di ELISA BERTINELLI
Gli allievi del corso di Editing, tenuto da Carmen Salis presso l’Accademia d’Arte di Cagliari, hanno avuto il piacere di intervistare Flavia Taccori, giovane poetessa cagliaritana trapiantata da anni in Toscana, con la Sardegna sempre nel cuore.
Trabiccolandia, (edito da Amicolibro 2020), è il suo primo libro di poesie; racchiude un messaggio di dolore, di rabbia ma anche di rivalsa e di rivincita nei confronti della vita. Un libro da leggere e da tenere sempre con sé, perché i suoi versi sono potenti, taumaturgici e scaldano il cuore.
Flavia perché la scelta del titolo Trabiccolandia? Il titolo scaturisce da un episodio tragico che mi ha colpito undici anni fa: un’emorragia cerebrale che mi ha portato via la metà destra del corpo. Dopo questo avvenimento ho sentito la necessità di scrivere ciò che provavo, ma non avendo mai fatto un corso di scrittura o di poesia non ho avuto l’ardire di chiamarle “poesie”, ma “trabiccolate”, perché io stessa mi sento un trabiccolo, un carretto con le ruote tutte diverse tra loro. Trabiccolandia è pertanto il mio mondo, il mio modo di essere dal 29 marzo del 2010.
Trabiccolandia rappresenta la tua rinascita? Sì, inconsapevolmente è la mia rinascita, anzi, per me è il punto zero.
Quale poesia hai scritto per prima? La prima poesia è stata For.Mike che è scritto così ma si legge “formiche”. È stato un modo di celare il vero significato di questi versi, perché a me fanno male, mi spaventano e so che causano dolore anche ai miei famigliari. In questa poesia racconto l’esplosione delle formiche nel mio corpo. Sono sempre stata cosciente durante l’evento.
In questo libro avresti affiancato ai versi un disegno, un’immagine? L’idea di mettere insieme le poesie a delle immagini mi piace ma in questo libro non l’avrei fatto, perché è un’associazione che deve nascere da subito, altrimenti perde di valore.
Il tuo libro alterna i versi con la prosa. Perché questa scelta? La prosa serve ad introdurre le poesie e le lega tra loro.
Flavia, prima della malattia scrivevi già poesie o hai iniziato dopo? Prima che mi colpisse l’emorragia cerebrale non ho mai scritto poesie ma avevo l’abitudine ogni mattina di inviare un “Buongiorno” in rima ai miei amici. Era un rituale che mi faceva sentire più vicino ai miei affetti rimasti in Sardegna. Alla poesia mi sono approcciata solo nel 2010.
Hai mai avuto dubbi se pubblicare o meno le tue poesie per timidezza? No, da quando mi ha colpito l’emorragia cerebrale la timidezza è scomparsa, sono una persona più disinibita e non ho vergogna di chiedere aiuto o a dire “non ci riesco”. Attraverso i versi riesco a spiegarmi a farmi capire di più. Ci sono comunque dei versi che custodisco in un cassetto e sono solo miei, perché sono molto forti, violenti.
Trabiccolandia è nata prima come pagina Facebook e Instagram, quando ti è venuta l’idea di creare un libro e pubblicarlo? Utilizzo molto questi due social come “memoria”. Un giorno però mio marito mi ha convinto a mettere le poesie tutte insieme. Così ho ne ho scelto alcune, legate tra loro da un unico filo conduttore (la mia malattia) ed è nato Trabiccolandia come libro, che però è rimasto nel cassetto per vari anni perché inizialmente mi faceva male leggerlo, mi fermavo alla prima pagina e piangevo.