di MASSIMILIANO PERLATO
La città è documentata già nel VII secolo dallo scrittore bizantino Giorgio Di Cipro, che menziona “lo stagno di Aristiane”. Oristano, oggi la città più importante della Sardegna occidentale con i suoi oltre 30mila abitanti, si sviluppò con una certa celerità dopo il 1070, quando vi presero stanza le autorità politiche e religiose di Tharros, un tempo ricca e potente ma poi decaduta per l’interramento degli approdi e perché troppo esposta alle incursioni dei pirati. Fu in quel tempo che la città divenne capitale del giudicato di Arborea. Il centro storico di Oristano, detto Pottu, corrisponde agli antichi quartieri all’interno delle mura, di cui rimangono solo le poderose torri Portixedda e Mariano II. Corso Umberto è l’isola pedonale, teatro del quotidiano rito del passeggio con i negozi e i locali più eleganti. Poco lontano, “l’Antiquarium Arborense” espone collezioni provenienti dagli scavi di Tharros, una pinacoteca e una sezione dedicata alla città all’epoca dei giudicati. Tra i pezzi più importanti, una maschera di terracotta, che doveva allontanare gli spiriti maligni, scarabei in diaspro verde e gioielli con incisioni di epoca romana. Nell’Oristanese è rinomata la cucina.
Oristano è una piccola ma particolarissima cittadella da conoscere: una visita affrettata e superficiale non le renderebbe merito. Anticamente denominata “Aureum stagnum”, è stata testimone di un passato glorioso, essendo stata sede del giudicato d’Arborea. Ricca di contrasti, possiede edifici del 1500 a fianco a chiese del 1200, realizzazioni in stile barocco e neoclassico mescolate con torri medievali, superstiti brandelli di mura insieme a recenti costruzioni. Concentrato di storia e di monumenti, Oristano è la cittadina con il maggior numero di chiese in rapporto al numero di abitanti. C’è la Chiesa dei Cappuccini retta dai frati che abitano l’annesso convento. Questa chiesa, costruita intorno al 1600, ha un fascino tutto particolare perché è arredata completamente in legno lavorato. C’è la Chiesa di San Martino, il cui convento è stato trasformato prima in ospedale e successivamente in una struttura medica riabilitativa. In questa chiesa del 1228 vi è una cappella chiusa da alte inferriate che accoglieva i condannati a morte la sera prima della sentenza. Inoltre essa è stata testimone di importanti eventi dell’epoca giudicale, ad esempio la resa degli Arborea agli Aragonesi, e qui venne firmato il trattato di pace. Nel centro storico di Oristano, nella città cinta dalle mura, si passa da Piazza Mannu antica “porta ’e ponti”, si va verso il Duomo. Salendo la scalinata che conduce sul sagrato, c’è un vano che porta alle carceri del Monsignor Bua, luogo di sepoltura, secondo alcuni, di famiglie giudicali. All’esterno del Duomo si ammira l’altissima torre campanaria sormontata da una cupola vivacemente colorata. L’interno, molto decorato, presenta varie cappelle di rilevanza storica tra cui quella di San Giuseppe ove per oltre un secolo e mezzo vennero sepolti i “majorales” e i migliori soci del gremio dei falegnami. L’altare maggiore è fatto di marmi policromi. All’esterno si osservano ulteriori segni del passaggio degli antichi Romani in questi luoghi: un bel colonnato all’interno del vecchio seminario. Vicino c’è la Chiesa dedicata a San Francesco e la Pinacoteca situata nell’ex ospedale di Sant’Antonio e risalente al XII secolo. Custodisce una collezione di retabli che testimoniano la cultura religiosa e civile dell’antica città: inoltre custodisce collezioni di arte moderna di artisti sardi.
