di MICHELE PINTORE
Duecentocinquanta anni fa, il 6 gennaio del 1772, la comunità nuorese si ribellava contro i diritti di tassazione imposti tramite il suo esattore (arrendadore) dal marchese De Silva di Orani, feudatario del regno di Spagna. Lo storico avvenimento, che portò alla cacciata dell’arrendadore, rimase impresso nella memoria locale come una luminosa pagina di storia sarda contro la tirannia del dominio straniero nell’Isola. Il fatto fu il preludio di quei tragici avvenimenti che ventiquattro anni più tardi (1796) sarebbero sfociati nella lotta antifeudale intrapresa da Giovanni Maria Angioy accompagnata dal canto “Procurade ‘e moderare, barones sa tirannia” di Francesco Ignazio Manno.
Con ordinanza del regio editto del 24 settembre 1771 emanato da Carlo Emanuele III, con cui in tutti comuni della Sardegna venivano istituiti i Consigli Comunitativi (che in seguito sarebbero divenuti i Consigli Comunali), anche nella villa di Nuoro (allora piccolo borgo con poco più di 2500 anime), a partire dal gennaio del 1772 entrò in attività il primo Consiglio, che, in conformità a quanto previsto dallo stesso editto era composto di sette consiglieri, tutti eletti tra cittadini appartenenti alle tre classi sociali (prima, mezzana e infima), con almeno trenta anni di età, di condizione benestante, onesti, e nativi o residenti nella villa da almeno dieci anni. Furono così eletti: il nobile don Antonio Francesco Nieddu – Delsardo, che assunse la carica di sindaco e Francesco Ignazio Pirella – Nieddu, ambedue consiglieri di prima classe; Alessio Pirella – Carta, Giuseppe Espano – Manca e Salvatore Conquedda – Satta, consiglieri di seconda classe; Giuseppe Ruiu – Buesca e Ventura Guiso – Floris consiglieri di terza classe.
Mentre nelle prime riunioni il neo Consiglio si occupò dell’espletamento delle formalità, che prevedevano l’insediamento dei componenti e il giuramento di rito, con la seduta del 6 gennaio 1772 si entrò nel vivo dei problemi da affrontare in campo amministrativo, e tra questi quello più aspro, quello dei tributi, poiché in quella stessa data si era presentato alla nuova assemblea comunitaria il dott. Giovanni Antonio Moreddu di Fonni, che, in qualità di arrendadore (dallo spagnolo arrendar = affittare),esattore responsabile della riscossione dei tributi per conto del marchesato di Orani, di cui faceva parte anche la villa di Nuoro(da notare tra l’altro che la Sardegna già da cinquantadue anni era sotto il dominio dei Savoia), senza mezzi termini fece formale richiesta per conto del 7° marchese di Orani, don Pedro de Alcàntara de Silva de Hìjar Portugal y Portocarrero Fernandez – che risiedeva in Spagna -, affinché: «lo senores Consejeros (i signori consiglieri) passassin (procedano) a la derrama (alla ripartizione) del derecho (diritto di tassazione) de vinas (delle vigne) y calmenas (e degli alveari)». In buona sostanza si chiedeva l’imposizione di nuove tasse su vigne e alveari, tributi da dividere tra i vassalli del feudo. Tutto questo, nonostante il grave stato di disagio in cui si trovava e vivere una popolazione stremata e stanca di subire da decenni continue pressioni fiscali. Immediata e decisa fu la reazione da parte del sindaco Nieddu Delsardo e del Consiglio nuorese, che, di fronte a quella che fu ritenuta come un’ennesima vessazione del feudatario di turno, dopo un sommario processo rimandarono indietro l’arrendadore con la risposta per il suo padrone contenuta nel testo di una delibera del Consiglio Comunicativo: «No se permida el abuso de ninguna manera de ningnuna, nueva imposicion y nuevo pecho né el arrendador né el mismo Marques» (Non si permette nessun abuso e in nessuna maniera l’imposizione di nuove tasse né all’esattore né al medesimo marchese).
Fu decisamente una risposta piena di orgoglio e di indomita fierezza sarda; quasi a voler anticipare di ventiquattro anni la rivolta antibaronale capeggiata nel 1796 da Giovanni Maria Angioy, la scintilla che accese gli animi di quello straordinario fermento popolare, e che al ritmo travolgente di «Procurade ‘e moderare, barones sa tirannia» di Francesco Ignazio Manno, avrebbe incitato i sardi contro i feudatari e la loro arroganza.
L’antefatto
La storia del passato riguardo a precedenti soprusi feudali da parte dei marchesi di Orani, tuttavia non finisce ancora di sorprendere, dal momento che inquietanti retroscena sono ultimamente riemersi dalle carte di vecchi archivi, questo grazie al recente ritrovamento di un importante documento manoscritto del XVIII secolo, dove risulta che già trentacinque anni prima, nel 1737, Don Isidro Fadrique de Silva de Hìjar y Portugal (1690 – 1749), 5° marchese di Orani (padre di Don Joaquin Diego 6° marchese di Orani e nonno di Don Pedro, il 7° marchese di Orani, che in seguito, nel 1772 avrebbe inviato a Nuoro l’arrendadore)tramite sua moglie (perché indisposto), doña Prudenciana Portocarrero y Funes de Villalpando, inviò una missiva al suo fiduciario, curatore del marchesato di Orani, Cav. Don Giovanni Nieddu (zio di quel don Antonio Francesco Nieddu Delsardo, che in qualità di sindaco incontrerà l’arrendadore nel 1772), chiedendogli di quantificare i suoi beni e possedimenti nel feudo del marchesato di Orani.
