di GUIDO GARAU
È una fotografia che mette a nudo tutte le debolezze della Sardegna, quella che la Cna regionale ha scattato nel suo ultimo lavoro di ricerca. Ecco i numeri.
I borghi dell’Isola sono 165, popolati in media da 1.400 abitanti, caratterizzati da un forte tasso di invecchiamento della popolazione – circa un quarto degli abitanti ha superato i 64 anni – e dalla presenza di molti edifici abbandonati e case vuote – 11.700 edifici inutilizzati e 46.000 abitazioni vuote.
Dall’analisi delle dinamiche demografiche emerge che in un contesto di riduzione della popolazione, che potrebbe arrivare al -28% da qui al 2050, e senza un cambiamento di rotta, sarà la popolazione dell’entroterra a calare maggiormente (-36% in base alle proiezioni demografiche). I primi centri urbani ad essere colpiti saranno i piccoli borghi.
Oltre all’elemento demografico, la crisi dei borghi sardi è connessa a molteplici fattori di criticità. Uno dei principali è l’accessibilità, intesa sia in termini fisici sia digitali. Non essere raggiungibili, dalle persone e dalle attività economiche, è uno dei principali ostacoli allo sviluppo di questi territori. Sicuramente l’accessibilità dei borghi dell’interno è un fattore fortemente critico: sono serviti da una rete lenta e poco integrata (si pensi alla scarsa diffusione della rete del trasporto pubblico locale sul territorio o alla carenza di infrastrutture digitali), hanno poche porte d’accesso al territorio e non riescono ad interagire in maniera integrata. Non sono dunque facilmente accessibili e rimangono per questo tagliati fuori dai principali flussi che determinano lo sviluppo economico e sociale. E non meno importante è l’accessibilità dei borghi attraverso la rete web non sempre disponibile.
Un secondo elemento di criticità è la scarsa capacità dei borghi di attirare giovani ed imprese. Lo spopolamento demografico procede di pari passo con la perdita delle attività economiche, che tendono a localizzarsi nei territori costieri e nelle aree urbane, maggiormente attrattivi e dinamici. Le attività strettamente connesse all’ambiente rurale, sia di tipo agricolo, sia di tipo artigianale o enogastronomico, non sono valorizzate, e comunque non costituiscono un elemento in grado di preservare l’equilibrio demografico dei borghi.
Un terzo elemento di criticità è connesso alla bassa qualità dei servizi offerti alla persona. I borghi, essendo isolati, sono difficilmente collegati ai principali servizi, come ospedali, centri di formazione superiore, polarità culturali, tutti elementi fortemente relegati al contesto urbano. Questo rende difficile mantenere alto il livello formativo e di welfare per la popolazione, creando forti squilibri territoriali in termini di opportunità di vita. Lo spopolamento fisico e la fuoriuscita delle attività economiche determina un problema di degrado fisico dei centri urbani. Quando non c’è più chi vive nel territorio non c’è più chi investe sul territorio, le amministrazioni perdono la capacità economica di investire. Velocemente sopraggiunge il degrado fisico. Si attiva così un processo di svalutazione economica e di perdita di valore degli immobili che non fa altro che impoverire ulteriormente queste parti di territorio.
L’altra faccia dello spopolamento è l’abbandono e il degrado dei territori aperti, sempre meno manutenuti dagli agricoltori che prima vivevano nei borghi e sempre più soggetti a fenomeni di dissesto. La mancanza del presidio territoriale comporta una ridotta capacità di applicare una costante manutenzione del territorio che, insieme all’incremento del verificarsi di eventi meteo estremi, determina sempre più spesso dissesti idrogeologici, frane, alluvioni fluviali, incrementa anche il rischio di incendi.
Si deve intervenire subito con l’obiettivo di cogliere le opportunità che il territorio isolano offre. L’elemento più naturale su cui puntare per il rilancio dei borghi è il turismo rurale ed esperienziale, una forma di turismo basata sulla tipicità e sulla qualità del vivere, un modello di offerta che ben si attaglia alle caratteristiche dei borghi sardi. A livello nazionale, secondo i dati Mibac, nel 2017 il turismo rurale e nei borghi è cresciuto con tassi a doppia cifra. L’interesse turistico per queste mete è confermato dai numeri internazionali: il 2017 è stato l’anno internazionale del turismo sostenibile, che ha promosso l’impegno per lo sviluppo di nuove destinazioni di viaggio basate su tradizioni, esperienze, emozioni, autenticità, qualità di vita, in alternativa o complementari alle mete turistiche più tradizionali. In Sardegna, come e più di altri contesti, le tradizioni, l’artigianato, l’enogastronomia sono elementi unici e altamente riconoscibili.
