di PAOLO PULINA
Il 3 febbraio il “Corriere della Sera” ha pubblicato un’ampia (occupa un’intera pagina) intervista, firmata da Giorgio Terruzzi, a Pietro Paolo Virdis, glorioso ex centravanti di Cagliari, Juventus, Udinese e Milan, nato nel 1957 a Sassari («per caso – precisa lui –, io sono di Sindia, paese sardo di 1600 abitanti in provincia di Nuoro»).
Da anni Virdis, smessi anche i panni dell’allenatore, gestisce a Milano con la moglie (la vera “bomber”, dice lui) e con i figli il ristorante-enoteca “Il gusto di Virdis”. In rapporto a questa sua attività, alla domanda «A proposito di vini. Particolari e sardi, soprattutto. La scelta indica una restituzione, una radice. Il legame con la propria terra non si spezza mai?», Virdis risponde: «Certo. L’amore per la Sardegna è profondo ed è aumentato nel tempo a causa della lontananza. Cerco di ricambiare ciò che ho ricevuto dai luoghi dell’infanzia con intensità crescente. In cantina tengo prodotti provenienti da tutta Italia ma cerco sempre più di promuovere vini della mia regione d’origine. Che sono molti e di straordinaria qualità».
Naturalmente queste espressioni suonano come musica alle orecchie dei suoi conterranei che, come lui, vivono e lavorano fuori della Sardegna; esse accrescono, se così si può dire, il sentimento di naturale-nativa “simpatia” con il personaggio.
Ma questo mio intervento ha lo scopo di precisare il riferimento presente nel titolo dell’intervista a Pietro Paolo: «Andai in India da Sai Baba e diventai un suo seguace». Di che si tratta? Virdis dichiara di seguire come principio questa frase: «Ama e servi tutti»; queste parole per lui racchiudono «un principio complicato e bellissimo quando si riesce a metterlo in pratica. Rimanda al predicatore indiano Sai Baba. Negli anni Novanta mia moglie ed io leggemmo di lui, ci incuriosì. Decidemmo di andare in India per vedere se i racconti su quell’uomo capace di fare tanto e bene per gli altri corrispondevano a verità. Beh, era tutto vero. Cominciammo a seguire i suoi insegnamenti. E di comportarci di conseguenza. La frase è una sintesi esauriente. Indica un modo di stare al mondo che corrisponde ad una aspirazione».
Ebbene, per sapere della predicazione di “Sathya Sai Baba” (Puttaparthi, India, 1926- 24 aprile 2011), che ha milioni di devoti in tutto il mondo, possiamo rimandare al libro scritto da Cristoforo Puddu nel 2011 e intitolato “Sai Light in Australia” (“La Luce di Sai in Australia”), di cui lui stesso ha riferito su questo sito (si veda al link https://www.tottusinpari.it/2011/06/22/la-luce-di-sai-in-australia-il-libro-di -cristoforo-puddu-pubblicato-anche-in-india/ ).
Ho chiesto a Cristoforo di aggiornare le notizie apparse nel suo articolo del giugno 2011. Ed ecco che cosa mi ha risposto: «Caro Paolo, ti ringrazio per l’attenzione che hai sempre riservato ai miei scritti; ricordo bene i tuoi puntuali consigli mentre mi accingevo a definire la bozza del libro su Sai Baba.
Mi chiedi di aggiornare le notizie apparse nel 2011. La famiglia Cossa-Gessa vive sempre a Sydney; la “Luce”, donata loro in modo “soprannaturale” da Sai Baba, è conservata costantemente viva e meta di preghiera da parte di numerosi fedeli. Per motivi di età e di salute hanno diradato i loro viaggi spirituali in India.
Per quanto riguarda Ezio Codato, referente per la pubblicazione in Italia, penso che si sia trasferito definitivamente in India: dai recapiti in mio possesso non ho ricevuto riscontro da circa quattro anni.
Custodisco ancora diverse copie della pubblicazione, che omaggio gratuitamente e volentieri agli eventuali interessati ad una narrazione di fede ed emigrazione. Cristoforo Puddu, regione Serraoro, 1 – 07010 Illorai SS».