di MATTEO PORRU
Il mondo, visto da Lula, è fatto di alberi e nuvole. Che poi Antonio Mura mica c’è nato, a Lula. È nato a Bono, in pieno ottobre, nel 1908. A Lula ci cresce, con lo zio Giovanni Antonio, che di lavoro fa il sacerdote ma di vocazione ne ha anche un’altra: scrive, tra l’altro non male. Pubblica un romanzo, La tanca fiorita, per i tipi di una casa editrice di Milano, nel 1935, ma Antonio ha già ventisette anni, una laurea in pedagogia con una tesi complicatissima sull’opera hegeliana, l’abilitazione all’insegnamento di storia e filosofia e parecchi testi pronti da pubblicare. C’è un solo modo per non cadere nell’omonimia con lo zio: cambiare nome. Ed è quello che fa: aggiunge il cognome della madre, usa diminutivi, gioca con le crasi. Di fatto, quest’uomo si firmerà come Antonino Mura Ena, Antonio Mura Ena e Antonio Murena: uno e trino. Insegna all’Istituto Magistrale di Nuoro, poi scavalca il Tirreno e si trasferisce a Roma e prende una cattedra al Collegio di Santa Maria.
Legge poesia italiana e straniera, aiutato dal tedesco che ha imparato all’università. Nel 1938 debutta come poeta con una raccolta, L’isola e la città, e come traduttore, convertendo una lirica del poeta Heinrich Heine in sardo. Antonio ha capito una cosa fondamentale che, per molti, è un tabù: la contaminazione è l’unica via per crescere. La poesia, sia quella italiana che quella in limba, deve aprirsi alle altre tecniche e alle altre lingue, anche straniere, per rinnovarsi e rafforzare la sua unicità.
Se la produzione poetica è ben avviata, ne è prova la raccolta Nuove poesie di qualche anno dopo, quella in prosa fiorisce in questi anni con novelle e racconti brevi che gli vengono pubblicati su testate importanti. Tomas ed Elia e Biella pensa al motore sono due delle più note. Sulla scia di quest’ultima storia scrive il suo primo romanzo, La fontana del pane, che però non verrà mai stampato.
Il più grande incontro della sua vita lo fa in Abruzzo, d’estate, in piena guerra, dove conosce uno dei più grandi letterati antifascisti della storia d’Italia, Leone Ginzburg.
I due legano subito, parlano tanto, pensano insieme. Quell’amicizia sarà tanto influente che Antonio aderisce al Comitato di Liberazione Nazionale e a Pizzoli fonda pure una sezione del Partito Comunista. Non gli riuscirà, però, di non piangere alla notizia della morte, orrenda, dell’amico. Torna a Roma e scrive per il settimanale “1945” che, manco a farlo apposta, chiude nel ’46. Ma la casa editrice del periodico, che aveva notato la penna e l’attitudine di Mura Ena, gli propone la direzione di una collana sui politici contemporanei.
È sua una delle migliori monografie su Palmiro Togliatti, aiutata, e non poco, dallo sguardo politico che Antonio aveva maturato attivamente durante la campagna elettorale del ’46.
Lascia la cattedra ma rimane in ambito scolastico, pubblica il periodico “Scuola democratica” e dirige quello che poi sarebbe diventato Centro Nazionale Sussidi Audiovisivi del Ministero della Pubblica Istruzione.
Antonio Mura Ena, ormai, è un gigante: tiene convegni sulla filmografia, sulla pedagogia cristiana, dirige quattro giornali contemporaneamente, pubblica saggi di pedagogia, insegna all’Università di Roma, viene mandato dal Ministero della Pubblica Istruzione in giro per l’Europa per confrontare i metodi di apprendimento. Pubblica decine di lettere, sull’esperienza in Germania e sugli anni di Ginzburg: la raccolta più importante sarà Annotazioni.
Ma non basta: traduce in sardo dell’Apologia di Socrate, sforna racconti su racconti e progetta raccolte su raccolte. Vince il Premio Pompeo Calvia di Sassari, torna alle origini e scrive di casa, di Lula, del mondo di alberi e nuvole. Muore a Roma, dopo aver appena compiuto ottantasei anni, in pieno ottobre, nel 1994.
Ho scritto queste battute in quasi due settimane: è stato difficilissimo scegliere le notizie e le opere da segnalare. E le finisco arrabbiato, perchè quest’uomo, che ha fatto la storia della cultura, della scuola e della pedagogia italiana, per molti è un uomo e basta.
Questa rubrica, da tante settimane, vuole far riscoprire i grandi che non hanno, oggi, l’importanza che meritano. Antonio Mura Ena va riscoperto, tutto quanto. Antonio Mura Ena va ripubblicato, adesso. Questo è un appello, e di appelli non ne ho lanciato mai, a tutti gli editori, in particolare a quelli sardi. Fate in modo che, in catalogo, ritornino le opere di Antonio Mura Ena: c’è saggistica, poesia, epistolario, narrativa breve e lunga. C’è vita, emozione, identità. Fate in modo che venga valorizzato come merita. Perchè lo merita davvero.
Un ottimo articolo, Grazie