di LUCIA COSSU
I Templari, tra leggenda e cronaca, suscitano da sempre grande interesse, tanto che nei secoli sono proliferati migliaia di scritti, frutto di ricostruzioni fedeli o fantasiose. Il grande mistero e il fascino sono legati a tanti aspetti: la nascita dell’Ordine, avvenuta durante le crociate; l’epoca storica in cui vissero, il Medioevo; la peculiarità di questi monaci combattenti, che portavano la fede in punta di spada; le loro vicende intrise di fede e di guerra; il misticismo e il potere; l’intensità e la brevità della loro vicenda durata solo 200 anni; il mistero della fine tragica e romanzesca dell’Ordine e infine la scomparsa degli archivi.
Ricostruire la storia dei Templari, trovare tracce e possedimenti, è un’investigazione affascinante e molto complessa, che coinvolge anche la Sardegna. Alcuni indizi, infatti, fanno supporre, che il famoso Ordine ebbe a intrecciare la sua storia anche con le vicende dell’isola.
Partiamo dalla loro nascita avvenuta nel 1118, quando un gruppo di cavalieri francesi, guidati da Hugo di Payns, fondarono a Gerusalemme I Pauperes commilitones Christi templique Salomonis, i Poveri compagni d’armi di Cristo e del Tempio di Salomone, meglio noti come Templari. È un ordine monastico cavalleresco con il compito di difendere i numerosi pellegrini che si recavano a Gerusalemme. Le crociate sono un fenomeno complesso che ha interessato migliaia e migliaia di persone per tre secoli. Sappiamo cosa significò strappare il Santo Sepolcro agli arabi in termini di vite umane e di intolleranza religiosa e sappiamo quanto fosse complesso mantenere i regni latini nati in Terrasanta.
I Templari, grande croce rossa su mantello bianco, sono parte di questa storia, ma furono anche altro: un ordine ricchissimo e potente, che solo al papa doveva obbedienza e che si diffuse in tutta Europa con migliaia di edifici tra chiese, palazzi e monasteri. Due secoli di storia, che si concluse brutalmente per mano del re francese Filippo IV il Bello. Tra il 1307 e il 1312, iniziò la persecuzione e l’Ordine fu soppresso, poco dopo i beni confiscati furono assegnati ai cavalieri dell’Ordine di Malta.
Per scoprire se i Templari, realmente, abbiano avuto degli interessi e dei possedimenti in Sardegna, ho intervistato uno dei massimi conoscitori dei Templari in Sardegna, lo studioso Massimo Rassu. A lui abbiamo chiesto di fare luce sulle vicende di quest’Ordine così misterioso, quali potrebbero essere le Chiese templari nell’isola e quali siano i documenti su cui costruire le ipotesi.
Massimo Rassu, ingegnere e studioso, ha pubblicato un centinaio di articoli e oltre trenta libri su vari argomenti, in particolare riguardo le fortificazioni, gli ordini militari, la geografia e urbanistica storica; sui Templari ha costruito negli anni diverse ipotesi di lavoro.
Massimo, venticinque anni fa il tuo primo libro sui Templari: come nasce la tua attenzione per questo argomento? Ipotesi sui Templari in Sardegna – uscito appunto nel 1996 – è di fatto il primo studio sistematico sui cavalieri nella nostra isola. La lettura del mio libro ha suscitato l’interesse di tanti per questo sodalizio di valorosi monaci combattenti. Oggi, i libri, i convegni e le teorie sulle presunte proprietà in Sardegna ormai non si contano più, ma sono debitori di quell’appassionata ricerca, pubblicata un quarto di secolo fa. La mia attenzione sul tema nasce in modo fortuito. Nel 1988, studiando i castelli medievali della Sardegna avevo trovato dei documenti che parlavano dei Templari di cui non sapevo nulla e iniziai a documentarmi. Alcuni anni dopo, nel 1994, pubblicai i primi articoli dove suggerivo che la chiesa di Santa Maria della Mercede di Norbello e la Santa Maria di Uta potessero essere state fondate dai Templari. L’argomento, ancora completamente inedito, mi procurò l’invito, nel dicembre del 1995, a tenere una conferenza presso l’associazione culturale “Gli amici del libro” di Cagliari. Una televisione locale, Sardegna Uno, trasmise l’evento nell’edizione serale: il tema richiamava grande attenzione. In seguito mi è stato proposto di scrivere un saggio, Ipotesi sui Templari in Sardegna, appunto.
