di LUCA URGU
Dall’ago al picco e poi di nuovo all’ago. Un’esistenza – quest’anno l’attività compie sessant’anni – votata alla fatica e all’arte di confezionare abiti. Dalla dura vita della miniera, che non rimpiange se non per le amicizie strette, quelle capaci di accompagnarti per sempre tanto sono salde, a quella di sarto di bottega. Così, l’ago che percorre e solca il tessuto va accompagnato dolcemente ma con movimenti decisi, sembra stare agli antipodi del picco del minatore, che per ore percuote le viscere della montagna per poi tornare a casa sfinito. L’esistenza di Paolo Modolo, 76 anni, mastru e pannu di Orani, ha seguito i tempi di questi due strumenti di lavoro. Diversissimi tra loro e per un periodo ben preciso della vita dello stilista – sarto del velluto anche complementari, nel senso che nell’arco della stessa giornata una volta deposto quello più pesante prendeva in mano l’altro. Oggi Paolo Modolo è tutt’altro che un uomo stanco. La sua energia è palpabile osservandolo al lavoro con il suo inseparabile metro al collo nella bottega di Corso Garibaldi, strada maestra della sua Orani, borgo del genius loci. Delitala, Nivola, Niffoi e un’infinità di abili artigiani nel forgiare legno e ferro ed altro ancora. Qualcosa l’ambiente avrà contato per Modolo che nella sua bottega si muove a memoria tra i tessuti di velluto stesi nel grande tavolo dove prende le misure ai clienti. Anche i manichini con indosso le sue ultime creazioni sembrano animati, quasi in soggezione per gli sguardi di tutti quei personaggi ritratti nelle foto appese nelle pareti. Dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il primo che ha sdoganato l’abito di velluto negli ambienti della politica romana ma non solo, poi ancora il critico d’arte Vittorio Sgarbi, giusto per citare solo alcuni dei clienti eccellenti che qui sono venuti a farsi fare gli abiti con quel tessuto che un tempo fasciava quasi esclusivamente il Re pastore e ora invece è diventato trasversale. Piace anche a chi non frequenta la campagna e non lo considera un abito di lavoro rurale. E – tendenza soprattutto degli ultimi anni – molti sposi lo scelgono come abito nuziale. «Abbiamo molte richieste proprio dai matrimoni. Una bella realtà di questi anni, in crescita», dice Modolo.
Sessant’anni di attività sono un traguardo importante ma allo stesso tempo un punto di partenza per la sartoria del velluto dove lavorano – gomito a gomito – anche il figlio di tziu Pauleddu, Francesco e suo nipote Salvatore Borrotzu. Saranno loro a raccogliere il testimone quando il patriarca deciderà se non di smettere, di dedicare più tempo alle pubbliche relazioni, settore dove già eccelle. Infatti, che il vigore sia ancora intatto – quasi come negli anni migliori – si avverte anche nell’eloquio. Parole che salgono di tono come il suo entusiasmo quando rievoca momenti e imprese di una professione che gli ha fatto conoscere la gente e girare il mondo. «Chi lo avrebbe detto che un sarto di Orani sarebbe finito con i suoi abiti a sfilare a Tokio, Londra, Milano, Roma, Torino e Firenze e tanti altri luoghi ancora», dice Modolo, apprendista sarto all’età di 11 anni per un buon lustro.
Poi la miniera nel salto di Orani, cave di talco della Val Chisone, per 22 anni, uno dietro l’altro. Talmente pesanti che non sembravano finire più. «Ci andai per necessità, ma non persi mai di vista, nemmeno per un giorno il lavoro di sarto. Addirittura i clienti venivano in miniera. La giornata era talmente piena che solitamente si impiegava la pausa pranzo per prendere le misure per l’abito», racconta Modolo con un sorriso luminoso che gli attraversa il viso. Raggiunti poi i 35 anni di contributi il sarto – minatore ha salutato le cave per dedicarsi completamente alla sua passione coltivata sempre con passione fin da bambino. «Uno dei primi abiti lo realizzai per Costantino Nivola, allora non era ancora così famoso. Lui venne a ritirare il vestito e portò con sé un quadro e la dedica. “A Paolo, s’arte tua pro s’arte mia”. Insomma, io che forse non avevo tutta questa vena artistica ma un senso molto più pratico avrei preferito i soldi. Ma andò bene uguale». Ma senz’ombra di dubbio chi acquistando l’abito da Modolo lo fece conoscere davvero ovunque fu il presidente Cossiga, che indossava con orgoglio il velluto tipico della sua terra portandolo nei palazzi del potere romano. «Lo abbiamo vestito per sette anni. Per noi è stata una grande pubblicità. Le richieste fioccarono numerose e l’interesse verso il velluto che poteva essere portato anche fuori dal contesto agropastorale crebbe sensibilmente», sottolinea il sarto. Da allora iniziarono anche una serie di eventi che diedero nuovo appeal ed eleganza a giacca, pantalone e all’occorrenza al gilet di velluto. «La prima sfilata fu a Su Gologone nel 1996. Fu un grande successo che puntò i riflettori su un tessuto dalle tante anime. Tradizione e innovazione potevano coesistere così come i colori anche quelli più vivaci», continua Modolo che ricorda con nostalgia quella bella e lunga stagione di sfilate a Monte Gonare con splendide modelle (tra loro anche la Murino) in uno scenario da favola per un evento curato nei dettagli che attirava ospiti dalle varie latitudini. Alla fine Modolo è uno all’antica, senza fronzoli. Non ha bisogno di eccessi o fuochi di artificio per godere della vita e della serenità. A volte basta un prosecco – soprattutto la domenica quando è libero – da gustare nel bar con gli amici. La famiglia è la squadra vincente, (oltre al binomio Juve e Cagliari che fa convivere) è costituita dai figli Francesco e Giuseppa, dal nipote Salvatore e sua moglie Maria. «So che non va di moda in questi tempi, ma il prossimo anno festeggiamo 50 anni di matrimonio».