L’importante documento inviato da Madrid il 27 giugno 1737, così riporta:
Par la indisposission del Duque està a cargo el govierno de mi contado… me valgo de ti para me informes son mis estrado de este mi Reyno, queproducen, quantos vassallos los componen, sus calidade. Madrid y Iunis 27 de 1737.
Don Juan Nieddu (destinatario) Cavallero en mi villa di Nuoro. La Duq.sa de Hìjar y Marquesa de Orani.
In sintesi, l’allora marchesa di Orani scriveva da Madrid a Nuoro, al Cav. Don Giovanni Nieddu, suo fiduciario e amministratore del marchesato di Orani, chiedendogli (per conto del marchese, suo marito) di essere informata sullo stato del suo feudo: che cosa si produceva, nonché la consistenza numerica dei vassalli e le loro qualità. La richiesta indubbiamente era motivata da probabili future richieste di tasse da inviare da Madrid.
I marchesi di Orani nella storia (da Pedro Moreno Meyerhoff)
Il Marchesato di Orani, istituito con decreto di Filippo III l’8 marzo 1616, fu l’atto finale di una lunga evoluzione che a partire dal 1335 portò la villa di Orani a diventare capo di un esteso feudo della Sardegna centrale che nei secoli espresse diciassette marchesi:
– Doña Ana de Portugal y Boria (1570 -1629) I marchesa di Orani.
– Don Diego de Silva Portugal (1592-1 661), II marchese di Orani.
– Don Isidro de Silva Portugal y Suàrez de Carvajal (1643 -1682) III marchese di Orani.
– Don Fadrique III de Silva Portugal y Poprtocarrero (1672–1700) IV marchese di Orani.
– Don Isidro Fadrique de Silva Fernàndez de Hìjar y Portugal 1690 – 1749), V marchese di Orani.
– Don Joaquìn Diego de Silva Fernàndez de Hìjar Portugal y Portocarrero (1721-1758) VI marchese di Orani.
– Don Pedro de Alcàntara de Silva Fernàndez de Hìjar y Abarca de Boea (1741-1808) VII marchese di Orani.
– Don Austìn I Pedro de Silva Feràndez De Hìjar Portugal y Palafox (1773–1817) VIII) marchese di Orani.
– Doña Fr.isca Javera de Silva Fernàndez Hìjar Portugal Fitz James-Stuard (1795-1818) IX marchesa di Orani.
– Don Josè Rafael de Silva Fernàndez de Hìjar Portugal y Palavox (1776 -1863) X Marchese di Orani
– Don Cayetano de Siva y Fernàndez de Còrdoba (1805-1865) XI marchese di Orani.
– Don Agustìn de Silva y Bernuy (1826–1872) XII marchese di Orani.
– Doña Ignacia De Bernuy y Valda (1815-1874) XIII marchesa di Orani.
– Doña Marìa Teresa de Silva y Cavero (1881–1916) XIV marchesa di Orani.
– Don Carlos Vàzquez y de Silva (1913-1938) XV marchese di Orani.
– Don Pedro Caro y Vàzquez (1936) XVI marchese di Orani.
– Doña Marìa del Rosario Cayetana Fitz Jamez-Stuar y Silva, XVII marchesa di Orani.
Lo storico avvenimento dell’arrendadore nell’arte pittorica del grande artista sardo Mario Delitala
Lo storico avvenimento di quel 6 gennaio del 1772 rimase sempre vivo nella memoria nuorese come un esempio di lotta e di riscatto sociale contro soprusi e malgoverno del passato. Tutto questo ispirò il famoso pittore Mario Delitala (1887-1990) alla realizzazione della grande tela, ”La cacciata dell’arrendadore” (cm. 203,4 x 342,6), destinata alla Sala Consiliare del Comune di Nuoro. Nel 1924, infatti, il Comune di Nuoro concluso l’iter burocratico per la decorazione della nuova Sala Consiliare del municipio, affidò al grande artista oranese il prestigioso incarico di rappresentare con la sua arte un grande avvenimento che avrebbe immortalato una pagina di storia nuorese. Il pittore, che decise di rappresentare con la sua arte la disavventura del malcapitato arrendadore, affrontò l’impegno artistico, non prima però di aver provveduto a un’accurata ricerca d’archivio per ricostruire lo storico avvenimento, ricerca che lo portò alla preparazione di un bozzetto d’insieme e alla realizzazione di numerosi studi preparatori dei personaggi che animano la scena del grande quadro. L’opera, ultimata nel 1926, risultò come un interessante studio di volti di vecchi barbuti personaggi nuoresi, in berritta e capo scoperto, con il volto incorniciato da fluide chiome, che posarono per l’artista con espressioni di severità e saggezza; personaggi tutti individuati dall’artista per particolari tratti somatici e per l’espressione del viso. Uno studio particolare Delitala lo dedicò per l’individuazione del personaggio che avrebbe dovuto dare il volto all’arrendadore, personaggio che secondo l’artista avrebbe dovuto avere l’espressione severa e sprezzante dell’avido esattore delle tasse. Dopo un’accurata selezione, l’artista scelse il volto di Giov. Antonio Ticca un pastore nuorese noto con il sopranome di Perché. Il grande quadro di Mario Delitala, vero capolavoro dell’arte pittorica del Novecento in Sardegna, resta come un’icona di storia nuorese a ricordo di una gloriosa pagina di fierezza e dignità di un popolo non incline all’arroganza e ai soprusi dei prepotenti.