di GIANRAIMONDO FARINA
“Isolano, quando sdraiato in un vagone tu percorri la Sardegna in ferrovia, ricordati per debito di riconoscenza, che se hai conosciuto il mezzo di locomozione adottata dalla civilta’, in gran parte lo devi a Giuseppe Sanna Sanna”. Questo monito-manifesto del giornalista Giovanni De Francesco, apparso su “Il Mazziere” nel luglio 1906, firmato con lo pseudonimo “Mongibello”, puo’ benissimo essere scelto per riassumere l’ulteriore battaglia del politico anelese, questa volta piu’ imprenditoriale che politica (anche se ad essa profondamente connessa) di dotare la Sardegna di un moderno ed efficiente sistema ferroviario. In questo passaggio, pertanto, che andremo meglio a delineare, emergeva chiaramente e nitidamemte la vocazione del grande figlio di Anela, di cui quest’anno, nel silenzio pressoche’ generale (ma non di tutti), ricorrono i duecento anni della nascita. Una figura, la sua, certamente poliedrica in cui, pero’, per gia’ rispondere alle critiche che lo colpiranno, ben si compenetravano pensiero ed azione, perni del mazzinianesimo al quale Sanna Sanna rimarra’ sempre legato. Giuseppe Sanna Sanna, dunque, uomo di pensiero e di azione allo stesso tempo.
Ma chi era, in realta’, Giovanni De Francesco e perche’ mai questo ricordo-epitaffio di Sanna Sanna che rimaneva ancora nitido e chiaro ad oltre tre lustri di distanza dalla morte prematura dell’ex deputato anelese? Con De Francesco parliamo di uno dei piu’ importanti e battaglieri giornalisti sardi ed italiani della seconda meta’ del XIX secolo, originario di Torre del Greco (Na), trasferitosi a Cagliari dove vi vivra’ per ben 50 anni e dove morira’ nel 1914. Ex garibaldino, sul finire degli anni Sessanta del secolo aveva diretto il “Corriere di Sardegna” per cui, dal 1871 al 1875, scrivera’ anche Sanna Sanna dopo la sua fuoriuscita dalla “Gazzetta Popolare”, la sua creatura. Giovanni De Francesco, poi, nel 1871, fondera’ “L’Avvenire di Sardegna”, il quotidiano che per vent’anni coprira’ lo spazio che sarebbe stato successivamente de “L’Unione Sarda”.
Nel 1893 chiuse definitivamente il suo “Avvenire”, che a lungo s’era messo nel passo di neutralità fra gli storici antagonisti parlamentari Francesco Cocco Ortu e Francesco Salaris (e, dopo la morte di questi, Ottone Bacaredda), dandosi alla pubblicazione di ricerche storiche ed alla direzione di un nuovo e combattivo periodico, ben addentro le vicende cagliaritane del tempo, “Il Mazziere”, appunto. Era chiara, quindi, la perfetta conoscenza, anche per militanza ideale ed imprenditoriale, di una personalita’ come quella di Giuseppe Sanna Sanna.
Nel 1906, quando De Francesco scriveva, Sanna Sanna era morto da 31 anni, eppure i “segni” ed i risultati della sua azione politica ed imprenditoriale dovevano rimanere ben impressi sotto gli occhi di tutti all’epoca, avendogli riconosciuto il primato, piu’ volte ricordato dal sottoscritto con le sue ricerche, di aver posto la Questione Sarda come Questione nazionale nel 1862, ben sei anni prima dell’inchiesta parlamentare asproniana del 1868 ed oltre vent’anni prima di quella governativa Pais Serra.