Sviluppare questa vocazione significa cogliere le molteplici opportunità offerte dal territorio. La prima è connessa alla valorizzazione del patrimonio di interesse storico e ambientale e identitario. Uno degli elementi che attrae il turismo rurale è proprio il contesto territoriale di pregio. Puntare sulla valorizzazione dei molteplici beni storici e ambientali ospitati dai borghi sardi e metterli a sistema attraverso una rete, fisica e di conoscenze, che permetta al visitatore di fruirne, è il primo obiettivo da perseguire.
Una seconda opportunità è connessa allo sviluppo del turismo lento, che, specialmente in un contesto post-pandemico, è destinato a crescere sempre più rapidamente, di pari passo con il turismo dei luoghi, delle esperienze e delle tradizioni locali, veicolato dagli strumenti della sharing economy. Si tratta di forme di fruizione del territorio a trecentosessanta gradi, spesso con l’ausilio di mezzi di trasporto sostenibili, a piedi o in bicicletta, fondate sulla lettura del paesaggio in chiave antropologica. Il turista lento punta a conoscere le tradizioni dei luoghi, gli usi e i costumi e trova nell’esplorazione del borgo la sua meta ideale.
La terza opportunità è connessa all’ampliamento dell’offerta turistica regionale, in un’ottica di maggiore destagionalizzazione dell’offerta e riduzione del decongestionamento delle località turistiche costiere. Sviluppare il turismo nei borghi può essere un modo per allungare la stagione ed aprire ad altri territori il mercato turistico. I borghi oltre al mare offrono molte altre opportunità di esplorazione di territori attraverso la rete sentieristica regionale, i parchi, la rete delle aree archeologiche e dei beni storico-architettonici, che se messi a sistema offrono una alternativa al turismo tradizionale.
Valorizzare i borghi attraverso un modello di sviluppo basato sul turismo rurale vuol dire anche valorizzare i prodotti artigianali tipici, enogastronomici o meno, anche attraverso l’individuazione di marchi di origine controllata. I molteplici prodotti tipici locali devono costituire il marchio distintivo del territorio, il biglietto da visita per qualunque turista. Lo sviluppo delle attività turistico-ricettive, e più in generale commerciali, contrasterebbe il fenomeno dello spopolamento, con ricadute sul livello occupazionale, special modo per la popolazione giovane.
In contesti analoghi per livello di spopolamento, criticità occupazionale, isolamento fisica e ricchezza paesaggistica, attraverso politiche integrate di rilancio fondate sulla valorizzazione del territorio, incentivazione delle imprese innovative e recupero edilizio secondo tecniche e materiali tradizionali, sono stati avviati processi di sviluppo locale sostenibile. Si pensi ad esempio al recupero dei borghi alpini piemontesi, che sono stati prima di tutto un laboratorio a cielo aperto di tecniche di recupero di architettura tradizionale, per università e tecnici, e sono poi diventati catalizzatori del processo di rivitalizzazione del territorio. Oppure al caso della creazione dell’albergo diffuso di Santo Stefano di Sessanio (AQ) dove oltre al recupero fisico si è puntato sul recupero delle tradizioni per attrarre visitatori in grado di creare un indotto turistico legato alle tradizioni rurali e fortemente radicato nel territorio.
L’attivazione di un processo di riqualificazione – evidenzia Cna Sardegna – offrirebbe opportunità anche al settore delle costruzioni e all’economia in senso più ampio. Il recupero fisico dei borghi inciderebbe in maniera diretta sull’incremento delle attività produttive collegate al settore edilizio ed in particolare sulle attività artigiane. Determinerebbe la valorizzazione patrimoniale dei beni immobili, di incentivo per la proprietà edilizia e per l’innesco di un processo di manutenzione, ristrutturazione, restauro e trasformazione degli edifici. Potrebbe dunque aiutare ad invertire la rotta del declino delle attività economiche, lasciando spazio a nuove attività imprenditoriali sempre più orientate ad uno sviluppo sostenibile.
L’attivazione di un processo di riqualificazione offrirebbe, inoltre, molte opportunità anche al settore delle costruzioni e all’economia in senso più ampio. Il recupero fisico dei borghi inciderebbe in maniera diretta sull’incremento delle attività produttive collegate al settore edilizio e in particolare sulle attività artigiane. Determinerebbe la valorizzazione patrimoniale dei beni immobili, di incentivo per la proprietà edilizia e per l’innesco di un processo di manutenzione, ristrutturazione, restauro e trasformazione degli edifici. Potrebbe dunque aiutare ad invertire la rotta del declino delle attività economiche, lasciando spazio a nuove attività imprenditoriali sempre più orientate ad uno sviluppo sostenibile.