di Cristoforo Puddu
Auschwitz, Mauthausen, Treblinka e Dachau , nel tragico immaginario collettivo, simboleggiano tutte le disumanità aberranti e atroci che sono state perpetrate nei campi di concentramento nazisti. Dachau -cittadina situata a nordovest di Monaco di Baviera che ai primi del Novecento fu meta di numerosi pittori paesaggistici, conquistati ed ispirati dagli scenari caratteristici naturali paludosi, dall’ambiente rurale e dal territorio muscoso Dachauer Moos, e divenendo rinomato centro artistico a cui legò la sua attività anche il pittore triestino Giulio Beda (Trieste 20 gennaio 1879 – Dachau 9 aprile 1954)- ha il triste primato di essere stata destinata territorialmente, nel 1933, alla costruzione del primo campo di concentramento. Dachau, progettato inizialmente per prigionieri politici (comunisti, sindacalisti ed oppositori al nazismo) rappresentò un “sinonimo di paura e di terrore in tutta la Germania”; fu pertanto prototipo e modello per i successivi campi destinati ad ebrei, minoranze, emigrati, “parassiti sociali” (es.: i disabili o malati mentali) e ai prigionieri di guerra. Un contributo alla comprensione e consapevole presa di coscienza sulla Dachau 1943-1945 viene dall’intensa testimonianza narrativa di Giuseppe Porcu, pubblicata da Angelica Editore in collaborazione con l’Associazione Disterru, titolata Gli anni sospesi. L’opera, inserita significativamente nella Collana Solo Andata, si propone di raccontare “le vite dei sardi fuori dalla loro isola” con rappresentazioni “di esistenze coraggiose, quasi eroiche, ma anche di grandi difficoltà e fallimenti. Di integrazione e di sradicamento”. La successione degli eventi dell’esistenza di Giuseppe Porcu, nato a Dolianova nel 1920, sembrano tracciati da quel grande romanziere che è l’imprevedibilità della vita e dall’innato proprio senso di giustizia e libertà. Abbandonata la Sardegna, perché chiamato a prestare servizio militare di leva a Torino, si ritrova in breve trasferito punitivamente ad una caserma situata al confine francese e addetto allo scavo di trincee. Organizzata un’ardimentosa fuga solitaria in Oltralpe, si arruola nella Légion e combatte i nazisti nelle Ardenne e nei territori d’Oltremare del Nord Africa. Rientrato forzatamente in Francia, a causa di gravi problemi di salute, si attiva nella resistenza all’occupazione nazista finché il governo collaborazionista di Petain non opera la sua riconsegna alle autorità italiane. Subisce inizialmente due anni di carcere e per decisione della Repubblica di Salò verrà consegnato ai nazisti ed internato a Dachau. Giuseppe Porcu è figura di resistente antifascista che, con coriacea dignità, riesce a proseguire la sua sfida e lotta per la libertà anche all’interno del campo, facendo parte di gruppi di resistenza. E’ estremo resistente nella dolorante quotidianità sempre a confronto con la realtà della morte, ma i suoi 29 chilogrammi di peso, alimentati da un fuoco interiore di vita coltivato in due anni di autentico inferno, miracolosamente sopravvivono fino alla liberazione. Riportato in Francia con gli altri deportati di origine francese, riprende i ritmi naturali della vita e inizierà il lavoro di minatore. Oggi vive a Genk (Belgio), con moglie, figli e attorniato da numerosi nipoti. Nello Rubattu, scrittore e giornalista sassarese, cura la postfazione al libro. Dal 2000, con la Legge N° 211 del 20 luglio, “La Repubblica Italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli Auschwitz, ‘Giorno della Memoria’, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.”(Art. 1). Tra le finalità di legge del Giorno della Memoria si definisce una particolare attenzione alla commemorazione e riflessione sulle vicende dei “deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”, vissute oltre l’assurda e “rassicurante” scritta “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi) che capeggiava al cancello d’ingresso dell’inferno dei campi di sterminio del Reich.
Da brividi.. Per qualche motivo a me scononosciuto, e direi privo di logica, oggi ho deciso di svuotare il cofanetto interno dell’auto. Ho ritrovato una decina di ricordini in memoria di GIUSEPPE PORCU, sposo di Yvonne Luthringshauser, cittadina francese, seppur con cognome tedesco. Nell’epigrafe in lingua fiamminga c’è scritto: "Politieke van Dachau 1943-1945 Lid
van Nationale Vriendenkring der politieke van Dachau" Dolianova (Sardinie) 02-10-1920 Genk (B) 12-10-2009. Per le persone più attente il luogo di nascita è significativo.-Sardinie- Identità sarda. Mi rincresce per il poeta-scrittore
Cristoforo Puddu, attento cronista, ma purtroppo Tziu Zosèppe non vive più a Genk, ma riposa nel locale cimitero. Con infinita tristezza ne ricordo l’agonia nel suo letto di morte nell’ospedale di Genk, assistito amorevolmente dai familiari, dal personale medico e para-medico che più di una volta lo davano per "spacciato", ma puntualmente dovevano ricredersi di fronte a quella fibra così resistente e che neanche i nazisti riuscirono a piegare nonostante le violenze fisiche subite a Dachau…Durante una convalescenza suo figlio Raffaele lo portò assieme alla sua sposa Yvonne a visitare per l’ultima volta la Sardegna. Visitò luoghi incantevoli visti per la prima volta. Le emozioni che visse le tengo per me…Il giorno prima di spirare Tziu Zòseppe mi parlò per 40 minuti, pienamente lucido e con la consapevolezza che quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti…
Infine ringrazio TOTTUS IN PARI per lo spazio concesso, Cristoforo Puddu per la sua obiettiva recensione del libro "Gli Anni Sospesi". Per chi fosse interessato, Il libro è a disposizione anche presso "SHARDANA" Centro Culturale Sardo di AACHEN D
E-mail: shardana-aachen@gmx.de
A.Giuseppe Pintus
Carissimo Giuseppe,
Con molta emozzione ho letto il tuo commento su di babbo (Giuseppe Porcu.)
Come dimenticare quel 16 maggio del 2009 presso il locale “paparazzi” ad Aachen dove con qualche amico avevi preparato una indimenticabile sorpresa a mio padre presentando il suo libro “gli anni sospesi”.
Devo ancora confermarti che da tutte le presentazioni in varie città del Belgio quella presentazione da voi e stata per babbo la piu’ bella ed emozionante di tutte.Lui (babbo) non si sarebbe mai sognato che avrebbe ricevuto le mani tese per stingergliele propio da dei cittadini tedeschi, mani per me innocenti di tutto il male che i nazisti a miglioni di vittime hanno fatto soffrire con degli eccessi indiscrivibili. per questo babbo si mise a piangere, perchè capi’ che la sua lunga lotta non era stata combatutta in vano e che la speranza resta viva.
Per tutto il bene che hai fatto al mio carissimo padre non potro’ mai esserti abbastanza grato e mi onora molto che posso essere tuo amico.
Dal 12 ottobre del 2009 babbo riposa nel cimitero di Genk in Belgio. Ho fatto mettere l’insegna che portava a Dachau
(triangolo rosso) come deportato politico con il suo numero 55082 perchè babbo in quei anni come tutti i deportati non aveva piu’ nome, era solo un numero.
Caro Giuseppe, grazie per tutto.