di GIANRAIMONDO FARINA
La successiva giunta di centrodestra, guidata da Ugo Cappellacci, con l’attuale presidente Solinas alla guida dell’assessorato ai trasporti, è da ricordare come quella del sogno infranto della “flotta sarda”.
Se da un lato continuava il “braccio di ferro” con l’appena costituita C.I.N. per la privatizzazione di Tirrenia; dall’altro lato prendeva corpo e si realizzava il disegno della costituzione di una flotta tutta sarda sulle “spoglie” della vecchia Saremar.
Ripercorrerne le vicende ci aiuta a capirne anche il perché del fallimento del fallimento del disegno regionale, non del tutto velleitario.
E questa è tutta una storia da raccontare. Era il 15 giugno 2011, una data che sarebbe potuta divenire anche storica: la prima nave della Regione Autonoma della Sardegna, con il simbolo dei Quattro Mori e la scritta Saremar (la precedente società marittima prima partecipata da Tirrenia e, poi, dal 209 al 2016, anno del suo fallimento, di proprietà della Regione, n.d.r.), affittata con nolo armato, la “Scintu”, salpava da Civitavecchia per Golfo Aranci. Qualche giorno dopo, il 22 giugno, sarebbe stata la volta di un altro traghetto, il “Dimonios”, che avrebbe dovuto garantire i collegamenti tra Vado Ligure e Porto Torres.
Un’esperienza che, purtroppo, andrà a “cozzare” con il muro eretto dalla legislazione europea, sia dalla Commissione che dal Tribunale, il quale ne arriverà a confermare l’ipotesi di aiuti di Stato, con la necessità di recuperare i 10.8 milioni di euro spesi dalla Regione come contributo all’iniziativa.
L’idea, quindi, della giunta Gappellacci era diventata una realtà, in quel momento, come risposta al rincaro tariffario praticato da compagnie che, sostanzialmente, continuavano a “fare cartello”.
La conseguenza è stata quella, inevitabile, di un lungo “braccio di ferro” tra la Regione e le società degli armatori, finito, purtroppo, sui tavoli dell’Antitrust. Il tutto accompagnato dalle continue prese di posizione e proteste di imprenditori ed emigrati sardi, vittime designata di quello sconsiderato aumento dei prezzi.
In questo senso il varo della “flotta sarda”, “abortito” ab origine, un risultato significativo l’aveva raggiunto: quello di avere messo un meccanismo al ribasso sui prezzi da parte delle compagnie marittime.
Le navi della Saremar, targate Quattro Mori, riprendevano, quindi, l’attività nel 2012 (con la Tirrenia in amministrazione commissariale, si badi bene), con i collegamenti Olbia- Civitavecchia.
L’altro “punto a favore” della politica di Cappellacci veniva dal Consiglio Regionale con l’approvazione della l.r. n.18 del 12 ottobre 2012, quella “famosa” che consentiva alla Regione di diventare armatore a tutti gli effetti. Una legge, a detta dell’allora presidente, “desiderata, sostenuta e voluta da un intero popolo contro i soprusi perpetrati”. Il discorso, proclamato all’indomani dell’approvazione assembleare del testo normativo, era, per la precisione, il seguente: “Prosegue la nostra battaglia di liberazione dei sardi dal sistema Tirrenia, che ancora oggi continua a violare i diritti dei cittadini, attentando al rispetto delle regole del libero mercato”. Per poi chiosare in questo modo: “E’ la legge di un popolo che non risponde con l’inchino ai soprusi degli armatori, ma si ribella e rende attiva, forte e determinata la propria rivendicazione. Nello specifico la norma summenzionata veniva approvata con 40 voti del centrodestra, 18 contrari ed 8 astenuti.
Ad essa avevano, poi, fatto seguito lo schema dell’atto costitutivo e lo statuto della “flotta sarda” approvati dalla Giunta. In sostanza, il governo Cappellacci, senza ombra di dubbio, raggiungeva un risultato “storico”: la costituzione di una flotta autonoma con un capitale a disposizione di 10 milioni di euro per partire ed altri 100 milioni, da utilizzare in via sperimentale e per cinque anni, per la stipula delle convenzioni di servizio.
