di PIER BRUNO COSSO
Ottavio Olita nel suo ultimo libro ci ha imbrogliato.
Già dal titolo, Sulle tracce di Almeida (Isolapalma Ed. 2021), avremmo dovuto capire che c’è dentro molto più di un romanzo di narrativa. Invece, senza avvertimenti, ti avvicini alla lettura con leggerezza, quasi con quella piacevole predisposizione all’ascolto e nulla più. E lì lui, dopo averti attirato con la sua solita bella scrittura, ti trasporta, ti tira fuori dalle tue comode presunzioni, ti porta in alto dove la cultura vola altissima, ti fa sentire inadeguato perché non l’hai difesa con la vita, la cultura, poi ti butta giù punzecchiandoti di filosofia, ti fa commuovere, e ti indica la via maestra additandola con una solenne e perentoria indicazione.
Così ti scuote, ti trascina e ti spinge senza prima avverti avvisato. Insomma ti imbroglia perché con il suo libro ti porta dentro un complesso narrativo, complesso a più strati. Ti imbroglia perché tutto questo non te lo aspettavi, e, anche se non vuoi, resti intrappolato dentro gli sviluppi della struttura.
Uno strato sicuramente è la storia portante, quella di un ragazzo, Luca Mulas, che da un momento all’altro abbandona la sua città, la famiglia, gli studi universitari e le sue amicizie per cercare quello spirito di vera cultura nel mondo. Ma non cultura come un qualcosa che riempia la bocca, ma quella cultura che fa palpitare, che dà impulso a nuove idee e a nuova democrazia; democrazia vera, di rango elevato che sia inclusiva con tutti i popoli.
Nella prima fase quindi la narrazione parte veloce con toni del giallo. Olita, da buon giallista ci sa tenere col fiato sospeso per la fuga del protagonista che, come unica traccia per la sua scomparsa, lascia alla madre una lettera piena di rabbia per l’attuale situazione politica e culturale italiana. Si dispera nelle sue righe per una società che non dà niente ai giovani, che non è adatta ai giovani e neppure agli intellettuali. Che non hanno mai voce, sommersi dal cicaleggio chiassoso, e pieno solo di livore, senza prospettive e senza speranze. Una società che lui rifiuta, da cui può solo scappare.
L’affannosa ricerca di Luca da parte dei genitori diventa subito un’indagine vera e propria, serrata e avvincente. Il giovane così viene seguito dalla telecamera del racconto in tutto un suo percorso interiore, ma anche in giro per l’Europa. Una esplorazione geografica e culturale, che lo porta a conoscere l’amore, che lo porta a guardarsi dentro. Così il giallo diventa subito un romanzo di formazione e di transumanza.
Ma questo girovagare ci porta verso un altro strato del libro: l’ambientazione. Dove l’ambientazione non è mai una citazione meramente geografica, ma un vero approfondimento nelle radici di una città, ma più ancora di una civiltà. I luoghi sono visti dall’interno, non col veloce sguardo del turista. Posti come Bologna, Padova, Cagliari, Madrid, Porto, per citarne alcuni, si svelano con le loro piazze, i musei, le attrazioni, le trattorie e i piatti caratteristici, ma più su di tutto, con la gente che li anima e che li ama.
Un altro strato è una sottile ricerca culturale, dove la cultura di un luogo non è necessariamente legata a quel luogo, ma appartiene a tutti. Parte da un artista, ma poi abbraccia tutti. Che poi è una cultura alternava, che si distacca da quella scolastica o parruccona, per diventare cultura viva, quella che muove le idee, che muove la gente, per la gente. Che muove un popolo verso un altro. Devo confessare che in certi passaggi Ottavio Olita sembra che si possa avvicinare pericolosamente al didascalico, ma la sua dote di narratore gli fa aggirare il pericolo portandosi su una quota molto più alta, dove la cultura è un vento che sospinge la conoscenza come un aliante.
Un altro strato ancora, ma forse il più pregnante, rivoluzionario e pungente, è quello che lega la cultura alla politica. La politica, la vera politica deve partire da una base culturale. La politica dovrebbe essere un fatto culturale. Con una classe di donne e uomini, al servizio della collettività, che hanno idee, che fanno azioni, anche non rivoluzioni, ma sanno andare incontro. Che sanno parlare al cuore e alla testa della gente, e non alla pancia con un’enfasi da imbonitori, scavando nel sottobosco delle insoddisfazioni per alimentare solo odio e qualunquismo. Come il nostro triste vissuto quotidiano, impermeabile a giovani di cultura e intellettuali.
E su questo Ottavio Olita non fa sconti, non allude, ma dice chiaramente a più riprese che questo è uno sconvolgente male italiano. L’autore lancia un accorato grido d’allarme, perché quella intrapresa è una strada senza uscita, che non porterà mai avanti, che non porterà mai da nessuna parte. Il suo è un grido altissimo, che scuote. Che bisogna saper sentire dentro se stessi. E già questo, da solo, varrebbe tutto il libro.
La soluzione? L’autore non propone una cura, non sale sulla cattedra per impartire lezioni. Lui semplicemente, ma molto efficacemente, ci racconta di un modello illuminato, di un uomo nato in Portogallo che, poeta, scrittore, filosofo, politico, giornalista e anche ambasciatore ha saputo lasciare un’impronta indelebile sul piano della cultura politica nazionale e internazionale. Perché quando la politica abbraccia la cultura arriva la vera democrazia, lo spirito del popolo per il popolo, aborrendo le distinzioni. Arriva un modello di società vivibile che può portare avanti tutta la collettività, indiscriminatamente.
Questo grande uomo di cultura, vissuto nell’Ottocento e diventato famoso con lo pseudonimo di Almeida Garrett (da qui il titolo Sulle tracce di Almeida), viene raccontato con la freschezza e l’incanto che l’autore, anche da consumato giornalista, sa dare. Olita, nelle sue considerazioni personali nel risvolto di copertina, ce lo propone come un bellissimo esempio per i giovani che oggi purtroppo devono subite questa crisi di valori. Io credo che l’autore imbrogli anche qui, perché Almeida non può essere un esempio per i giovani. Non soltanto. Deve essere un forte esempio per i giovani, e altrettanto per quelli più maturi che giovani lo sono stati. Ottavio, non imbrogliare (mi posso permettere di dirgli), deve essere un esempio per tutti.
Un grande complimenti
Complimenti
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