di GIANRAIMONDO FARINA
Rileggere criticamente “Le Grandi Utopie sulla Sardegna” è,un po’, dal punto dei vista dello studio delle condizioni degli scali marittimi sardi, avere uno spaccato chiaro delle loro condizioni in età moderna, con particolare riferimento al periodo pre e post-unitario. In tal senso, soprattutto per gli storici economici come noi “addetti ai lavori”, il contributo di Giuseppe Sanna Sanna si presenta pioneristico nel fornire dati ed informazioni che, raffrontate con fonti in nostro possesso, ne hanno fornito un quadro perfettamente combaciante. Per esempio, per concludere il discorso sulla storia moderna del porto di Terranova Pausania (Olbia), i dati storici “ufficiali” parlano di lavori di riqualificazione iniziati a “partire dal
1870, al quale contribuirono tutti i comuni della Gallura. Il progetto si sarebbe, poi, realizzato con l’arrivo della ferrovia (la linea Sassari-Chilivani-Monti-Terranova), inaugurata nel 1881, cui si aggiunse il prolungamento a Golfo Aranci e nel 1889 , con la diramazione Monti-Tempio, che portarono alla rinascita urbana del centro, che allora contava circa 3000 abitanti, in prevalenza pescatori (con una nutrita comunità di origine ponzese) e contadini. Alla luce di ciò si può, quindi, rimarcare con assoluta certezza come Giuseppe Sanna Sanna, grazie al suo progetto di legge parlamentare “pioneristico” del 1865, insistente sull’originale partenariato pubblico-privato, sia da considerare a tutti gli effetti come il “padre fondatore” del porto moderno di Olbia, con tanto di riconoscimento ufficiale da parte delle autorità della città gallurese da avvalorare. Avverrà mai questo per il grande politico anelese e goceanino? Intanto, a parlare sono i dati, i documenti e, soprattutto, la storia. Storia che, grazie a materiale in nostro possesso, stiamo continuamente contribuendo a svelare. Come anche il caso del porto di Arbatax, di cui si parla nelle “Utopie”. L’interesse per questo scalo, frazione del comune di Tortoli’, stando allo scritto dell’ex deputato, ritorno’ all’attenzione dell’opinione pubblica a causa del fenomeno naturale della putrefazione dei pesci che, ormai, ammorbava il contiguo stagno di Tortoli’. La soluzione sarebbe dovuta essere la costruzione del porto di Arbatax che avrebbe garantito un facile approdo per i passeggeri, togliendo quell’area dall’isolamento. La posizione di Sanna Sanna era piuttosto chiara: il porto di Tortoli’, dopo 23 anni dalla “fusione perfetta” del 1847, era ancora una chimera. O, meglio, sarebbe stata una chimera perche’ anche qui, l’intervento dell’ex deputato anelese sarebbe da rivalutare totalmente.
Dai documenti ufficiali, la storia moderna del porto di Arbatax iniziava nel 1861 quando fu decisa la sua costruzione nell’attuale sito. I lavori si protrassero per dieci anni, tra difficoltà e interruzioni che costrinsero il Comune a decretare il fallimento dell’impresa. E qua “entra in gioco” decisivo Sanna Sanna il quale, citandonsi indirettamente, scriveva in questo modo:” (…) Un deputato dell’’sola (lui,Sanna Sanna), interpellando il ministero dei lavori pubblici (guidato dal cavouriano Ubaldino Peruzzi del primo governo Ricasoli) sulle reali condizioni economiche della Sardegna, rivolse la sua parola anche sulla questione dei porti (…)”. E,quindi, anche, in questo caso, su quello di Arbatax. Per intenderci stiamo parlando dell’ormai centrale discussione parlamentare del 23 e 24 gennaio 1862, chiesta nel dicembre precedente da Sanna Sanna con grande coraggio per affrontare, “in un Parlamento nuovo”, quello italiano appena costituito, le irrisolte problematiche della secolare questione sarda. Facendo, a questo punto, i dovuti collegamenti fra i dati storici ufficiali, che fissano nel 1861 la data “a quo” per lo scalo ogliastrino, ed il 1862 come data per la prima, famosa, “Questione Sarda” affrontata in seno al Parlamento grazie e per volonta’ di Sanna Sanna, rimane, senza ombra di dubbio,la decisiva azione dell’uomo politico anelese anche alla base e per l’implementazione dell’importante scalo ogliastrino. Un altro dato questo, su cui riflettere per dare all’ “homo novus” goceanino il giusto merito anche nella “lontana”, allora difficile (oggi dinamica) terra d’Ogliastra. Sanna Sanna, poi scriveva nel 1871, quando a Tortolì”, purtroppo, i lavori per la costruzione dello scalo erano ancora bloccati.
Dopo anni di interpellanze e proteste, essi ripresero nel 1882 e si conclusero nel 1893. Nel 1894 , infine, proprio per realizzare quella vitale interconnessione fra sistemi di trasporto, preconizzata e profetizzata dal nostro, il porto fu collegato con la linea ferroviaria per Cagliari. Su Arbatax ed il suo porto, in un certo senso collegate all’analisi offertaci e descritta da Sanna Sanna nella seconda metà del XIX secolo, sono da ricordare gli scritti di due autorevoli accademici ed uomini di cultura come l’etnologo e filologo tedesco Max Leopold Wagner, grande studioso della lingua sarda, che lo visito’ nel 1907 e lo storico ed accademico bolotanese Bachisio Raimondo Motzo, che ne curo’ la voce per “Treccani” negli anni trenta del XX secolo.
