di FRANCO MASALA
Non è tra le cose migliori di Šostakovič, ma, almeno, è stata l’occasione per riascoltare a Cagliari la violinista Anna Tifu, assente dal palcoscenico del Teatro Lirico dal 2016 e ormai nota a livello internazionale. Il Concerto n. 1 per violino e orchestra in la minore op. 77, dedicato al grande David Ojstrach ed eseguito la prima volta nel 1955, non ha certamente la popolarità degli omologhi di Beethoven o di Čajkovskij ma dà la possibilità al solista di esibire il proprio virtuosismo, soprattutto nello Scherzo (secondo movimento).
Qui il ritmo si fa incalzante e vorticoso tanto da essere ripreso nel finale non più in modo pirotecnico quanto maggiormente disteso. La Tifu ha sfoggiato un piglio notevole in tutto il concerto, eccellendo nella cadenza dell’ultimo movimento: la sua maturazione di interprete si è rivelata appieno, accompagnata da un maestro, Gabriel Chmura, in verità piuttosto compassato tranne che in alcuni punti dove la vena beffarda del controverso compositore si scatena in modo ironico secondo una cifra stilistica immediatamente riconoscibile.
Alle acclamazioni del pubblico Anna Tifu ha risposto con un pezzo vertiginoso di Ysaÿe in un gioco diabolico che ha soddisfatto l’uditorio.
In apertura la notissima Sinfonia “Dal Nuovo Mondo” di Antonin Dvořák che mescola motivi afroamericani a temi della natìa Boemia in un tutt’uno che ancora oggi emana grande fascino timbrico, soprattutto nelle uscite dei fiati e degli ottoni.
Chmura, direttore di origine polacca ma di formazione israeliana ed europea, torna a Cagliari dopo un quarto di secolo e a quaranta anni dal debutto locale, dimostrandosi attento concertatore anche se il suo gesto inclina più verso la lentezza (vedi soprattutto il Largo, condotto lemme lemme) che verso il coinvolgimento totale. Così proprio il travolgente finale appare più sommesso che trascinante.
Non manca comunque il consenso del pubblico, tristemente rarefatto per i motivi ormai noti in una poltrona sì e una poltrona no all’interno di una platea che avrebbe meritato un pienone. Incrociamo le dita e speriamo di poter ascoltare ancora musica dal vivo data la situazione in continuo divenire.