di VITO BIOLCHINI
Conte parla. Di domenica sera, in diretta tv. E fa uno strano effetto perché ci riporta emotivamente alle settimane dure del lockdown. È un brutto segno, è chiaro. Però il Presidente del Consiglio spiega, si espone. Non si sottrae e risponde alle domande. Prova a rassicurare. E, in parte, lo fa pure.
E nella nostra isola invece, cosa succede? Domenica 18 ottobre, si sono contati ben 230 contagi, segno che questa per noi non è la seconda ondata, ma la prima.
Ci sarebbe bisogno di capire qual è la situazione reale e, soprattutto, quali sono i piani della giunta Solinas davanti ad una situazione che peggiora giorno dopo giorno.
I giornalisti di solito fanno domande. Perfino quelli della Nuova Sardegna che, dopo mesi di evidente accondiscendenza nei confronti della giunta regionale, adesso iniziano a mettere da parte il consueto timore reverenziale e chiedono a chi di dovere. Così a pagina 2 del 19 ottobre: L’apparato sanitario sardo è in grado di reggere l’urto? E quegli ospedali minori e periferici che si prevedeva di utilizzare per i pazienti non Covid in caso di un aggravarsi dell’emergenza, sono pronti e attrezzati? La persona che dovrebbe avere un quadro complessivo della situazione è l’assessore regionale alla Sanità, Mario Nieddu. Ma se gli si chiedono cinque minuti di tempo per spiegare nel dettaglio lo stato delle cose nei vari ospedali, le prossime attivazioni e i tempi di intervento, con cortesia risponde: «Cinque minuti no, posso dargliene uno e mezzo». Così il quadro che viene fuori dalla conversazione è un po’ sbocconcellato e frammentario.
L’assessore regionale alla Sanità, Mario Nieddu, chiaramente scappa. Al cronista che lo incalza (e che giustamente fa notare che “la richiesta di un quadro chiaro della situazione non è comunque un capriccio giornalistico, ma un’esigenza di conoscenza dei sardi), risponde con una formula magica (“la situazione cambia di giorno in giorno”), segno che nella nostra isola la situazione sta realmente sfuggendo di mano.
E invece il presidente della Regione, Christian Solinas, dov’è? Cosa fa? Cosa pensa? Perché non parla?
Qualche giorno fa il consiglio regionale si è riunito per parlare dell’emergenza Covid. E il presidente Solinas non c’era. Non si è presentato in aula. Come uno studente bizzoso che, sapendo di essere impreparato, non va a scuola il giorno dell’interrogazione. È di questa pavidità mascherata da finezza politica che Solinas dovrà rispondere ai sardi, non solo dell’inadeguatezza della sua azione politica.
Un presidente che fugge e tace davanti ad una situazione del genere si qualifica da solo. Ma si qualifica anche l’opposizione che, constatata l’assenza in aula del presidente della Regione, avrebbe dovuto abbandonare il Consiglio.
E invece no. Tutto continua come se niente fosse, in un gioco delle parti che deve essere spezzato al più presto. C’è quasi da rimpiangere la stagione delle conferenze stampa taroccate, come la lunga sequenza di numeri sparati solo per perdere tempo e le domande scomode silenziate o ignorate. A questo siamo arrivati.
Solinas parli ai sardi, spieghi cosa intende fare. Il peggio sta arrivando e rischia di travolgerci. La smetta di scaricare sempre le responsabilità sugli altri (sul governo, sulla passata giunta, sul destino cinico e baro) e agisca. Ma soprattutto la smetta di tacere e di scappare davanti alle sue responsabilità.
Lo faccia per i medici e gli infermieri che lavorano negli ospedali, per i volontari del 118, per le famiglie in pena per i loro cari.
Al di la degli schieramenti e delle appartenenze di partito, questo è il momento in cui ciascuno è chiamato mostrare quanto vale. Vale per tutti noi. Ma vale a maggior ragione per chi ha responsabilità politiche.
Ecco perché il silenzio del presidente della Regione Autonoma della Sardegna Christian Solinas ormai è intollerabile.
Aspettano il 22 e qualche Salvinaccheria