Max Leopold Wagner, che soggiornò a Tortolì nel 1907, raccontava così la sua visita ad Arbatax :”… Facemmo una gita al villaggio portuale di Arbatax, dove due volte la settimana approdano i traghetti della Navigazione Generale Italiana. Il porto, solitario, circondato da alture montuose e in mezzo al quale si erge una scogliera, è molto pittoresco. Esso deve il suo nome singolare, Arbatax, ai Saraceni, i quali durante le loro frequenti scorrerie denominarono l’antica torre massiccia che sta all’entrata del porto “la quattordicesima” della costa (arab. “arba’tâscer”=quattordici)…”. Qualche decennio dopo sara’ Motzo ad offrirci un quadro piu’ dettagliato della situazione geo-antropologica ed anche economica del piccolo ma fondamentale scalo ogliastrino. Alla voce “Arbatax”, composta per la citata Treccani, con riferimento al porto, cosi’ scriveva :” Piccolo porto della Sardegna orientale, l’unico della lunga costa uniforme e priva di ancoraggi che va da Capo Comino al Capo Carbonara. Il porto si trova a N. del Capo Bellavista, a 5 km. dal villaggio di Tortolì (provincia di Nuoro), quasi a metà di quella costa. Nonostante i lavori eseguitivi, spesso danneggiati dal mare, non è né ampio, né sicuro; né facile è penetrarvi in tempo di burrasca. Vi sbocca il canale dello stagno di Tortolì e vi termina la ferrovia secondaria dell’Ogliastra che congiunge Cagliari con Tortolì. Scarso il movimento: aumenterebbe se fossero migliorate le comunicazioni col retroterra. Ha circa 124 ab., addetti al porto e al faro”. Insomma, rimanevano immutate, a quasi 50 anni di distanza, le denunce fatte da Sanna Sanna in merito ai mancati collegamenti dell’entroterra con lo scalo.
Sul porto di Bosa, di cui ormai si discuteva da oltre un secolo per una sua moderna riqualificazione a partire dai tentativi settecenteschi dei nobili locali e del tentativo abortito dell’ingegnere regio Macigni di finanziarlo con 5000 franchi, le frasi dell’ex deputato anelese sono abbastanza chiare: “(…) quel che si fa a Bosa è conseguenza dei sagrifizi che hanno fatto il Comune e la Provincia”. Sacrifici ben esplicati dall’apposita legge n.1355 del 5 luglio 1863, intitolata “Legge colla quale è autorizzata una spesa straordinaria per la formazione di un porto nella rada di Bosa”, con uno stanziamento previsto di 860 mila lire. Ebbene, le previsioni di Sanna Sanna, che era deputato in quella legislatura, purtroppo, a distanza di otto anni, si stavano avverando: un costo esorbitante gravante per lo più sulle casse comunali e che, nel giro di pochi decenni portera’ il capoluogo della Planargia ad un forte indebitamento. Perchè questo? Perchè ben un terzo di quella quota avrebbe dovuta pagarla il comune che, alla fine, invece, avverandosi le osservazioni di Sanna Sanna, ne arrivera’ a pagarne 800 mila, quasi l’intera cifra. Con l’appendice, poi, drammatica del 1867 della morte, per annegamento nel fiume Temo, dei due appaltatori per cui i lavori furono interrotti e, come tali rimanevano anche nel 1871 in attesa della ripresa che avverra’ nel 1896, quasi trent’anni dopo. Nel frattempo Bosa, per finanziare la costruzione del proprio scalo, stando all’analisi premonitrice dell’ex deputato anelese, dovette impegnare il proprio intero patrimonio terriero.
Infine, le ultime osservazioni si riferivano al principale porto isolano, quello di Cagliari, per cui “si e’ molto operato ma poco pensato”. Questo, nonostante un importante progetto presentato nel 1870 dall’allora ingegnere capo del Genio Civile, Imperatori, per cui erano stati già stanziati 9 milioni di lire. Un capitale, questo, piuttosto consistente visto che corrisponderebbe ora alla cifra, rivalutata, di circa 81 milioni di euro. E per il cui impegno si sarebbe dovuto procedere (come poi avverrà) all’ allontanamento della riva del porto dal quartiere di Marina ed all’installazione del molo della Darsena e di quello Sanità. Nel frattempo Sanna Sanna chiedeva “un prolungamento di qualche metro della punta della Darsena al fine di avvantaggiare un facile approdo, seguita dalla costruzione delle banchine per tutta la lunghezza del molo, al fine di farne un porto che nel Mediterraneo, “è d’una importanza politica e commerciale incontestabile”.
Ed i “nostri” attuali governanti(sic!).. oltre un secolo dopo, fanno le battaglie..finte…per dare potere ad un porto piuttosto che un altro… anziché fare lotte comuni in vera unitarietà, senza primedonne, ci si frammenta depotenziandone azioni ed intenti…e questo i tutti i campi…boh!! Sarebbe potuta essere, la Nostra,un’ Isola felice…è,invece, oggi più di ieri, il ruotino di scorta….