Partiamo dalle certezze. Abbiamo dei documenti che dimostrino l’esistenza o il passaggio dei Templari in Sardegna? I documenti non sono tanti. In una carta dell’anno 1198 viene citata una fondazione templare, una Domus templi, termine che all’epoca indicava il monastero templare. Dal contesto, la Domus templi si trovava presumibilmente nell’Oristanese: ne parlava, infatti, un canonico arborense che lamentava il furto dei pani di cera che l’arcivescovo di Oristano mandava appunto alla Domus templi. Da questa fondazione dipendevano una decina di chiese non monastiche sparse tra le diocesi medievali di Oristano e di Bosa. Solo i vescovi di queste diocesi, nel 1308, furono incaricati di preservare i beni templari della Sardegna. In un altro documento appena successivo, dell’anno 1200, papa Innocenzo III incaricava tale magister templi Albertus di recarsi in Sardegna per recuperare il censo, le decime che tutte le parrocchie del mondo cristiano versavano annualmente alla Santa Sede. Un’altra carta è del 1216. Il documento principe, che toglie ogni dubbio sulla presenza dei Templari in Sardegna, è la lettera fratribus militiae templi in Sardiniam constitutis inviata nel 1249 dal papa ai frati della Milizia del Tempio che sono, appunto, istituiti in Sardegna.
Quali sono le chiese sarde appartenute ai Templari? Di fatto non sappiamo dove fossero queste chiese, perché non sono stati trovati documenti che dicano in modo esplicito quali siano realmente appartenute all’Ordine del Tempio. Per questa ragione si deve parlare di ipotesi. Il problema è che l’archivio centrale dell’Ordine è andato disperso con la scomparsa del sodalizio e i documenti sardi hanno seguito la stessa sorte degli altri documenti medievali isolani. I pochi superstiti sono depositati in altri archivi, ad iniziare da quello Vaticano, ma anche gli archivi di Genova, di Pisa o quelli spagnoli, ossia di tutte quelle entità politiche dell’epoca che hanno avuto a che fare con la Sardegna o che tennero proprietà in Sardegna.
Non abbiamo certezze, quali sono le tue ipotesi? Inizialmente tendevo a catalogare come templari le chiese che presentano delle croci particolari dipinte al loro interno o scolpite al loro esterno. Infatti, le pubblicazioni che avevo letto negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta parlavano delle croci templari incise o dipinte dai Templari nelle loro chiese. In seguito alla pubblicazione del mio primo libro, mi sono potuto confrontare con diversi studiosi, che mi avevano raccomandato di studiare esclusivamente i documenti d’archivio e lasciare perdere gli indizi: croci, simboli, teorie varie.
Quindi la cosiddetta croce templare non identifica le chiese templari? No, perché non esiste un tipo di croce esclusivo dei Templari. Essi adottarono una croce latina piana, ossia la croce di San Giorgio, come quella di Genova, o della Democrazia Cristiana: questa è la vera croce templare, una fisionomia abbastanza comune. Tutti, invece, inseguono la croce di Amalfi, poi adottata dai Cavalieri di Malta. A prescindere dalla forma, la presenza di una croce dipinta, incisa o scolpita in una chiesa non si può attribuire ai Templari, perché, in realtà, è abbastanza normale trovare delle croci in una chiesa, essendo il simbolo del Cristianesimo. Quasi tutte le croci identificate come templari, in realtà, sono croci greche incise in blocchi di riutilizzo di precedenti chiese bizantine. E analogamente, le croci rosse dipinte nelle pareti interne delle chiese romaniche sono solo delle croci di consacrazione della chiesa: sono tutte color rosso minio su una stilatura bianca di calce. Per loro natura, erano e sono presenti in tutte le chiese, anche se spesso sono state coperte da successive pitture. Il fatto che anche sul mantello bianco dei Templari fosse disegnata la croce rossa, ha ingannato molti studiosi.
Se una croce non basta per indentificare una chiesa templare, che parametri hai utilizzato in seguito? È interessante studiare le intitolazioni delle chiese e il legame con l’Ordine di Malta. Nel 1312 i beni dell’Ordine templare, ormai soppresso, vennero assegnati in tutta Europa ai cavalieri di San Giovanni, gli attuali cavalieri di Malta. Le chiese dei Templari erano solitamente dedicate alla Madonna, quelle dell’Ordine di Malta, invece, a San Giovanni Battista, al Santo Sepolcro, o a San Leonardo. Partendo da questi presupposti, in via ipotetica, le chiese di culto mariano appartenenti ai Cavalieri di Malta nel 1500, sono fortemente indiziate come possibili chiese templari. Per proseguire le mie ricerche, sono andato proprio a Malta, dove ho potuto consultare gli inventari del 1627-29 e del 1660 dei beni dell’Ordine di Malta, in cui sono elencate le loro chiese, alcune delle quali intitolate a Santa Maria. In questi inventari compare anche la chiesa di Santa Maria de s’Ispidale di Romana.
