di GRAZIANO PINTORI
Certe notizie, ormai, arrivano dai luoghi in cui la sofferenza umana approda all’ultima fermata della vita: gli ospedali.
Dall’ospedale di Sassari apprendiamo, tramite la Nuova Sardegna, che il 77% dei 70 e 80enni, ricoverati tra le lungodegenze soffrono di malnutrizione, cioè di fame. Condizione questa che proietta anche la nostra società sarda verso quei luoghi in cui tante vite si perdono nelle periferie metropolitane, dove cani randagi, tra fumi che s’innalzano da cumuli d’immondizie, convivono con persone affamate dall’aspetto scheletrico.
Di sicuro si tratta di una descrizione eccessiva, però i presupposti ci sono: Sassari non è il Bronx di New York, però è città metropolitana per volontà della giunta regionale; inoltre, in tempi di pandemia bar e ristoranti sono rimasti chiusi e per tanti cani e persone sono venuti meno i punti da cui traevano un minimo di sostentamento. I dati forniti sul dramma ci dicono che su 294 persone ricoverate, circa 240 presentano problemi di nutrimento e conseguente aggravamento del quadro patologico complessivo, non a caso questa tipologia di pazienti ha attese di vita ridotte a meno di un anno.
La stessa fonte riferisce, anche se apparentemente sembra assurdo, che questi degenti provengono dalle RSA, o case di riposo o famiglie: nelle prime spesso il personale è numericamente inadeguato e ciò comporta ritmi di lavoro accelerati, di conseguenza si trascurano, durante il consumo dei pasti, le attenzioni dovute per verificare se gli anziani abbiano problemi di masticazione, di deglutizione, di abituale inappetenza.
Per quanto concerne gli ambienti familiari molti anziani sono trascurati, perché spesso gli elementi più giovani sono continuamente indaffarati, o presi da problematiche diverse, oppure sono semplicemente inadeguati ad assistere persone in difficoltà. Dobbiamo ricordarci anche gli anziani che sono costretti a vivere da “randagi” dopo avere subito un lutto grave, o per separazione e divorzio, o semplicemente per sfratto.
Sappiamo che oggi la società si è evoluta e come tale richiede più servizi rivolti alla persona, di conseguenza scuole, ospedali, asili, RSA, case per anziani e via discorrendo, dovrebbero costituire l’ossatura dei servizi sociali pubblici per sopperire alle multi esigenze dei cittadini. L’inchiesta, più volte richiamata, sottolinea che il problema degli anziani non è riferito alla sola città metropolitana di Sassari, ma coinvolge anche centri costieri e dell’interno, per dire che le proporzioni del problema sono più estese di quanto ci si possa immaginare, coerentemente la prevenzione, le risorse umane ed economiche dovrebbero essere ben adeguate alle esigenze della collettività.
Purtroppo il giudizio su questo fronte non può che essere negativo, costatata l’assenza della riforma sanitaria e il conseguente aumento della sofferenza tra le categorie più deboli della cittadinanza; infatti, anziani con pensioni tra i 400 e 500 euro mensili non sempre sono in grado di consumare pasti regolari, essere accuditi, curati e assumere medicine se sono sottoposte a ticket.
Tanto è, come si diceva, che i ricoveri in lungodegenza per molti è l’ultimo approdo della vita. Riforma sanitaria significa avere servizi di assistenza domiciliare di base diffusi ed efficienti, disponibilità di medici geriatri e personale infermieristico specializzato, in grado di monitorare costantemente la popolazione anziana. La pandemia, di cui gli anziani hanno subito le conseguenze più nefaste, ha messo allo scoperto la pressante necessità di reclutare il personale di cui sopra destinandolo, a mio modo di vedere, a un servizio specifico per quella categoria di popolazione, come i pediatri di base lo sono per i bambini.
Oggi la sanità è considerata un costo alla stregua della potatura degli alberi, perciò sottoposta a pesanti tagli, si tratta di una prassi che trova radici nella regionalizzazione della sanità, però, grazie all’emergenza pandemica si è messa allo scoperto il fallimento di quella specie di decentramento. In pratica, se oggi tra gli anziani si muore di fame significa che le problematiche socio sanitarie esistono e sono gravissime, situazioni che mettono a nudo il nervo scoperto del SSN, ormai compromesso e aziendalizzato.
Non si può nascondere che già alcune giunte regionali del centrosinistra avevano contribuito allo sfascio della sanità, però oggi assistiamo alle scelte reazionarie della compagine sardista, leghista e parafascista concordi nel privilegiare super staff milionari al servizio dei vertici di governo, oltre a ripristinare le costose figure apicali delle vecchie ASL, trasformate in feudi elettorali. Ricordiamo, inoltre, il ritorno delle vecchie province e quelle nuove, l’istituzione delle due città metropolitane: una restaurazione dai costi altissimi, però indipendente dai lacci e laccioli stretti dettati dalla razionalizzazione delle spese che invece gravano su sanità e altri servizi essenziali.
Una restaurazione, ripeto, ricca di costi che mira, strategicamente, alla dislocazione di nuovi bacini elettorali piuttosto che a un sano adeguamento delle esigenze sanitarie, sociali e amministrative attese dai sardi da illo tempore. Comunque sia, anche la maggioranza della destra sarda leghista e parafascista dimostra molta incapacità politica e un alto livello di arroganza amministrativa, carenze che si specchiano nel fallimento dell’”aria nuova politica” tanto propagandata durante la loro chiassosa campagna elettorale. In realtà, al contrario, l’aria di via Roma e villa Devoto resta sempre viziata. Anzi, inquinata.
#manifestosardo