di PAOLO SALVATORE ORRU’
“Quando il canto si stempera nel silenzio della notte, quando cessa ogni suono, restano echi sbriciolati di canti più antichi, fantasmi erranti di parole, memorie e ricordi di ere lontane, passato del passato”, aveva scritto Paolo Bernardini, ricercatore di archeologia fenicia e punica presso il Dipartimento di storia, scienze dell’uomo dell’Università di Sassari, commentando una foto di Andrea Gambula, un ingegnere con la passione della fotografia (soprattutto crepuscolare e notturna) autore di “pietre su pietre, un viaggio nella notte dei tempi” (Carlo Delfino editore).
Le immagini di Gambula (potete vederne altre su pecore nere.org e 3stops.com ) sono tronco, rami e foglie di un seme interrato duemila anni fa da mani sapienti: foto che rievocano miti e leggende, ma anche le battaglie e i sacrifici di un popolo (Bernardini: “gli dei senza nome di una terra indecifrabile, noi cantiamo”). Lui insegue la notte, perché è la notte il paese dei sogni. L’ingegnere ha progettato il libro (“la mia creatura”) per quasi 5 anni. “In quegli anni ho dovuto consolidare la mia tecnica fotografica: per me era un mondo del tutto nuovo e inesplorato (e lo sconforto era dietro l’angolo. Incombente)”, ha spiegato a Tiscali l’artista. Ora usa la macchina fotografica non solo per catturare sogni, ma soprattutto per tuffarsi nel ventre (nel mito) della Sardegna dei nuraghi, delle domus de janas e delle tombe dei giganti. “Se mai dovessi ipotizzare di un attimo in cui questa sacra fiamma si è accesa forse direi che è stato quando ho avuto tra le mani e ho sfogliato per la prima volta “Immagini dal passato – La Sardegna archeologica di fine Ottocento – nelle fotografie inedite del padre domenicano inglese Peter Paul Mackey” (Carlo Delfino editore, 2000). Una meraviglia”.
Da qui l’impeto. “Da quel momento in poi per me è stato naturale pensare ad un progetto fotografico. Mi ci sono trovato dentro impelagato fin sopra i capelli quasi senza averne presa piena coscienza”. Il desiderio di dare ad un mondo dimenticato la giusta dimensione. “Quando ho pensato a questa mia raccolta di foto desideravo restituire una visione originale e differente di questi monumenti della nostra storia. Non penso di sbagliare affermando che per tanto, troppo, tempo sono stati dimenticati e sminuiti. Coperti da un velo, nascosti alla vista. La notte quindi, intesa come buio, ben si adatta. E’ una metafora potente, evocativa”. Le istantanee e i testi pubblicati in “Pietre su pietre” sono poesia, metafora, simbolismo: “Il buio indica il disinteresse delle genti ma anche il tempo fisico (la notte dei tempi) che ci separa da chi ha saputo lasciare tracce di sé potenti”.
Un lavoro divertente: “Perché andare a fotografare in questi siti di notte, le atmosfere sono magiche e mi pare di essere solo al mondo”. Fotografare è diventata per Gambula “una follia notturna da condividere con gli amici”. Per anni la strada Statale 131 per molti venerdì notte è stata la loro casa. “La condividevo con alcuni amici (ancor oggi ogni tanto ci fermiamo a divertiti a ricordare quel periodo. In realtà, e nessuno lo vuole ammettere, sorridiamo per celare la nostalgia di quelle notti, uniche e, forse, irripetibili)”. Questi amici sono “gli amici di una vita e ancor ‘oggi mi accompagnano in tutte le mie imprese. Mi sento in dovere di ringraziarli una volta ancora e di nominarli uno ad uno. Sono Alessio Scalas, Massimo Mereu, Luca Secci e Paolo Pinna. Vi dico solo che se volete conoscere Massimo potrete farlo andando in pellegrinaggio al nuraghe Arrubiu di Orroli. Chiedete di lui e vi condurrà tra le “pietre” del nuraghe. Merita i chilometri e il prezzo del biglietto”.
Gambula non scorda nessuno. “Non posso poi non citare l’autore dei testi: Paolo Bernardini. L’ho conosciuto troppo tardi e, purtroppo, troppo poco. Paolo ci ha lasciato qualche anno fa tra lo sconforto di tutti. Porto con me un ricordo meraviglioso e ancor oggi mi affascina la sinergia e la sintonia che si è da subito creata su questo progetto. E’ bastata una chiacchierata e il più era fatto. In questo devo riconoscere il grande merito dell’editore, Carlo Delfino, che ha saputo e voluto farci conoscere”. Una ciliegia tira l’altra. “Occorre avere, sempre, un’ottima scusa per proseguire in queste scorribande notturne. “Diciamo che i progetti sono almeno tre, a vari livelli di realizzazione di cui uno forse, incrociamo le dita, sul rettilineo finale. L’editore pare sia contento: lavoro come un pazzo al pc tirando fuori foto e tutto va bene. Per ora. Qualche sforzo e probabilmente vedremo la luce, dopo tanto buio ci vuole…”, ha concluso Gambula”. Bernardini: “Li ha portati il mare, con i volti cotti dal sole e riarsi dal vento e dal sole, marinai coraggiosi approdati sulla nostra terra aspra di roccia, che vogliono conoscere e capire quanto è grande il mondo e dove il mondo finisce”. Solo guardando l’orizzonte si può sognare.
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