poesia di GIUSEPPE FLORE; commento di GIANRAIMONDO FARINA
Se vi e’ una parola, intesa come minimo comun denominatore, di questo splendido componimento poetico dedicato da Peppe Flore alla figura indimenticata di Nicola Cosseddu (1945- 2020), un altro grande anelese emigrato e scomparso un anno fa, l’ “annus horribilis” del covid, quella non poteva non essere che “sa moroccula” o trottola. Nicola Cosseddu oltre che essere stata un’amabilissima persona, emigrata da Anela a Cagliari e realizzatasi nella sua professione di docente, e’ stato un amante della lingua, della cultura e delle tradizioni della Sardegna, e come tale e’ giusto ricordarlo. E l’amico Peppe, che si rivolge per questo in prima persona, lo ricorda, appunto, con uno dei giochi piu’ comuni ed utilizzati della nostra infanzia, “sa moroccula”, la trottola.
L’immagine de “sa morocula”, Peppe
l’ha presa dalla poesia che lui, Nicola, aveva letto in occasione della festa dei cinquantenni. Come gioco fatto durante l’infanzia con gli amici, “i fedales” , questa trottola, in sintesi, scandisce il tempo; non è altro che la vita di ognuno di loro che si raccontava in quella significativa giornata. La sua, però, quella di Nicola, nella descrizione del poeta, continua a girare, perché anche dopo la sua scomparsa viene ricordato nel tempo da parenti, amici e coetanei.
Nicola, lo si ricorda, “in primis” per la sua sprizzante allegria (“Fit allegria sa chi mustraiat in cara”). Una allegria che, per il poeta, non si sarebbe potuta che spiegare nel gioco, forse, il piu’ classico e comune della nostra tradizione, “sa moroccula” e di cui lo stesso Nicola era un appassionato estimatore. Un gioco per il quale, data la sua “universalita” nel tessuto sociale isolano, la lingua sarda, come anche per gli animali e le cose piu’ comuni, riserva una serie numerosa di varianti parlate: dalla logudorese, goceanina e barbaricina “moroccula” o “marocula”, alla campidanese “bardonfula”
(termine, quest’ultimo, utilizzato, con alcune, differenti sfumature anche nel Sarcidano ed in una parte del Marghine). Emblematico, in merito, rimane questo passaggio in cui Nicola, grande conoscitore e divulgatore dei giochi sardi antichi, viene immaginato come colui che ha posto la trottola a girare al centro di un tempo “kairos” della vita (“E de sos giogos chi as fattu ammentu (…) as postu sa moroccula a ballare”). La trottola, quindi, posizionata simbolicamente nel cuore dell’esistenza, Peppe l’ha messa per scandire il passo ed il tempo, proprio come, per l’occasione, ha fatto il caro Nicola, donando tale gioco agli amici, ai coetanei ed alle persone piu’ care (“Carignaias sos fedales unu pro unu. E sa morocula chi as postu a zirare fit s’ammentu de sa vida ‘e onzunu”). La trottola, nell’immaginario ben delineato dall’autore gira e fa girare il tempo, senza, pero’, arrestarne il ricordo (“Ma no si frimada, sighit a zirare (…) Su tempus fuet, ma no fuet s’ammentu”). La trottola gira, al centro della vita; il tempo scorre, inesorabile, ma non va via il ricordo. Ed, allora, che ricordo e’ che a noi rimane di questa indimenticata persona che fu Nicola Cosseddu? Il buon fare, innanzitutto, con tutta la gente. Aspetto e qualita’, questi, sottolineati bene da Peppe quasi con una dimensione “religiosa”, definendoli come “sacramento” (“Su onu faghes (…) fit sacramentu de amistade antiga”). La sua continua presenza per i bisogni della gente amica ( “E tue Nigola sempre fis presente, a coro in manu pro sa zente amiga”). Per concludersi con la gia’ ricordata immagine dell’allegria, altro minimo comun denominatore della vita del caro Nicola: un’esistenza che, nonostante le difficolta’ e le sofferenze affrontate con dignita’ , e’ stata veramente una trottola (“morocula”) gioiosa fin dalle sue sembianze esteriori (“Chin
s’allegria chi mustraias in cara, ti cherzo chin custa mia ammentare”). Significativa,poi, l’immagine finale che “riporta” Nicola ancora alla natia Anela e la unisce, simbolicamente, alla sua citta’ adottiva, Cagliari. Anela, caratterizzata dal vento e dall’aria salubre di montagna, che lui aveva conosciuto, vissuto e percorso anche come cacciatore, e Cagliari, il capoluogo, per il mare (“Basadu dae ‘entu ‘e idda cara e ninniadu dae undas de mare”).
Bella poesia. E la dedica appassionata che esalta il ricordo di un amico e compagno di giochi della nostra bellissima infanzia nelle strade polverose del nostro amato paese…
Magnifico
Grazie Gianraimondo
Vorrei rivolgerti un invito
Se puoi fa una raccolta di questi tuoi commenti relativi ad Anela e gli Anelesi
Ciao
Sos amigos de Nigola sunu unu divertimentu, cando passada su entu istana a su ola ola. Sos amigos de Nigola.