Prima di addentrarci nei rilevanti ed originali aspetti storico-economico del progetto Sanna Sanna sulle ferrovie in Sardegna, occorre fare una breve digressione sull’ “humus” culturale e politico in cui l’azione dell'”homo novus” anelese s’innestava. Parliamo, per la precisione, della Sardegna fra gli anni trenta e settanta del XIX secolo che stava cercando di uscire definitivamente da una situazione ancora feudale, sviluppando un modello di societa’ moderna di cui a farsene portavoce saranno gruppi di intellettuali che, come Sanna Sanna, sosterranno, con intense campagne di stampa, scelte alternative rispetto a quelle che intendeva realizzare il governo. In sostanza, rileggendo questa importante pubblicistica, cappeggiata dalla Gazzetta Popolare, battagliero ed unico periodico mazziniano sardo fondato e diretto dal deputato anelese, emerge un’immagine di come la Sardegna sarebbe potuta essere se il governo e l’amministrazione avessero tenuto conto anche delle esigenze dei suoi abitanti. Gia’ negli anni Cinquanta, pero’, le speranze riposte nella “fusione perfetta” dell’isola con gli Stati Sardi di Terraferma, andavano via via scemando, riportando la Sardegna a quello stato di dipendenza semicoloniale piu’ volte denunciato da Sanna Sanna. Il taglio che l’anelese riesce a dare alla ” Gazzetta Popolare” consente, senza riserva alcuna, di rintracciarvi l’origine del Sardismo moderno, inteso come capacita’, allo stesso tempo, di sentirsi sardi ed anche italiani, ingiustamente trascurati e penalizzati. Nonostante la popolarita’ guadagnata per le sue posizioni mazziniane e democratiche, il giornale, a partire dagli anni Sessanta, doveva cambiare gradualmente orientamento, anche perche’ Sanna Sanna, allora deputato, che ne era anche editore, era entrato in affari con la Societa’ cui era stata affidata la costruzione delle ferrovie in Sardegna. Aspetto che gli valsero gli strali ingiustificati di Asproni che, al momento della morte, che lo coglieva inaspettatamente a Genova nel settembre 1875, mentre stava per salpare per la Sardegna, ne forniva quest’ impietoso ed anche ingiusto ritratto:” Lascia un debito di 200 mila franchi, e di tutto in disordine con numerosa famiglia. Ecco la fine della libidine di arricchire e di barattare anima e corpo. E’ morto nel disprezzo. A me ha fatto sensazione, ricordandomi dell’amicizia intima tra lui e me, quando simulava di essere un buon cittadino”. Giudizio aspro, duro e netto, questo del politico sacerdote bittese, che, probabilmente, anche per altri motivi familiari, non riusciva a comprendere appieno la politica e l’operato di Sanna Sanna, uomo di pensiero e di azione totale, nel pieno rispetto della militanza mazziniana. Sanna Sanna, quello che non riusciva a comprendere Asproni (e con lui tanti), era stato uno dei primi ad intuire che la strada da percorrere per il rinnovento isolano sarebbe dovuta passare attraverso un’imprenditoria commerciale e commerciale intesa in termini adeguati. In sostanza l’idea, niente affatto utopistica, del grande politico anelese era quella di un piu’ razionale assetto fondiario per lo sviluppo agricolo, legato aĺla produttivita’ ed al commercio dei prodotti agricoli. A tal fine egli proponeva, concretamente, la creazione di infrastrutture adeguate: una rete viaria efficiente, un sistema ferroviario che facesse capo ai vari approdi marittimi (da cui la battaglia originaria e propositiva per il porto di Olbia, citta’ che, a buon diritto, dovrebbe farne un padre antesignanio della continuita’ territoriale, n.d.r.), l’impianto di industrie e manifatture, il potenziamento dei porti e la riattivazione delle miniere. All’ interno di questa lucida visione, naturalmente, avrebbero dovuto trovare posto anche i suoi interessi imprenditoriali legati, in “primis” all’attivita’ editoriale ed “in secundis”, ma niente affatto in sordina, agli interessi maturandi nella cruciale questione della costruzione della rete ferroviaria sarda appaltata alla Compagnia reale.
Entrambi aspetti del politico anelese profondamente legati tra di loro. Se dell’attivita’ imprenditoriale come fondatore ed editore della Gazzetta Popolare (aspetto che gli pesera’ come un macigno nella sua prima elezione al Parlamento Subalpino nel 1853) si sanno, ormai, tante cose; diversa e’, invece, dopo la fuoriuscita dal suo giornale, l’attivita’ di socio occulto prestata, fra il 1871 ed il 1875, per il “Corriere di Sardegna” allora diretto dal grande amico mazziniano e democratico Giovanni Battista Tuveri. Sanna Sanna, ormai ex deputato, e’ ancora impegnato in politica come consigliere della Deputazione provinciale di Cagliari.
