo scrivano Giuseppe Corbu, l‘insegnante Giuseppe Floris – Puggioni, il proprietario Pasquale Ghisu Manca, l’impiegato Michele Deledda e i sacerdoti: Giovanni Nieddu, Ignazio Serra, Sebastiano Cambosu (zio di Grazia Deledda n.d.A.) e Salvatore Veracchi; mentre cinquantanove furono quelli imputati di “reati di saccheggio e guasti”; primeggiano tra questi i nomi di Paka Selis Zau (che guidò la sommossa) e di Tonia Ormena (che armata di scure abbatté il portone della Casa comunale). Tutti gli imputati vennero di seguito mandati a processo presso la Corte d’Appello di Cagliari, ma tramite l’intervento del deputato bittese Giorgio Asproni ci fu una richiesta di grazia presso il ministro di Grazia e Giustizia Defilippo, richiesta che venne accolta con conseguente concessione di amnistia autorizzata il 28 novembre 1868 con regio decreto di Vittorio Emanuele II. Si chiuse così, senza condanne un triste capitolo che pose fine a quella che venne definita una guerra di poveri. Fu soltanto una tregua; i fatti cambiarono nel 1871, dal momento che a ricoprire la carica di sindaco di Nuoro fu riconfermato l’avv. Salvatore Pirisi – Siotto, che, visto il perdurare dell’occupazione dei pascoli da parte di pastori non acquirenti, fece affiggere un manifesto, dove tassativamente s’intimava lo sgombero entro quindici giorni dei terreni per essere messi a disposizione di nuovi acquirenti assegnatari. Assegnatari che nel 1872 provvidero al pagamento dei lotti e stipula dell’atto notarile. La “guerra dei poveri” poteva a questo punto considerarsi una “guerra persa” in una terra come era la Sardegna, allora terra sopraffatta da secolari problemi economici e sociali. Problemi a cui lo Stato cercò in seguito di porre rimedio con l’istituzione di un’apposita Commissione parlamentare, presieduta dall’onorevole Agostino Depretis. Commissione, che purtroppo nonostante le aspettative iniziali si concluse senza alcun risultato utile.
Su Connottu, sui luoghi dove avvennero i fatti quel tragico 26 aprile 1868 vedi: YOTUBE Su Connottu e Paska Zau 2018