Quali sono le chiese in Sardegna d’intitolazione mariana appartenute all’Ordine di Malta e quindi indiziate d’essere chiese templari? Le chiese d’intitolazione mariana appartenute all’Ordine di Malta sono Santa Maria de s’Ispidale di Romana; Sant’Antonio di Tresnuraghes, che sino al XIX secolo era intitolato alla Madonna di Loreto; e Santa Maria di Uta, ricordata già nel Trecento. In Sardegna i beni dell’Ordine di Malta nel XVI secolo si trovavano nella diocesi di Oristano e Bosa, a Nurachi, San Vero Milis e Simaxis (diocesi medievale di Oristano), e a Cuglieri, Santa Caterina di Pittinuri, Scano Montiferru, Santu Lussurgiu, San Leonardo de Siete Fuentes, Tresnuraghes, Bosa, e Romana (diocesi medievale di Bosa). E avevano altre piccole proprietà in territorio degli attuali Sassari e Porto Torres, più alcune saline a Stintino. Non c’è comunque nessun documento precedente e, dunque, alcuna certezza che queste chiese siano templari. Si parla solo di ipotesi di lavoro.
Cosa facevano i Templari in Sardegna? Le stesse cose che facevano in tutta Europa: avevano dei monasteri -le Domus Templi, o magioni, appunto-, donati dai regnanti o dalle famiglie più ricche del luogo e in questi conventi loro, esattamente come in tutte le abbazie medioevali, allevavano bestiame, coltivavano la terra e con il ricavato della vendita dei prodotti inviavano contributi economici alla casa madre a Gerusalemme. Quelle somme in denaro servivano per mantenere i loro castelli e i cavalieri presenti in Terrasanta, dove in fondo erano nati.
Perché la storia dei Templari affascina così tanto? Perché ebbero una fine abbastanza tragica, furono perseguitati agli inizi del 1300 dal re di Francia per motivi ignoti, anche se si pensa che il Filippo IV il Bello, che era in bancarotta, volesse impadronirsi del patrimonio monetario dell’Ordine. E soprattutto perché una volta scomparsi sono svaniti anche i loro archivi, per cui la ricerca preliminare delle loro proprietà, comprese quelle in Sardegna, diventa una sorta di investigazione poliziesca, in cui bisogna mettere insieme degli indizi. E poi intorno ai Templari sorsero tanti racconti e miti fiabeschi.
Quali sono queste leggende legate ai Templari? Sono tantissime, perché la loro fine è avvolta dal mistero. Una leggenda racconta che alcuni Templari di Parigi siano fuggiti la sera stessa degli arresti. L’arresto in massa dei monaci fu decretato per il giorno venerdì 13 ottobre del 1307, da qui è nata la superstizione che il venerdì 13 porti sfortuna. Sarebbero fuggiti con il tesoro del Tempio verso il porto francese di La Rochelle, dove si sarebbero imbarcati verso la Scozia. E da lì tutto un nuovo fiorire di leggende e miti. Grande fascino, basti pensare che oggi esistono circa 1700 organizzazioni in tutto il mondo, che in modi diversi fanno riferimento ai Templari.
A volte i Templari vengono ricollegati all’esoterismo, come mai? Si tende a interpretare in maniera distorta i dipinti presenti nelle chiese dei Templari, scambiando il contenuto catechistico per informazioni esoteriche. I Templari erano dei monaci cattolici combattenti, erano cristiani del loro tempo. I dipinti e le sculture – ad esempio nelle mensole che reggono gli archetti romanici – hanno un simbolismo catechistico: il mostro rappresenta il diavolo quindi il peccato, la croce è Cristo e quindi la salvezza. C’è da considerare il valore forte delle immagini e che il 99% della popolazione all’epoca era analfabeta. Troviamo dipinti e rappresentazioni sacre anche in varie chiese romaniche sarde, tra cui San Pietro di Galtellì, la basilica di Saccargia, l’ex cattedrale di San Pietro di Sorres, l’ex cattedrale San Pantaleo di Dolianova, la cappella del castello di Bosa, la chiesa campestre di San Nicola di Trullas; nessuna di queste appartenne ai Templari.
Nel 2010 hai pubblicato il libro Militia Christi e Templari in Sardegna. Di cosa si tratta? È una raccolta di vari studi di alto livello su argomenti che ruotano attorno ai Templari e ai Cavalieri di Malta, articoli scientifici stilati da vari ricercatori, in una bella edizione curata dalla casa editrice Domus de Janas. Gli argomenti affrontati vanno dalla Pergamena di Chinon, all’analisi di diverse chiese romaniche già dell’Ordine di Malta, dalle leggende sui Templari in Scozia, allo studio approfondito della chiesa di San Leonardo. In chiusura, un articolo di Fabio Marcello sull’Ordine di Malta come istituzione a livello internazionale.
In conclusione di quest’intervista -dove abbiamo tentato di ricostruire i possibili possedimenti dei Templari in Sardegna e di illustrare il metodo di studio e di ricerca più appropriato- possiamo affermare che la mancanza di documenti certi non consente la scrittura di pagine di storia, ma consente solo di tracciare ipotesi di lavoro.
Ringrazio Massimo Rassu per la disponibilità ad affrontare un tema così delicato e dibattuto e speriamo che la scoperta di nuovi documenti inediti permetta di svelare finalmente i misteri sulle chiese e sulle proprietà sarde di questo valoroso ordine cavalleresco.
#lacanas.it
Interessantissimo
La voglia di saperne di più, rimane sempre insoddisfatta.