Tuttavia, pur rimanendo nell’ombra, decide di aiutare con cospicui finanziamenti il giornale diretto da Tuveri, salvandolo dal fallimento. Nonostante le posizioni di Sanna Sanna, fin dall’ultima fase della gestione della “Gazzetta Popolare”, avessero avuto una sorta di cambiamento piu’ in senso moderato, visti gli interessi dell’uomo politico anelese in varie attivita’ imprenditoriali. Aspetti che, pero’, a detta del sottoscritto, come gia’ ribadito, sono, comunque, da intendersi nel pieno solco delle tradizioni mazziniana e democratica. Sanna Sanna non “tradisce”, come, purtroppo,sembrerebbe far trapelare l’infausto giudizio finale di Asproni; bensi’, da’ pieno compimento, da buon mazziniano, allo spirito pragmatico che lo aveva da sempre contraddistinto. Era anche un uomo d’azione. Ed e’, appunto, per questo che iniziera’ a collaborare attivamente, sebbene da posizioni piu’ differenti, alla stesura del “Corriere di Sardegna” con una serie di articoli. Oltre alle “Grandi utopie dlla Sardegna, alla fine del 1872, egli presentava uno scritto pubblicato a puntate dal titolo: ” Ferrovie economiche della Provinicia di Cagliari”, poi raccolte in un opuscolo. In questo scritto, decisamente importante, si sommavano la tensione politica mazziniana, mai sopita, con gli interessi imprenditoriali del grande figlio di Anela, dovuti anche al legame da lui tenuto con la Compagnia delle ferrovie sarde. Chi come Asproni lo aveva ultimamente criticato, come ribadito, spinto anche da questioni personali (basti vedere i contrasti insorti fra Sanna Sanna e l’omonimo nipote del politico bittese, l’ing. Giorgino Asproni, da lui interpellato per la realizzazione delle ferrrovie meridionali sarde, n. d. r.), molto probabilmente non era riusciuto a cogliere del tutto l’essenza di uomo di pensiero ed azione quale era stato l’uomo politico anelese.
Sanna Sanna arrivava a presentare la sua proposta precedendola con una serie di articoli sull’importanza delle ferrovie economiche con il sistema Larmanjat, brevettate in Francia e di cui, egli, aspetto singolare e fondamentale per capirne la statura, era il solo titolare del brevetto per l’Italia. Per capirci, questo sistema consisteva in un trasporto a guida vincolata inventato dall’ingegnere francese Jean Larmanjat, adottato in Francia nel 1868 ed impiegato a Lisbona. Come fu rapida la diffusione fu, pero’, gia’ intorno agli anni 80 del XIX secolo, rapido il declino per una serie di disfunzioni tecniche. Nel momento, pero’, in cui Sanna Sanna lo proponeva,tale sistema era nel pieno della sua evoluzione ed egli stesso era convinto che la sua adozione per la costruzione di due nuove linee ferroviarie avrebbe giovato rapidamente all’industria ed al commercio dell’ isola. Sanna Sanna, quindi, da buon giornalista, politico ed imprenditore, faceva uscire per il “Corriere di Sardegna” tutta una serie di articoli “di preparazione”, comparsi a partire dal settembre 1872, in cui, introducendo lo stato delle costruzioni ferroviarie in Sardegna, si mettevano in luce le difficolta’ che s’incontravano a causa della particolare topografia dell’isola. Poi si passava alla trattazione del nuovo sistema di Larmanjat
“che avrebbe dovuto superare queste difficolta’ tecniche ed economiche” .Sanna Sanna, come scoperto, era riuscito ad ottenere direttamente dall’ing. Jean Larmanjat il brevetto per tutta l’Italia e, forte di tale riconoscimento, procedeva nella formulazione del suo dettagliatissimo progetto teso alla costruzione, dal nulla, di due linee ferroviarie entrambe partenti da Cagliari e colleganti il capoluogo politico e commerciale dell’isola una con il Sarcidano fino a Laconi e l’altra con Tortoli’ e l’Ogliastra. L’obbiettivo era quello di togliere dall’isolamento l’intera area sud-orientale della Sardegna, spostando verso di essa anche il “baricentro” ferroviario piu’ orientato verso l’asse occidentale che seguiva la strada reale e nella cui costruzione del tracciato ferroviario, al momento fermo ad Oristano, era impegnata direttamente la Compagnia reale. Il progetto, ben articolato, avrebbe potuto, ad avviso di Sanna Sanna, anche contare su solide basi economiche, come un prestito, votato dalla Provincia di Cagliari, ammontante a 12 milioni di lire. L’aspetto fondamentale con il quale l’ex deputato anelese intendeva “far breccia” era, appunto, il lato economico e, soprattutto, la tesi secondo cui, con i soldi di tale anticipazione, si sarebbe potuta prevedere sia la costruzione dei due importanti tronchi ferroviari