di GLORIA VANNI
Mario è l’unica persona che, come me, fa lo stesso lavoro prima e dopo Minorca. Mi sono perciò divertita a cambiare l’ordine delle tre professioni di un amico che stimo molto come uomo di mare, come grafico, come fotografo.
Ho avuto modo di conoscerlo in tutti e tre gli ambiti. Soprattutto ho avuto il piacere di toccare con mano la sua gentilezza, dove umanità fa rima con professionalità e disponibilità è sinonimo di apertura. Una apertura a tutto tondo, di cuore e di testa. Doti che da sardo Doc rivela poco a poco, “poc a poc” come si dice a Minorca.
È arrivato a Mahon con la sua barca a vela in una notte di tempesta: era il 18 marzo 2012. La sua idea era fermarsi per un po’ in uno dei porti naturali più grandi del mondo. Poi, ha deciso di trasferirsi e ha scelto di non porsi limiti di tempo. Perché, spiega: «Vivo in barca, faccio charter, porto in giro le barche di altri e mi piace essere libero di cambiare idea in qualsiasi momento».
Perché hai scelto Minorca e non un’altra isola delle Baleari? «Perché Minorca mi ricorda i sogni d’infanzia, sogni più che ricordi. Perché ha una natura strepitosa. Perché per la sua posizione geografica è simile alla Sardegna. Perché è piccola e mi piace questa dimensione che sento soprattutto circumnavigandola. Minorca è un solo corpo, un elemento unico che ti dà protezione. Bastano questi perché?».
È così che Mario rivela un’altra sua virtù, l’ironia, mescolata a una notevole profondità culturale e alla passione per la musica.
«Sono sempre stato musicista. Fin da bambino ho suonato la chitarra. Ho fatto parte di gruppi rock e di musica irlandese. Poi, ho conosciuto Alexander Hopkins e ho iniziato a suonare il colascione, un basso antico che lui ha resuscitato da un dipinto. Oggi sono parte del gruppo musicale di Galatea, associazione che promuove un repertorio di barocco italiano a Minorca», aggiunge.
Continua a vivere in barca Mario, la sua base è Addaya, porticciolo sulla costa settentrionale «gestito da persone professionali e amabili». Quando non è in navigazione – organizza escursioni, crociere e traversate dall’Italia alla Spagna e viceversa -, si alza presto, lavora 6 ore al giorno (grafica e fotografia), cammina e va a trovare gli amici. Come Mario Cappa, una delle “anime della Isla del Rey“, memoria della corazzata Roma, punto di riferimento della Marina Militare Italiana a Minorca.
Come ti suddividi tra grafica e fotografia, Mario? «A 55 anni ho deciso di chiudere lo studio a Cagliari per cambiare vita. Ho mantenuto pochi e selezionati clienti. Qui vivi benissimo con meno denaro e meno cose. Se ne avvantaggia la qualità della vita. Sul fronte fotografico sto lavorando come volontario all‘ampliamento della Sala Corazzata Roma. L’associazione Isla Hospital del Rey è stata inclusa tra i “Musei del mare del Mediterraneo”. Stiamo organizzando le sale che racconteranno la storia del porto di Mahon».
Due parole sugli abitanti di Minorca? «Per un sardo i minorchini sono più intellegibili che per altri. Conosco la loro testardaggine e bontà d’animo, non faccio fatica a capirli. Apprezzo l’alto valore civico e lo straordinario livello culturale. Ho amici spagnoli, minorchini, italiani. Ho sempre cercato di non isolarmi in un gruppo. Frequento tutti e sono venuto qui perché Minorca è Spagna. Ho fatto mia questa bellissima frase del portoghese Salvador Sobral: “Uno encarna una persona distinta en cada idioma que habla y yo me gusto como soy en español, uno incarna una persona diversa in ogni lingua che parla e io mi piaccio come sono in spagnolo”».
I minorchini come vedono gli italiani? «Ci vedono buoni a nulla e capaci di tutto. Direi che questa è una visione più europea che minorchina. Chi lavora bene è apprezzato e tenuto in considerazione. Poi, ogni estate arriva qualcuno che apre un bar senza esperienza e se ne va. Minorca non è Ibiza: non è una terra di conquista dove si arriva per tre mesi, si apre un ciringuito e poi si scappa via magari lasciando debiti. No, qui non funziona. Se questa è l’idea, meglio andare altrove».
Quali altri suggerimenti vuoi dare a chi pensa di venire a Minora? «Nessuno! Il passaggio è così vantaggioso che il riscontro di miglioramento è immediato. L’isola ti accoglie, ti fa respirare, ti rende la vita più facile. La prima percezione (illusoria) è che qui non sappiano fare le cose o le facciano male. In realtà qui le sanno fare bene a un ritmo differente. Qui si smette di correre e bisogna imparare a vivere con altri ritmi. Aggiungo che Minorca ha un alto livello culturale: è meno conservatrice e tradizionalista dell’Italia. Siamo riusciti a veicolare la musica barocca, poco conosciuta e poco commerciale, in chiese e palazzi antichi. Abbiamo vissuto aperture ed esperienze inaspettate.
È tempo di ascoltare il vento e prendere il mare. Mario e la sua barca con lo scafo bianco e blu si allontanano spinti da una leggera brezza. Sembrano danzare tra le onde e lasciano una scia che raccoglie le parole di questa intervista. Pensieri e scelte di un altro italiano che ha deciso di cambiare vita e vivere a Minorca. Isola dove è bello farsi accogliere. Dove è ancora meglio contribuire con la propria esperienza a scrivere altre pagine italiane. Come Mario Garau, appunto.