di LEONETTA BENTIVOGLIO
Nel progetto “Anima Mundi”, visibile su you tube, la violinista Anna Tifu è una favola. Il suo bel volto nobile è poggiato con intima passione su uno Stradivari (magia settecentesca di valore inestimabile, appartenuta a Napoleone Bonaparte). La bionda chioma, spettinata con cura, fluttua nella brezza romana d’inizio estate: le riprese del video avvennero in giugno, e fasciano il suo corpo, vibrante di suoni, abiti romantici e principeschi firmati da Fendi. Le note di Vivaldi ricamano spirali nell’aria, perché “la musica scava il cielo”, come sosteneva Schopenhauer.
“E’ stato tutto incredibilmente intenso” riferisce Anna Tifu, aggiungendo d’essere tornata a suonare con gioia “dopo mesi critici e sofferti d’immobilità a causa del lockdown”.
L’esperienza di “Anima Mundi”, con l’esecuzione dell’Estate presa dalle “Quattro Stagioni” vivaldiane, ha avuto per lei “il senso di un messaggio di rinascita e di un armonioso ritrovarsi. Grazie alla sua esaltante vitalità, l’Estate è un pezzo ideale per l’occasione.”
Nato da un connubio tra l’Accademia di Santa Cecilia e Fendi, e girato al Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur, sede della maison, “Anima Mundi” è una festa di musica e immagini capace di mettere in risalto le doti della carismatica solista. La quale appare circondata, a doverosa distanza, da un’ensemble di musicisti ceciliani. L’arco temporale del filmato viaggia dall’alba al tramonto tra toni di luce diversi, e il gruppo degli interpreti passa dalle scalinate e dalle arcate dell’edificio, che a Roma è noto come “Il Colosseo quadrato”, fino al tetto immenso. Nel frattempo trascolorano dal rosa a nero i sontuosi vestiti indossati dalla Tifu, considerata una delle violiniste di punta della sua generazione (è nata a Cagliari nel 1986). Quando non vola in giro per il mondo per suonare (la sua agenda è fittissima), vive tra la sua città d’origine in Sardegna, dove abitano i genitori, e Milano, dove ha una casa e cari amici “perché alle belle amicizie non rinuncio, pur lavorando sodo”. Confessa di adorare l’intero pianeta della musica, e non solo quella classica: “Sono una fan dei Muse e uno dei miei miti è stato Eminem”.
Il 29 luglio, nella Cavea del Parco della Musica a Roma, insieme al coro dell’Accademia di Santa Cecilia, sarà la star di una serata-omaggio alla musica sudamericana intitolata “Libertango”, esibendosi al centro dell’Anna Tifu Tango Quarter, un ensemble con cui esplora le “altre” musice, dall’avanguardia al jazz.
I suoi trascorsi raccontano il destino, tutto in crescendo, di una enfant prodige congiunta al suo strumento più o meno da sempre: “Mio padre, rumeno, è stato primo violino nella Filarmonica di Bucarest. Si trasferì negli anni ’80 a Cagliari, dove aveva conosciuto mia madre, che è sarda. Ho cominciato a studiare a sei anni: ascoltavo papà suonare in casa e ne ero ammaliata. Fu lui il mio primo insegnante”.
Il suo talento musicale emerse assai presto: “Avevo otto anni quando vinsi un concorso a Vittorio Veneto, e a dodici debuttai alla Scala con il Concerto n. 1 di Max Bruch”.
Tra i suoi maestri figurano Salvatore Accardo, con cui studiò a Cremona, e Aaron Rosand, che la formò presso il Curtis Institute di Philadelphia, dove venne ammessa a 17 anni per poi rimanervi sino a 21: “E’ un luogo i cui docenti sono formidabili. Per entrare sostenni un’audizione nella quale, su cento musicisti che si presentarono, ne scelsero tre”.
Nel 2007 vinse il prestigioso Concorso George Enescu di Bucarest, che lanciò la sua carriera internazionale, e tra i numerosi concerti a cui ha partecipato le piace rammentare “il debutto con Gustavo Dudamel a Caracas, con l’orchestra Simon Bolivar nel 2015, e il primo concerto a Santa Cecilia, dove approdai nel 2016 suonando Sostakovic con Temirkanov sul podio”.
Dichiara una profonda sintonia con Brahms, Cajkowskij e Sibelius, e spiega di avere “una chimera particolare” con il suo violino Stradivari, “divenuto il mio irrinunciabile compagno di vita”.
L’impegno massiccio e costante che le richiedono le sue prestazioni artistiche non le pesa, “perché non ho mai immaginato di fare altro se non questo”.
E pur avendo l’indole di una ragazza tosta, si definisce “iper-emotiva: ho una paura tremenda del palco, anche se con il tempo ho imparato a gestirla”.
E’ convinta che la tecnica sia al servizio dell’espressione: “Bisogna comunque essere pazzeschi sul versante tecnico, sennò si rischiano il blocco e l’ansia, che sono ostacoli per la libertà di esprimersi. Persino chi è geniale esige moltissimo studio”.