che delle strade ordinarie ad essi annesse. Il “Corriere di Sardegna”, pertanto, guidato da Tuveri, pur fra varie contraddizioni dovute alla paventata commistione fra interessi pubblici e privati, anche per via del peso economico esercitato da Sanna Sanna in qualita’ di azionista di maggioranza, si spingeva molto nel dare ampio credito alla proposta. Sanna Sanna, dal canto suo, arrivava a constatare come l’esperienza imprenditoriale da lui intrapresa gli avesse fatto intuire che le difficolta’ per uscire dalla crisi stavano essenzialmente nelle remore derivanti dalla mentalita’ dei sardi e nella debolezza in cui vigeva il sistema economico regionale. Remore che contribuivano, purtroppo, ad accentuare per gli imprenditori sardi le difficolta’ di accedere alle commesse governative, fattore cardine dell’imprenditoria privata nei settori dei servizi pubblici e delle infrastrutture. Proposta, quella di Sanna Sanna che, pero’, non prevedeva un contributo governativo ma un prestito provinciale. Oltre le critiche, egli era riuscito a saper far coniugare l’utile individuale (poco) con i vantaggi collettivi (molti). E’ lampante, nel caso concreto che un progetto del genere avrebbe potuto creare enormi agevolazioni al sistema dei trasporti sardo, soprattutto con riferimento alla parte orientale isolana, da sempre isolata. Andando nel concreto, Sanna Sanna sosteneva la sua tesi nel ribadire la solida base economica dell’impresa. Anche in risposta alle critiche che gli piovevano dai presunti diritti della Compagnia Reale sulle linee ferroviarie sarde. Non essendo un mistero gli interessi del politico anelese vantati con la societa’ concessionaria delle ferrovie sarde, questo progetto, pero’, non sarebbe stato di competenza della predetta Compagnia. E Sanna Sanna lo specificava con chiarezza ed estrema lucidita’. “La Compagnia avrebbe goduto del diritto di preferenza solamente per le ferrovie in diramazione dalla linea principale” -precisava l’ex deputato goceanino, aggiungendo che questa “preferenza” sarebbe “valsa” solo qualora le ferrovie fossero state costruite per conto del governo. Nel caso specifico, e qui stava l’originalita’ ed unicita’ della proposta, si trattava di linee che non avrebbero avuto alcun collegamento con la principale e “non di ferrovie da costruirsi con garanzia o per conto dell’esecutivo”. La proposta, alla fine, schematizzata in otto punti essenziali, veniva presentata da Sanna Sanna alla Deputazione Provinciale che l’accoglieva, comunque, con grande attenzione, nominandovi, perfino un’apposita Commissione e provvedendo, all’unanimita’ allo stanziamento immediato di un milione, sui dodici previsti, per le opere stradali piu’ urgenti. A far decantare, pero’, definitivamente, la proposta per niente peregrina del politico anelese ci penseranno la contingenza del momento e le prime affermazioni del neo presidente del Consiglio della Sinistra Storica, quell’Agostino Depretis che, proprio nel 1876, appena eletto, sul “caso Sardegna” avra’ a dire: “(…) L’isola ha ancora la sua rete principale in costruzione ed in verita’ mi pare che sarebbe stato prematuro dar opera alla costruzione di linee minori (…)”. A questo, poi, si sarebbe dovuta aggiungere, di lì a poco, come gia’ sottolineato, la “prematura” morte del sistema ferroviario a modello Larmanjat, adottato, peraltro, per i collegamenti di Lisbona, per alcuni difetti sistemici. Ciò, comunque, occorre ribadire, non sminuisce affatto la grande statura di Giuseppe Sanna Sanna, confermandosi “homo novus” a tutto tondo anche in campo imprenditoriale, assoluto precursore ed anticipatore di quella che, già in alcuni Paesi europei stava passando come seconda rivoluzione industriale. Il tutto, in un contesto sardo ed italiano postunitario ancora immerso ed impegnato nella tardiva prima rivoluzione industriale. L’altro aspetto originale, proprio del pensiero mazziniano ed azionista “in fieri”, non capito dall’Asproni, ma colto dal Tuveri, fu quello che in questa ennesima proposta “pratica” di Sanna Sanna vi era quella solida idea di “far da se”, di non delegare, come, purtroppo, avveniva, all’ ingerenza governativa la risoluzione delle grandi questioni. Questo lascia, ulteriormente, riflettere sull’attualita’ del pensiero e dell’azione del grande figlio di Anela, in cui si vedono, “in nuce”, non solo le già ricordate tematiche e battaglie sardiste ma anche gli aspetti di uno strutturato nuovo pensiero federalista.
Un pensiero federalista che purtroppo non riesce ancora ad imporsi!