Nella piazza pedonale attigua, c’è la statua raffigurante un personaggio di grande importanza nella storia della città e non solo, Eleonora d’Arborea. All’angolo di questa piazza, c’è un palazzo del 1500 oggi sede del Comune e dell’archivio storico. Corso Umberto, conosciuta come “via dritta”, è racchiusa lungo tutto il percorso da palazzi antichi, tra cui l’Arcais, sede di museo. In Piazza Roma si erge maestosa la torre di Mariano, altra porta d’ingresso nella vecchia città cinta dalle mura. Dall’alto della torre si può godere di un panorama stupendo. Si arriva alla Chiesa di San Sebastiano nel rione “su brugu” ritenuto uno dei più antichi di Oristano. Qui è conservato un quadro, “s’unda manna”, che ricorda lo straripamento del Tirso quando allagò quasi totalmente la città. In via Mazzini c’è un’altra torre medievale, quella di Portixedda. Poi c’è la Chiesa di Sant’Efisio, situata fuori dall’antico borgo, della fine del 1700, in stile barocco piemontese, rimasta ad un’unica navata. La Chiesa e il Chiostro del Carmine, costruzioni del 1700 in stile rococò, sono annoverati tra le migliori architetture in questo stile di tutta la Sardegna. La Chiesa di Santa Chiara, in classico stile gotico, fu fondata 10 anni dopo la morte della Santa e la sua importanza è confermata dalla presenza al suo interno della cappella palatina della famiglia Bas di Serra del periodo giudicale. In pieno centro storico c’è l’accogliente Teatro “Antonio Garau”, palazzo d’epoca ristrutturato per accogliere il teatro dopo che quello poco distante di San Martino andò in disuso. Si chiude il giro di Oristano presso le strutture dell’Antiquarium Arborense dove storia ed arte riempiono, con la loro grandezza, ciascuna sala espositiva.
Un connubio perfetto di sapori di terra e di mare. Ombelico gastronomico della zona è il Sinis, con i suoi carciofini da fare sott’olio, e soprattutto Cabras, con gli stagni popolati di pesci da cui si ricava la bottarga di muggine, ottenuta salando le uova del pesce dopo averle asciugate e pressate. A Busachi, che si raggiunge spostandosi sul monte Arci, da provare “su succu” o “sa busacchesa”, un denso brodo di carni miste atomizzato con erbe e zafferano in cui si fanno cuocere sottili tagliatelle di semola. Verso la costa, si vantano nobili tradizioni di torroni, confezionati con materia prima di assoluta qualità. Cuglieri, Seneghe e Bonarcado nel Montiferru sono invece famosi per l’olio, ritenuto tra i migliori dell’intera Sardegna. Per acquistarlo, conviene rivolgersi a privati che vendono quanto avanza dal fabbisogno familiare. Lasciando da parte la cucina, un breve viaggio nell’oristanese, nel nord, consente di vedere una campagna tra le più fertili di tutta l’isola, oasi di viti, aranci e olivi. A pochi chilometri dalla città merita una sosta l’Oratorio delle Anime di Massama, in stile bizantino. La strada prosegue tra le coltivazioni di mandarini, introdotte in Sardegna dai monaci camaldolesi di Bonarcado. Dell’antico monastero rimane oggi solo la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, in basalto nero e trachite. Alle pendici del Montiferru, Santu Lussurgiu è un paese a 500 metri di altitudine, con strade in salita su cui si affacciano belle case in pietra e balconi in ferro battuto. Da non perdere assolutamente il Museo della Tecnologia Contadina che raccoglie gli oggetti del lavoro e della vita rurale. Dopo Cuglieri, con la Basilica di Santa Maria della Neve, la strada tocca Tresnuraghes, famosa per la produzione del Malvasia e per l’intreccio dei cestini, e scende a Bosa, dominata dal magnifico Castello di Serravalle e con una bella chiesa romanica dedicata a San Pietro.
Grazie Max, del tuo grande impegno, grazie a l’équipe che tramite le pagine virtuali di TOTTUS IN PARI gli uni e gli altri riceviamo l’informazione di quel che avviene nel mondo a sos chi semus peri su mundu, noi che viviamo con la nostra Sardegna nella mente e nel nostro cuore. A tutti voi auguro ogni bene, gràtzias !