di ROBERTA CARBONI
Cagliari conserva ancora oggi un insieme di presidi militari e strutture difensive che testimoniano la continuità d’uso dei colli in una lunga storia difensiva che si estende dalla fase post-giudicale fino alla Seconda Guerra Mondiale.
In particolare, l’area compresa tra i colli di Sant’Elia e di San Bartolomeo – quest’ultimo anche detto di Sant’Ignazio – risulta essere stata una tra le zone più densamente caratterizzate dalla presenza di fortificazioni militari, probabilmente a causa della posizione strategica del promontorio e della presenza del mare, che rendeva, da sempre, questo luogo particolarmente esposto alle incursioni.
L’esigenza di difendere la città dalle incursioni via mare ad opera di pirati e corsari si fece più urgente nel corso del Cinquecento, in relazione alla minaccia dell’avanzata islamica in Occidente ad opera dei Turchi Ottomani. Le principali basi d’appoggio musulmane erano stanziate ad Algeri e Tunisi, e di conseguenza si rendeva quanto più necessario dotare Cagliari di una difesa efficiente ed organizzata.
Con questa volontà difensiva, tra il 1535 e il 1571 furono costruite importanti opere pubbliche che resistono ancora oggi al trascorrere del tempo. Alcune di esse si insediavano su preesistenti fortificazioni medievali riferibili all’ epoca pisana, come ad esempio le mura, le torri e i bastioni del Castello, altre, invece, furono realizzate ex novo. Tra queste la cosiddetta “Torre del Prezzemolo”, che risale proprio agli anni Settanta del Cinquecento.
Si tratta di una torretta di avvistamento costiero di piccole dimensioni – appena 11 metri di altezza per un diametro di nemmeno 5 metri – che proprio per questo era chiamata “torrezilla” e che, a dispetto di un nome che sembra suggerire poca importanza, ebbe un ruolo fondamentale per la difesa del Golfo di Cagliari.
La sua denominazione cambiò notevolmente nel corso dei secoli, tant’è che ancora oggi, spesso, è conosciuta con molteplici nomi: torre di Capo Bernat – come è indicata nei primi documenti – torre della Safa, torre di Santo Stefano del Lazzaretto o torre vecchia – nel Settecento – torre della prajola (o spiaggiola) nel XX secolo.
Il nome attuale, invece, è preso in prestito dalla vicina torre di Cala Fighera, oggi non più esistente, chiamata nei documenti del Settecento e dell’Ottocento “torre di Pietro Semolo”, poi probabilmente divenuto “perdusemini” in sardo campidanese e, di conseguenza, del prezzemolo.
Date le sue esigue dimensioni, la guarnigione della torre era costituita soltanto da due torrieri armati alla leggera. L’alloggio interno presentava un’unica apertura che corrispondeva all’ingresso; tramite una botola aperta nella volta a cupola si raggiungeva la terrazza esterna, a sua volta coperta da una tettoia in canne e coppi di forma semicircolare, detta “mezzaluna”, utilizzata per dare riparo a soldati e munizioni. Purtroppo l’instabilità del sito fu causa di numerosi crolli strutturali che richiesero continui interventi di restauro che, tuttavia, non comportarono mai l’abbattimento: questo indica l’importanza che essa dovette avere nel corso del tempo. Solo nel 1638, in seguito all’entrata in attività della vicina torre di Calamosca, oggi inglobata nella struttura del faro, fu temporaneamente dismessa. Ma nel 1772 si pensò di riarmarla come punto di posta per fucilieri e per sostegno di una compagnia di fanteria leggera.
Ma il ruolo più importante la torre lo giocò nel 1793, sventando il primo tentativo di incursione da parte delle navi francesi grazie all’azione di una piccola batteria di cannoni ad essa collegata disposta dall’ingegnere militare Franco Lorenzo. L’azione dei cannoni, unita a quella dei fucilieri, costrinse le navi alla ritirata, impedendo lo sbarco nella sottostante spiaggia del Lazzaretto. Il resto lo fece il maestrale, che costrinse le navi a cercare riparo verso il Golfo di Quartu, in prossimità della Torre Foxi. Qui, tuttavia, i miliziani sardi guidati da Girolamo Pitzolo e Vincenzo Sulis erano pronti a sferrare un altro attacco, allontanando definitivamente la minaccia francese dalle coste cagliaritane. Dopo questo episodio, però, la torre venne definitivamente abbandonata. Nel dicembre 1916 venne restaurata e nel 1967 fu puntellata la roccia su cui sorge, per evitarne lo sfaldamento.
Ancora oggi la sua sagoma inconfondibile si staglia sull’azzurro del mare, regalando scorci panoramici di grande effetto, soprattutto al tramonto.