UNA POESIA E UN COMMENTO ALLA STESSA, PRO SU BICENTENARIU DE GIUSEPPE SANNA SANNA

poesia di GIUSEPPE FLORE

commento di GIANRAIMONDO FARINA

Che liberu de ideas

Imprueradu e ingroghidu dae su tempusu

Costoidu in cassetteddu sizilladu

Annos meda ses istadu irmentigadu

S’amore pro S’istoria e sa Sardigna

Ad’ ispintu s’intellettu a t’irfolliare

Oe Anela sinde pothet fagher manna

De haer dadu a “Sanna Sanna” su nadale

Dae tempus Anela bi creiat

Dae annos t’hat resu sos onorese

A manca de una zanna imbezzada

Inue caentadu t’hat su primu sole

Si letzede “ Sanna Sanna” in sa fazzada

Zurista Zornalista intellettuale

In politica distintu cumbatente

In diatribas de terrinos de ispartire

Has difesu su poveru chin sas dentese

Tempus malu “Sos ademprivilese”

Tempus malu pro sa Sarda Zente

In su primu guvernu “De Unidade”

Ses’istadu su primu a denuntziare

In parlamentu a tottu sa Nazione

S’esistenzia de una ”Sarda Questione”

De politicas sempre libertarias

Has’ isposadu de Mazzini sas ideas

Accumpanzende a su bene sotziale

valores de zustissia e libertade

Un poeta è, di solito, il “cantore del fare”. Il termine viene dal greco “poieo”, fare, appunto, da intendersi anche in senso non letterale.

Ebbene, in questa poesia, dedicata a Sanna Sanna per il Bicentenario della nascita (15 Gennaio 1821) , Peppe Flore, con il suo tratto, ormai, distintivo e preciso, riesce a delineare bene ogni aspetto della vita di questo “homo novus”, figlio di pastori, protagonista di quasi quarant’anni di storia sarda ed italiana, espressione dell’anima più sincera e pulita del Risorgimento: l’azionismo ed il mazzinianesimo, antesignani del sardismo.

Non era facile descrivere in pochi e precisi versi la figura e l’operato di Sanna Sanna, anche egli “uomo del fare”. Ebbene, l’amico poeta vi è riuscito magistralmente.

Si parte, innanzitutto, dalle tre strofe iniziali che caratterizzano la prima parte del componimento.  Si tratta di una parte che potremo definire “di carattere intimo- anelese”, in cui emerge tanta confidenzialità, caratterizzata dal ricorso all’uso del “tu”. La memoria di Sanna Sanna dimenticata, impolverata dal tempo (“che liberu de ideas imprueradu e ingroghidu dae su tempus”- incisivo il ricorso al termine “ingroghidu”). Molto bella l’immagine della curiosità che, proprio per l’amore della storia e della Sardegna (aspetti che pervadono anche l’autore), hanno spinto le nostre menti (l’intelletto) a conoscere questo personaggio. Sanna Sanna viene rappresentato come un “libro chiuso” che, ora, invece, grazie all’impegno di alcuni (ed anche suo, di Peppe), diventa “aperto” (“Ad ispintu s’intellettu a t’irfolliare”). Un “libro aperto” rivolto, innanzitutto, ad Anela che, di Sanna Sanna ha, ora, solo una via, un tempo la strada principale, ora relegata a secondaria ed anonima. Anela che da tempo aspettava e desiderava questo momento. Proprio quel paese di 250 abitanti che, del giovane “Peppeddhu” (così si faceva chiamare) ne aveva riscaldato il primo sole: stupenda immagine materna e di amore familiare (“inue caentadu t’hat su primu sole”).

E da quell’Anela, allora sparuto e piccolo villaggio di pastori e servi porcari, del contado montano di Gocéano, sempre il giovane “Peppeddhu” “piccherà il volo” verso la lontana Cagliari, antica capitale del “Regnum Sardinae” e più importante centro economico dell’isola, che ne diverrà la città d’adozione ed in cui maturerà culturalmente e professionalmente.

La seconda parte di questa splendida poesia, composta sempre di tre strofe, è un concatenarsi preciso dei risultati professionali e delle battaglie politiche affrontate da Sanna Sanna.  Non vi è più il tono confidenziale, materno e familiare del periodo goceanino ed anelese. Ora i tempi sono cambiati e la lotta politica, in cui Sanna Sanna s’impegnerà profusamente, richiederà momenti solenni: si stà facendo l’Italia e la Sardegna ne è protagonista, con tutto il suo travaglio, dovuto alla fine delle istituzioni autonomistiche ed alla susseguente “fusione perfetta” con gli Stati Sardi di Terraferma (1847), votata e voluta dalla stessa classe dirigente isolana di allora. Il tono che usa Peppe è sempre confidenziale; ma è un confidenziale- alto. Sanna Sanna appare, veramente, come “homo novus”, uomo del fare, uomo d’azione.  Giurista, giornalista ed intellettuale battagliero, da un lato, che, però, non ha dimenticato per niente i problemi atavici delle zone interne dell’isola come il suo Gocéano, la cui condizione economica era segnata profondamente dall’ annosissima questione, tutta sarda, degli ademprivi (antichi usi civici) e della questione fondiaria connessa. Scrive giustamente Peppe: “Tempos malos sos adempriviles; tempos malos pro sa sarda zente!”. In un simile contesto diventa, quindi, centrale, la vera missione politica del deputato anelese, quella per cui si batterà durante tutti i suoi mandati parlamentari: la Questione Sarda. Il poeta anche in questo è maestro: in pochi e significativi versi ne dipinge l’azione. Nel primo governo dell’Italia Unita (1861), nel primo Parlamento del neonato Regno d’Italia (in continuità, peraltro, con quello del Regno di Sardegna, per cui la legislatura, l’VIII, è la stessa ma cambia solo il nome), Sanna Sanna sarà il primo deputato sardo, “in un parlamento nuovo”, a fare della Questione Sarda una Questione Nazionale. E lo farà con le proprie idee, che non rinnegherà mai  e che, purtroppo, lo hanno portato ad essere anche avversato ed osteggiato da alcuni stessi deputati isolani, a partire da quelli della famigerata “camarilla”: idee mazziniane, azioniste, sardiste “ante litteram”, impregnate di giustizia sociale e di libertà.

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Un commento

  1. La poesia è bella e chiara. Ancora più chiaro e dettagliato e il commento del prof. Farina. Con tutti i relativi riferimenti storici, del famoso politico di Anela, Sanna Sanna. Dove mete in risalto il coraggio battagliero, in difesa dei diritti dei sardi, in parlamento, durante l’ultimo periodo del Regno di Sardegna e il primo periodo del Regno d’Italia.

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