di Maurizio Solinas
Nata a San Martino Buon Albergo, da babbo sardo e mamma veronese, Giovanna Cossu ha insegnato Sardegna ad Escalaplano. Buona educatrice, così tanto che le sue allieve, oggi se non nonne madri attempate, hanno mantenuto con lei cordiali e stretti rapporti di amicizia. Tornata a Verona s’iscrive, già alla prima ora, all’Associazione dei Sardi “Sebastiano Satta” divenendo in seguito vice presidente. Affabile e d’animo buono, gentile ed un po’ taciturna, se non s’arrabbiava. Subito s’è fatta ben volere e per la sua operosità chiamata a far parte del Comitato direttivo. Segue prevalentemente le attività culturali, redige e dirige per alcuni anni il “Notiziario del Sardi”; organizza in collaborazione con le Università di Verona e Cagliari memorabili incontri con gli studenti di Lettere: uno su Sebastiano Satta e l’omologo veronese Berto Barbarani, l’altro su Grazia Deledda attraverso l’analisi selettiva e critica del romanzo Elias Portolu. Attenta agli avvenimenti sardi e del mondo dell’emigrazione partecipa ai Congressi della FASI ed ai Direttivi nazionali esprimendo condivisione o critica sul modo di condurre i rapporti tra l’Assessorato del Lavoro ed i circoli dei sardi. Mai polemica ma chiara e puntigliosa quando era convinta d’essere nel giusto. Per conoscere meglio le problematiche dei migranti sardi si faceva parte attiva dei gemellaggi tra i paesi sardi e veronesi a volte anche andando di persona in Sardegna a perorarne la causa. Favoriva gli’incontri tra scuole organizzando scambi tra realtà sarde e del continente con particolare riguardo a Bonorva patria del babbo. Nel ricordo dell’episodio del “Tamburino Sardo”, ricordato nel libro “Cuore” del De Amicis, organizzò un concorso tra scuole sarde e veronesi per dare le parole ad un inno all’eroico ragazzino. Fu poi cantato dal prestigioso coro “Le piccole Colonne” di Trento ed è tutt’ora nel loro repertorio musicale. Fu anche l’occasione per una mostra sulla partecipazione dei sardi al Risorgimento. Riservata e discreta spesso entrava in sede senza che ce ne accorgessimo, per non disturbare; oggi con la stessa delicatezza ci ha lasciati per entrare da un’altra porta: quella dei cieli tersi, azzurri e profondi come quelli della Sardegna.