di NERIA DE GIOVANNI
La prima guerra mondiale non finisce mai di restituirci storie ed approfondimenti. E’ pur vero che durante le terribili giornate della guerra in trincea uomini provenienti da tutte le regioni d’Italia, cominciarono a conoscersi e ri-conoscersi come cittadini di uno stesso Stato.
Il Regno d’Italia era molto giovane e gli italiani ancora da formare. Non è un caso se Giuseppe Ungaretti, il grande poeta di cui quest’anno si celebra il cinquantenario dalla morte, scrisse la famosa poesia “Fratelli”, con questo titolo così simbolico, dedicata ai commilitoni con cui fece la terribile guerra di trincea: “ Di che reggimento siete/fratelli?//Parola tremante/ nella notte...”.
E giustamente proprio con i versi di Ungaretti dedicati “San Martino del Carso” si apre la prima parte del libro di Angelo Curreli “Dalla Sardegna al Carso” con un sottotitolo esplicativo “I caduti della prima guerra mondiale tornano a Lodè” (edizioni Mittelcom, Trieste, 2018).
Angelo Curreli, sardo di Lodè, piccolo paese della Sardegna che vive a Trieste da molti anni, già presidente regionale dei Circoli sardi in Friuli Venezia Giulia e consigliere del Comune di Trieste, con questo volume ha fatto una azione culturale molto importante ed originale. Infatti come lui stesso dichiara nella Introduzione è andato alla ricerca dei quarantotto ragazzi di Lodè che non sono più tornati a casa, falciati dalle granate e dalle mitragliatrici degli Imperi centrali. Dunque per ricerca si è recato in archivi militari, cimiteri ed ossari e vi ha ritrovato le tracce di ventuno di questi giovani soldati, pubblicandone per alcune foto e per tutti certificati di morte ed altre documentazioni. Ma come scrittore e non soltanto storico, ci ha regalato anche pagine intense ed emozionanti in cui ha cercato di ricostruire pensieri ed emozioni dei soldati, alcuni parlando in prima persona in italiano altri esprimendosi direttamente in sardo.
Per esempio, conosciamo i pensieri più intimi, i ricordi che devono aver occupato la mente di Giuseppe Curreli “E’ passato un po’ d tempo da quando ho cominciato a fare il soldato…” con la disperazione nel cuore perché ha capito che non vedrà più né Lodè né sua madre (pag.83) , o Agostino Farris che ripensa alla vita in montagna nel duro lavoro con il padre (pag. 65) o Giovanni Farris che descrive con affetto il paese di Lodè: “Lodè, il mio bellissimo paese, è situato ai piedi del monte Calvario, e da quella posizione domina il suo vasto territorio “(pag.109), o il testo particolarmente suggestivo di Silvestro Contu che narra la sua fanciullezza di ragazzino sempre in strada: “ Cando vippo pizzinnu minore, uistaiu malu a torrare a domo, mi piaghiata a bessire...”(pag.71).
La seconda parte del libro raccoglie proprio queste storie unite alle fotografie non soltanto dei volti dei soldati, ma anche dei luoghi che li hanno ospitati da vivi e tristemente da morti.
In un libro sulla prima guerra mondiale, non poteva sfuggire l’approfondimento sulla Brigata Sassari che essendo l’unico reparto regionalizzato del regio esercito, aveva uomini che parlavano la stessa lingua, sa limba sarda, e portavano con sé gli stessi valori di popolo. Pertanto, come tutti sappiamo, la Brigata Sassari è stata quella più decorata di tutta la guerra.
Il lodevole lavoro editoriale di Angelo Curreli si chiude con auspicio. Che come i loro commilitoni possano tornare spiritualmente a casa anche i ventisette soldati lodeini di cui si ricorda soltanto il nome ma le cui biografie approfondite mancano in questo libro poiché sono caduti su altri fronti di guerra o in altri campi di prigionia. Sappiamo che l’accuratezza e la caparbia di ricercatore non manca ad Angelo Curreli per affrontare altre sfide per la ricostruzione della grande storia fatta da uomini che non si devono dimenticare.