di ANDREA DEIDDA
Sguardo sornione, Richard si illumina quando inizia il racconto delle sue escursioni nelle campagne sarde: La mia è una passione che dura da tutta la vita, la considero un privilegio, perché certe sensazioni, certe passioni non le trovi lungo la strada ma te le porti dentro da sempre, nascono con te. Così è nato il mio interesse per tutte le civiltà del passato e la loro storia, in particolare per la civiltà nuragica, i misteri e le meraviglie che ci ha regalato e che sono arrivate fino ai giorni nostri. Quelle costruzioni sono il testamento che ci è stato lasciato da un popolo maestoso e fiero, capace di essere allo stesso tempo allevatore di bestiame, abile costruttore e soprattutto valido e temibile guerriero. Un popolo che nell’Età del bronzo era capace di navigare per tutto il Mediterraneo, motivo per cui veniva anche chiamato popolo del mare, e che incuteva timore a tutte le genti per gli Shardana, i suoi guerrieri temuti e venerati.
Gli Shardana dal cuore risoluto non si sapeva combatterli da sempre; essi venivano, il loro cuore fiducioso, su vascelli da guerra nel cuore del mare, non si sarebbe potuto resistere davanti a essi.
Così recita la stele di Tanis del faraone Ramesse (circa 1287 a.C.) che volle questi valorosi guerrieri con sé nella battaglia. Un’ulteriore testimonianza è fornita dai vari bronzetti rinvenuti in tutta l’isola che rappresentano con cura le effigi di tali guerrieri e le navicelle con cui solcavano i mari durante i loro viaggi, nonché le imperiose statue dei giganti di Mont’e Prama che ancora meglio descrivono la fierezza di tali figure.
Richard continua il suo racconto spiegandoci cosa lo ha spinto a coltivare questa passione: Come si può non rimanere affascinati da questo popolo che, oltre la storia, ci ha lasciato in eredità capolavori architettonici assoluti, quali tombe dei giganti, altari e pozzi sacri, domus de janas, dolmen, menhir o i circa 8000 nuraghi sparsi in tutta l’isola. Costruzioni che ancora oggi creano meraviglia negli occhi di chi guarda e rimangono avvolte nel mistero, sia per la loro funzione sia per quanto concerne la loro realizzazione. Torri circolari meravigliose costruite a secco con massi enormi, monotorri o articolate in strutture più complesse, simili a vere e proprie fortezze che potevano raggiungere in altezza anche 30 metri.
Autentici castelli in pietra che pur compromessi dal tempo, lasciano senza parole e fanno in modo che si possa solo immaginare cosa nel loro periodo di massimo splendore potessero incutere nell’animo dei nostri avi. Non esiste altra civiltà nel Mediterraneo, a parte gli antichi Egizi, capace di costruire, in quel contesto storico, tali capolavori architettonici: sarebbe bello vederli valorizzati come meritano in modo da renderli fruibili per tutti. C’è molto da lavorare per fare conoscere al mondo la nostra storia e la sua unicità: basti pensare che il sito di Stonehenge nel Regno Unito ha un media annua di visitatori pari a circa novecentomila persone mentre il sito Su Nuraxi a Barumini si attesta sotto le centomila visite annue. Il nostro popolo ci ha consegnato un patrimonio ancora tutto da svelare, forse per questo ogni mio viaggio verso i nostri siti più belli e un po’ come scoprire quanto mistero e bellezza ancora c’è nella nostra storia.
Com’è nata la tua passione per i nuraghi? È una passione che ho sin da bambino: sono sempre stato attratto da ciò che di antico c’era attorno a me e dalla civiltà nuragica in particolar modo. Da piccolo non potevo soddisfarla, da adulto, ora, posso visitare tutti i siti desiderati.
Quali sensazioni provi quando entri per la prima volta in un nuraghe? Sono sempre emozionato e curioso di esplorare un sito mai visitato. Cerco sempre di prestare attenzione a ogni particolare perché ogni sito è unico. C’è una domanda che sempre mi accompagna: come facevano, senza i mezzi che conosciamo oggi, a costruire simili meraviglie?