Un sogno che, però, durerà solo l’arco di un anno e che s’infrangerà contro la normativa comunitaria in merito. E la cronaca è conosciuta. Nel 2014, in piena campagna elettorale, arrivava il verdetto della Commissione UE (alla quale si era rivolta la compagnia G.N.V), che bocciava il sostegno concesso dalla Regione alla Saremar. La Regione, a sua volta, faceva ricorso, ma il tribunale continentale rigettava l’istanza.
Si arrivava, quindi, al fatidico agosto 2014 dove il tribunale di Genova “infergeva” l’ennesimo “colpo” alla politica di “lotta” intrapresa” dall’esecutivo Cappellacci (con, però, la Regione, già da qualche mese ritornata, a seguito delle consultazioni elettorali di quell’anno, nell’alveo del centrosinistra di Francesco Pigliaru, n.d.r): la ricapitalizzazione di Saremar non si sarebbe potuta fare con i soldi pubblici.
Un’altra storia da raccontare, che ben s’inserisce all’interno di questa battaglia “autonomistica” è sta quella della GoinSardinia, dove, però, non vi era più la Regione a fungere da armatore, ma entravano in gioco, in pieno, le figure imprenditoriali della Gallura e del nord Sardegna. Un’iniziativa, insomma, che, a differenza dell’esperienza fallimentare della “flotta sarda”, partiva dal basso.
Eravamo nella calda estate del 2013 e GoinSardinia, società già costituitasi nel febbraio dello stesso anno, si presentava “ai nastri di partenza” dei moli sardi come la “prima compagnia di traghetti low cost.
Anche questa, nel suo piccolo, sarebbe dovuta essere una “rivoluzione” per i trasporti verso la Sardegna che, allora, si trovava al centro di un drammatico problema relativo alla diminuzione dell’affluenza dei turisti. Si trattava, nel concreto, di un gruppo di 60 imprenditori sardi, provenienti dall’area, per lo più, attorno a S. Teresa di Gallura, che aveva ideato un servizio di low cost dei traghetti, con costi più calmierati. I protagonisti di questo progetto si consorziarono versando ciascuno una quota minima di 500 euro e dando vita alla GoinSardinia. Il tutto avveniva, si badi bene, mentre nel “Capo di Sotto”, la Regione era impegnata nel pieno del varo della citata “flotta sarda”.
Il servizio di GoinSardina, quindi, partiva collegando, giornalmente, per il periodo giugno-settembre, la Sardegna ai porti di Civitavecchia e Livorno. Lo scopo, anche in questo caso, come in quello della “flotta sarda” era quello di lanciare un segnale forte all’annosa problematica del caro traghetti che, stando ai dati del biennio 2010- 2012, elaborati dall’Autorità marittima e diffusi dall’allora Assessorato regionale ai Trasporti guidato dall’attuale presidente della Regione Solinas, erano abbastanza incontrovertibili: negli scali marittimi del nord Sardegna (Olbia, Golfo Aranci e Porto Torres) si era assistito ad un progressivo calo di passeggeri che raggiunse la considerevole stima di 2 milioni di unità.
Con l’utilizzo della nave Kriti I della Anek lines (compagnia greca che poi sarà operativa, in convenzione, con C.I.N. Tirrenia lungo la tratta Palermo- Cagliari, n. d. r.), si sarebbe dovuto consentire, quindi, un risparmio dal 30 al 50 % sul costo dei biglietti.
Anche in questo caso, però, il sogno degli imprenditori galluresi durerà, si e no, l’arco di un’estate, condizionato dall’insorgere di continui disservizi addebitabili, per lo più, all’armatore greco. Questo porterà all’avvio di procedure di risarcimento e ad un contezioso nei confronti di Anek lines che, invece, replicava giustificando la risoluzione unilaterale del contratto di nolo con il consorzio sardo per il mancato pagamento, a proprio favore, delle relative somme dovute. Nel frattempo si giungeva al fallimento di GoinSardinia.
La “battaglia dei traghetti”, partita con tante velleità, purtroppo, era persa su tutti i fronti e gli strascichi, per la Regione e per i sardi, si protraranno, inevitabili, anche nella successiva XV legislatura, quella della coalizione progressista di Francesco Pigliaru.
In certi argomenti non ho competenza.. Ma posso dire che purtroppo da sardo e per i sardi non c’è stato mai quel rispetto che si dovrebbe dare a un popolo fiero e orgoglioso. Ma siccome è una regione povera materialmente su tante cose viene snobbata e sfruttata su quel poco che ha…