Che risposte ti dai a questa domanda? Le modalità di costruzione rimangono ancora avvolte nel mistero. Come facessero a erigere tali strutture non è dato sapere con certezza, anche perché non si riesce a spiegare come riuscissero a lavorare, trasportare e posizionare pietre pesanti anche tonnellate ad altezze considerevoli (come, per esempio, la pietra che funge da architrave al nuraghe Ponte di Dualchi che ha un peso stimato di 17 tonnellate). Le ipotesi sono varie: c’è chi parla di ponteggi intorno ai nuraghi, teoria confermata dal ritrovamento dei cosiddetti fori pontai rinvenuti sui nuraghi stessi. Altri sostengono che si utilizzassero rampe, altri ancora l’uso di antichi argani. Ancora oggi il mistero rimane e contribuisce a dare più fascino a questi antichi capolavori.
Potendo usare la macchina del tempo, sarebbe bello tornare a quel periodo proprio per vedere come effettivamente li costruivano? Se potessi usare la macchina del tempo mi piacerebbe poter sorvolare a bassa quota la nostra Isola nel periodo di massimo splendore di questa civiltà misteriosa, per poter vedere con i miei occhi come vivevano, le loro abitudini, i loro abiti, i loro villaggi e soprattutto questi maestosi castelli in pietra nel pieno della loro bellezza.
Qual è il tuo nuraghe preferito? Il mio nuraghe preferito è quello che ancora devo visitare. Sarebbe facile fare nomi ma ognuno di essi ha qualcosa di speciale. Penso sempre che ci siano capolavori ancora tutti da scoprire. Mi vengono in mente nuraghi come il Castello Fanaris di Decimoputzu o Su Nuraxi di Samatzai: vi invito a visionare una foto dall’alto di quest’ultimo per capire di cosa parlo. La nostra terra è uno scrigno di gioielli.
Fai tanti chilometri per esplorare i nuraghi. Qual è il più vicino a casa tua e quale il più lontano tra quelli visitati? Il nuraghe più vicino, e forse quello che amo di più, ma solo perché sono cresciuto nell’esplorarlo, è il nuraghe Bau Mendula di Villaurbana. Tra i più distanti forse il Palmavera ad Alghero o il Loelle a Buddusò. Non mai dato importanza, però, ai chilometri anche perché, in un giorno, solitamente visito diversi siti. Non mi stanco mai di andare in giro per la nostra terra e finché avrò la possibilità continuerò a visitarla e esplorarla.
Prima di partire per visitare un nuovo nuraghe dove prendi le informazioni per capire se vale la pena visitarlo? Solitamente su internet. Seguo diverse pagine sui social, visiono video su You Tube e mi avvalgo molto dell’App e del sito Nurnet. Quest’ultimo trovo che sia uno dei punti di riferimento per chi come me è un appassionato o anche per chi vuole iniziare a visitare le meraviglie della nostra isola. Sia l’App che il sito sono molto completi e in più è presente la funzione Maps che ne facilita la scoperta. Forse ci sono poche immagini, ma i gestori del sito fanno un lavoro immenso perché i luoghi censiti e descritti sono veramente tanti: va fatto loro un plauso grande.
Anche tu stai iniziando a pubblicare sulle pagine social le tue esperienze: cosa vorresti restasse impresso in chi legge i tuoi post? Ho aperto le mie pagine social soprattutto per trasmettere la mia passione. Mi piacerebbe, attraverso le mie immagini e i miei post, regalare parte delle mie emozioni e sensazioni che ogni sito mi dona, per trasmettere curiosità e passione.
Hai visto tanti nuraghi, alcuni belli, curati e facili da raggiungere. Ma quando ti avventuri in quelli nascosti nella vegetazione e per entrare ti devi fare spazio tra rovi e sterpaglie ti senti un po’ l’Indiana Jones di Tiria? Non ho né il carisma né la frusta di Indiana Jones, né tanto meno il fascino di Harrison Ford ma, francamente, quelli inaccessibili sono quelli in cui mi diverto di più. Penso sempre che potrei essere il primo a vedere o esplorare certi passaggi al loro interno e questo aspetto della visita rende tutto più misterioso e intrigante.
Quale equipaggiamento è necessario per partire alla scoperta dei nuraghi? Solitamente porto con me uno zaino con la videocamera, una torcia a mano e una frontale. Sto valutando seriamente l’acquisto di un drone per poter eseguire riprese aeree dei siti per regalarne il loro splendore dall’alto.